Articolo di Antonio Socci tratto da Libero del 10 dicembre.
(Per noi genitori conoscere bene la nostra identita' e' di aiuto nell'educazione dei figli)
Ieri il Papa ha giustamente denunciato «l'ostilità alla presenza di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche», ma è ancor più drammatico che i più splendidi "simboli religiosi" della nostra terra, le nostre cattedrali, vengano trasformati dalle autorità ecclesiastiche in musei o, in altre parti d'Italia come Milano, in sale da conferenza laica, in "cattedre dei non credenti", in spazi per discutibili manifesti pubblicitari. Ieri il Papa ha giustamente criticato chi nega «ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione». Ma in fondo i laicisti fanno il loro mestiere. Forse il problema sono i cattolici impegnati in politica e nella cultura che si annacquano nell'ideologia altrui e non hanno alcuna rilevanza politica o culturale. Ieri l'Unità titolava trionfante la prima pagina: "Pacs e diritti, Unione non ti fermare". Che ne è dei cattolici dell'Unione? La Rosa nel Pugno di Pannella fa il suo mestiere, ma la Rosy Bindi nel pugno di Prodi? Il premier, sebbene classificato come cattolico, dà la sensazione di essere disposto a svendere tutto per mantenere la poltrona. Al referendum sulle legge 40 disse di sentirsi «cattolico adulto» per accodarsi alla Sinistra. Il grande Tommaso Moro che era cancelliere (più o meno come Prodi), per non svendere la sua coscienza si fece ammazzare dal re (oggi è santo patrono dei politici). Memorabile la sua battuta: «È già un pessimo affare perdere la propria anima per il mondo intero, figuriamoci per la Cornovaglia...». Giustamente il Papa afferma che «la Chiesa ha il dovere di proclamare con fermezza la verità sull'uomo e sul suo destino». Aggiunge accoratamente: «Sta a noi cristiani mostrare che Dio è amore e vuole il bene e la felicità di tutti gli uomini... Si tratta di mostrare che senza Dio l'uomo è perduto e che l'esclusione della religione dalla vita sociale, in particolare la marginalizzazione del cristianesimo, mina le basi stesse della convivenza umana». Poi però uno scorre il "Discorso alla città" del cardinale Tettamanzi per la festa di S. Ambrogio e si chiede dove sia Gesù Cristo. La chiesa e l'arcivescovo di Milano, per secoli, sono stati fra i più importanti della cristianità. Quindi hanno un valore simbolico. Già è rimasto memorabile il tradizionale "Discorso alla città" del 2004, dove Tettamanzi in 26 pagine aveva usato 60 volte la parola "solidarietà" e mai il nome di Gesù (che compariva solo nella preghiera finale). Quest'anno il vescovo si è dedicato al tema delle periferie, ovviamente con richiami politically correct all'emarginazione e alla necessità del "dialogo". Nel suo discorso compare per 32 volte la parola "periferie", ma una sola - di sfuggita - il nome di Gesù Cristo. Eppure la fame di conoscere Gesù è grande. La gente va a cercarne notizia perfino in libri come quelli di Dan Brown. E per questo Ratzinger ha voluto dare alle stampe lui stesso un suo libro su Gesù. Ma i vescovi non hanno tempo per Gesù. Parlano delle periferie e dei problemi della città come fossero assessori. Del resto - è notizia dei giorni scorsi - proprio i grandi magazzini della città di Tettamanzi hanno annunciato che quest'anno non venderanno più presepi (nonostante sia cresciuta la domanda). Niente più presepi '
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