domenica 17 febbraio 2008

ANSELMA MELLONI E SOCCI INTERVISTATI

L'intervista ad Anselma Dell'Olio, moglie del direttore del «Foglio» (di seguito intervista ad Alberto Melloni e Socci )


«Giuliano dà fastidio a tanti cattolici»

«Ho provato a dissuaderlo, ma è irremovibile. Io non me la sento di correre»

Fabrizio Roncone

ROMA — Anselma Dell'Olio: cattolica, celebre esponente del movimento femminista, giornalista esperta di cinema, moglie di Giuliano Ferrara.

«Quante cose, eh?».

Cominciamo dall'ultima.

«Da Giuliano...».

Dalla sua decisione di candidarsi alle elezioni, guidando l'antiabortista «Lista per la vita».

«Guardi, le dico: di questo argomento, Giuliano mi parla da sempre, da quando ci siamo sposati, ventuno anni fa. È una questione che, mi creda, scuote la sua coscienza. Però, no...
non mi ha chiesto consigli...».

Cosa le ha detto?

«Mi ha detto: Anselma, è una cosa che sento dentro, la sento con forza. Devo fare qualcosa di concreto. Faccio una lista, mi candido ».

E lei?

«Io mi sono limitata a dirgli: sei convinto? Dico, Giuliano: te lo ricordi quanto dura fu l'esperienza del Mugello?
Quando ti candidasti contro Antonio Di Pietro?

E lui?

«Niente, irremovibile. Lo conosce, Giuliano, no?».

Le ha chiesto di candidarsi con lui?

«Candidarsi significa sospendere la propria esistenza, e dedicarsi, anima e corpo, alla campagna elettorale. Si tratta d'un impegno che, davvero, non sento di poter affrontare. Anche se, come ho già detto, voterò per Giuliano».

Lui è convinto di poter prendere voti anche a sinistra.

«Il problema dell'aborto, il problema se dare la vita o toglierla, negarla, uccidere, è trasversale. Ho scoperto un sacco di donne, come dire? dalla storia insospettabile, che si pongono il problema. E poi, beh, se lei pensa al Pd...».

Se pensiamo al Pd?

«Ci sono anche esponenti come la cattolicissima Paola Binetti, no?».

Questo è un punto interessante. Perché alcune personalità come la Binetti o Pezzotta, paiono invece piuttosto fredde, rispetto all'iniziativa di suo marito.

«E lo credo, e certo... È un estraneo, un intellettuale che non è né cattolico, né credente, né ateo... che è entrato nel loro orto... Fuori dai giri di parola?».

Fuori.

«Questa iniziativa di Giuliano dà fastidio a molti cattolici, altroché».

Sta pensando anche a ciò che ha detto Alberto Melloni, storico della Chiesa, a Paolo Conti, sul «Corriere»?

«Melloni ha evocato addirittura l'Action Française... Giuliano spaventa, evocano ogni genere di fantasmi».


È vero: ma perché?


«In realtà, di preciso, non lo sanno neppure quelli che già lo criticano. Infatti si limitano a fare un processo alle intenzioni ».


Luigi Bobba, potente esponente teodem, dice che sente «puzza di bruciato »...


«Ecco, appunto. Ma se lo chiedono cosa ci guadagna, in questa vicenda, Giuliano? La verità è che la vive come un fatto culturale, ne fa solo una enorme questione di principio».

Enorme anche ciò che è accaduto a Napoli.

«Lei crede? È un fatto accaduto a una persona, un caso isolato...».

Il ministro della Sanità, Livia Turco, sostiene però che c'è un clima da «caccia alle streghe e...».

«Ridicolo. Livia Turco è una persona assennata, e alla quale voglio bene: ma solo una crisi di panico collettiva può portare a dire certe frasi».

Panico, di chi? E per cosa?

«Che possa essere messo in discussione un dogma: il diritto all'aborto, senza se e senza ma. Senza, voglio dire, prendere in considerazione la questione morale: della vita e della morte».

Ma ora scende in campo Giuliano, suo marito.

«Sa cosa mi ha giurato? Che non vuol cambiare la legge 194. Non vuole che le donne siano criminalizzate. Né, tantomeno, che siano costrette a partorire. Giuliano vuole, chiede solo consapevolezza per un atto, tremendo, com'è l'aborto».

© Copyright Corriere della sera, 14 febbraio 2008


Alberto Melloni

«Giuliano come l'Action française L'integrismo fa torto alla Chiesa»
Copyright Corriere della sera, 13 febbraio 2008
Paolo Conti

ROMA — Cosa pensa il professor Alberto Melloni, storico della Chiesa, della «Lista per la vita»?

«Un'operazione che non ha molto senso. La Chiesa da sempre ha espresso la sua contrarietà all'aborto. Poi non parliamo di un ente legislativo ma di una comunità "santa e peccatrice", per usare una vecchia formula. Visti i cinque milioni di aborti registrati negli anni in Italia, forse non c'è stata famiglia che non abbia conosciuto questo problema».


Qual è stata, secondo lei, la molla che ha spinto Ferrara?


