mercoledì 27 dicembre 2006

LA VERA PIETA'

Abbiamo letto gli articoli precedenti che ci descrivevano come, seguendo le parole di don Giussani sull'argomento della caritativa, dei nostri amici, fidandosi, abbracciando,sono stati e sono segno di Cristo presente e vera risposta alla vita dell'uomo.L'articolo riportato qui sotto ci aiuta a capire meglio il senso della pieta'.

Diceva don Giussani che «"pietas" è una parola latina che significa il rapporto che ci lega con i principi del nostro essere». Non c'è e non ci può essere pietà, dunque, quando questi principi non vengono riconosciuti, quando un senso della vita non è affermato, quando un orizzonte di significato non è contemplato. Tutto cade in balia dell'arbitrio e della violenza quando la vita (e perciò la morte) è ritenuta destinata al baratro del nulla, alla voragine del niente, al vuoto senza fine. Il nichilismo del nostro tempo, di cui i Radicali rappresentano l'espressione politica più evidente, porta con sé questo principio di violenza perché, presentandosi sotto le mentite spoglie della pietas, cancella in realtà la possibilità di fare esperienza (la vitale esperienza) della verità, del significato, del bene.


di Gianteo Bordero - 24 dicembre 2006

La morte di Piergiorgio Welby è stata veramente, come dicono i Radicali, una vittoria della «pietà»? Non bisogna andar lontano con la memoria per ricordare come proprio in nome della «pietà» siano stati spesso perpetrati (il secolo XX ne è un caso paradigmatico) i più grandi crimini contro i deboli, gli indifesi, i sofferenti. Contro i bambini malformati, contro i malati di mente, contro i cosiddetti «incurabili». Contro i down, gli handicappati, i dementi.

Mandati al macello, abortiti nella pancia della madre o soppressi con la «dolce morte» per il fatto di essere ritenuti inadeguati a vivere. E' vera pietà, questa? Diceva don Giussani che «"pietas" è una parola latina che significa il rapporto che ci lega con i principi del nostro essere». Non c'è e non ci può essere pietà, dunque, quando questi principi non vengono riconosciuti, quando un senso della vita non è affermato, quando un orizzonte di significato non è contemplato. Tutto cade in balia dell'arbitrio e della violenza quando la vita (e perciò la morte) è ritenuta destinata al baratro del nulla, alla voragine del niente, al vuoto senza fine. Il nichilismo del nostro tempo, di cui i Radicali rappresentano l'espressione politica più evidente, porta con sé questo principio di violenza perché, presentandosi sotto le mentite spoglie della pietas, cancella in realtà la possibilità di fare esperienza (la vitale esperienza) della verità, del significato, del bene.

Nella tradizione di pensiero che ha costruito la nostra civiltà la pietas ha sempre implicato un «rapporto con», l'apertura all'altro, a ciò che sta oltre; è sempre stata fonte di comunione tra gli uomini, di edificazione della società. Il contrario di quello che accade oggi, laddove la pietà si riduce soltanto all'aspetto emotivo della tragedia umana, della solitudine totale dell'individuo di fronte alle difficoltà, al dolore, alla morte. Dinanzi alla vicenda di Piergiorgio Welby credo che sarebbe innanzitutto necessario guardare in faccia il grande dramma della finta pietà e riscoprire, di contro, il vero orizzonte che dischiudono i sentimenti che ci rendono tutti umanamente vicini al dolore di Welby. A che servono i diritti dell'individuo, così strenuamente difesi dai Radicali, se non viene riconosciuta la loro sorgente, se non viene ammessa la possibilità che quel dolore abbia un senso, se la morte viene pensata come la fine di tutto? Sono domande terribili, perché toccano il cuore della nostra esistenza e della nostra esperienza. Per questo ogni astrazione ideologica non serve, in primis quella di Pannella e dei suoi, da sempre maestri nello strumentalizzare la sofferenza di un singolo, trasformandola in «caso umano» per affermare politicamente e mediaticamente la loro cultura. E', questa, l'espressione più nitida del cinismo disumanizzante, di una filosofia e di una visione della vita etimologicamente da cani che sembra oggi cogliere i suoi più grandi successi, l'acme della sua diffusione sociale come mentalità dominante.

Eppure, in mezzo a quella che sembra essere la desolante vittoria del cinismo e del nichilismo, il cuore umano non smette di cercare, di aver sete della verità, di aver fame di un'esperienza che dia senso e direzione alla vita, che non inganni l'uomo nei suoi desideri più grandi, di felicità, di amore, di eternità. «Pur con le sue contraddizioni, le sue angustie e i suoi drammi, e forse proprio per questi - ha detto qualche giorno fa il Papa - l'umanità oggi cerca una strada di rinnovamento, di salvezza, cerca un salvatore e attende, talora inconsapevolmente, l'avvento del Salvatore che rinnova il mondo e la nostra vita... Nascendo nella povertà del presepe, Gesù viene ad offrire a tutti quella gioia e quella pace che sole possono colmare l'attesa dell'animo umano». E' questa la vera pietas di cui l'uomo ha bisogno, l'unica che non lo lascia solo di fronte al dramma della vita, della morte, del dolore.
! Gianteo Bordero
bordero@ragionpolitica.it




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