lunedì 25 dicembre 2006

IN HOC ANNO DOMINI

Dal 1949 il wall street journal in occasione del natale pubblica ogni anno questo editoriale

In hoc anno Domini
La laica celebrazione del Natale del grande giornale di Wall Street
Dal 1949 il Wall Street Journal in occasione del Natale pubblica ogni anno questo editoriale
di Vermont Royster, storico direttore del giornale.
Quando Paolo di Tarso si mise in cammino sulla strada per Damasco tutto il mondo
conosciuto viveva in condizione di schiavitù. C’era un solo stato, e questo stato era Roma.
C’era un solo padrone, ed era l’imperatore Tiberio. L’ordine regnava ovunque, perché il
braccio della legge di Roma arrivava in ogni angolo. Ovunque, nel governo come nella
società, c’era una grande stabilità, severamente mantenuta dai centurioni romani. Ma c’era
anche qualcos’altro. C’era l’oppressione, per tutti coloro che non godevano del favore di
Tiberio. C’erano gli esattori delle tasse, che requisivano grano e cotone per foraggiare e
vestire le legioni o per riempire le casse dell’erario, che poi il divino Cesare usava per
dimostrare la propria generosità al popolo. C’era l’impresario, che reclutava nuovi gladiatori
per gli spettacoli circensi. C’erano sicari che mettevano a tacere chiunque venisse proscritto
dall’imperatore. A che altro serviva un uomo se non a servire l’imperatore?
Si perseguitavano tutti coloro che osavano pensare in modo diverso, che sentivano strane
voci o che leggevano misteriosi manoscritti. C’era la schiavitù per gli uomini che non erano
romani, e disprezzo per chi non aveva un aspetto familiare. E, soprattutto, dominava
ovunque il disprezzo della vita umana. Che cos’era, agli occhi dei potenti, un uomo in più o
in meno in un mondo densamente popolato?
Poi, improvvisamente, si accese una luce nel mondo: un uomo della Galilea proclamò che
bisognava dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Questa voce dalla
Galilea, destinata a sconfiggere lo stesso Cesare, offriva un nuovo Regno nel quale ogni
uomo poteva camminare a testa alta, senza inginocchiarsi ad altri che al proprio Dio. “Cio
che avete fatto anche al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto anche a me”. E inviò in
tutti i più remoti angoli della terra il suo Vangelo che annunciava il Regno dell’Uomo. Così
nel mondo si accese una luce e gli uomini che continuavano a vivere nell’oscurità
cominciarono ad avere paura, e cercarono di nascondere la luce facendovi calare sopra uno
scuro sipario in modo che tutti continuassero a credere che la salvezza stava nelle mani dei
capi. Ma, ciononostante, la verità rese l’uomo libero, anche se chi viveva nell’oscurità si
oppose e cercò di spegnere quella luce. Ma la voce disse: affrettatevi. Camminate finché c’è
la luce, prima che vi colga l’oscurità, perché chi cammina nell’oscurità non sa dove si dirige.
Lungo la strada per Damasco la luce brillava sfavillante. Ma, dopo averla vista, anche Paolo
di Tarso fu preso dalla paura. Temeva che altri Cesari e altri profeti potessero un giorno
persuadere la gente del fatto che l’uomo non è altro che un loro servitore, e che l’uomo
rinunciasse a Dio e alla libertà per un piatto di minestra. In quel caso l’oscurità sarebbe
nuovamente scesa sulla terra e ci sarebbe stato un grande falò di tutti i libri; e gli uomini
avrebbero pensato soltanto a cosa mangiare e a cosa indossare, dando ascolto
esclusivamente ai nuovi Cesari e ai falsi profeti. Allora gli uomini non avrebbero più
sollevato in alto gli occhi per vedere una stella nell’oriente del cielo, la luce sarebbe
scomparsa e l’oscurità sarebbe scesa su ogni cosa.
E così Paolo, l’apostolo del Figlio dell’Uomo, parlò ai suoi confratelli, i Galati, e pronunciò le
parole che gli uomini avrebbero dovuto sempre ricordare, in ogni anno del suo Signore:
“Rimanete saldamente ancorati alla libertà che Cristo vi ha donato e non fatevi più
imprigionare dalla schiavitù”. (per gentile concessione di MF)

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