«Non è un fenomeno anomalo. Storicamente quasi tutte le destre a corto di idee indossano i paramenti».

Viene in mente l'esempio più clamoroso, l'Action Française, il movimento tradizionalista fondato nel 1899 e che gravitava intorno all'omonima rivista uscita fino all'agosto 1944...

«Proprio a quel periodo risale il tentativo di trasformare la Chiesa in una componente integrista. Ma come si sa l'atteggiamento della Santa Sede e dell'autorità pontificia in particolare non fu mai indulgente».

Infatti si arrivò fino alla condanna del movimento nel 1926 e alla vera e propria scomunica del 1927 che dimezzò la schiera dei simpatizzanti, preoccupati per le conseguenze spirituali.

«Infatti la condanna formale della Chiesa fu molto dura. È la riprova di una tesi. Tutte le volte che la politica mette in mezzo la Chiesa, c'è di mezzo una debolezza della politica più che i problemi propri della Chiesa. Che è un'arca complessa dove salgono molti animali accoppiati. E di sesso diverso».

Oggi potrebbe accadere qualcosa di simile alla furia vaticana contro l'Action Française se Ferrara forzasse la mano?


«Non credo. L'Action Française rappresentava un'esperienza tutta particolare, in un momento molto specifico. L'organizzazione e l'esperienza politica del cattolicesimo erano allora molto rudimentali. Oggi viviamo a valle dei partiti cattolici: dopo il naufragio morale in Italia, la sparizione in Francia, la trasformazione in un soggetto pluriconfessionale in Germania. Comunque sia è operazione lecita il cercare di far diventare la Chiesa anima di un neoconservatorismo. Ma così non tiene conto di quanto la platea del cattolicesimo sia vasta, articolata, variegata: ci sono cattolici di destra, di sinistra... Il tentativo di imbrigliarli non credo porterebbe molto lontano ».

Eppure Giuliano Ferrara si dice sicuro di prendere voti proprio dalla sponda cattolica, invece...

«Qualcuno lo prenderà pure. Ma come lo prenderebbe un qualsiasi altro partito monotematico, monocolore rispetto a una preoccupazione ideologica o etica. Così si fa torto».


a chi professore?


«Proprio alla Chiesa. Una delle sue caratteristiche è aver reso un servigio non piccolo al Paese, fabbricando classi dirigenti. Certo non può essere una sua ambizione farsi usare come marchio politico in franchising».

© Copyright Corriere della sera, 13 febbraio 2008


Antonio Socci

«Lo voterò, è una battaglia laica E può convincere tanti a sinistra»

P. Co.
Copyright Corriere della sera, 13 febbraio 2008

ROMA — Il cattolico credente Antonio Socci voterà per l'ateo devoto Giuliano Ferrara e la sua «Lista per la vita »?

«Sì, se si presenterà. Per convinzione. E per stima verso Giuliano. Lo ritengo la persona più intelligente d'Italia. Un uomo generosissimo».

Forse dice così perché Ferrara, intervistato da Radio Maria, ha definito lei, Socci, il suo «precursore» citando il libro «Il genocidio censurato» sul miliardo di aborti nel mondo.

«Ma non è certo solo per questo... C'è un sodalizio che ci unisce. E poi vedo nella Lista per la vita un aspetto straordinario. L'aver ricondotto una questione umanitaria finalmente nelle mani laiche. Il mio libro si apriva con tre citazioni contro l'aborto: Norberto Bobbio, Pier Paolo Pasolini e Gandhi, citato da decenni a sproposito dai radicali... lui, un induista, definiva l'aborto "un crimine" senza mezzi termini».

C'è chi avverte intorno alla Lista Ferrara un forte odore d'incenso. Che partirebbe dalle stanze della Cei...

«Invece sta accadendo esattamente il contrario. Anche a vederla da un punto di vista squisitamente tattico, alla Chiesa "conviene" appoggiare i singoli candidati a favore della vita in schieramenti diversi. Il modo di porre il problema da parte di Giuliano dovrebbe invece interessare perfino chi è schierato su posizioni filo-abortiste. Penso all'aborto obbligatorio in Cina, a quello selettivo in India. Problemi che riguardano milioni e milioni di donne».

Ma così non si mette in discussione un diritto ormai acquisito in tutte le società moderne e democratiche?

«La legalizzazione dell'aborto è un portato del pensiero totalitario. Il primo Paese a riconoscere quel diritto fu l'Unione sovietica due anni dopo la rivoluzione d'Ottobre. Seguì la Germania nazista. Poi i Paesi comunisti. Solo negli anni '70 si arrivò alle democrazie liberali».

Le donne del Pd si ribellano: non siamo assassine.

«La questione non riguarda le donne. Ma il potere dello Stato di attribuire il diritto alla vita: tu vivi, tu no...».


Giuliano Ferrara assicura: avrò anche voti da sinistra.


«Penso che abbia ragione. Anche oltreoceano si riflette molto sull'aborto, persino nello stesso mondo femminista. Così accade da noi. Ma il fenomeno fatica a venir fuori».

Quella lista otterrà, secondo lei, voti di molti cattolici?
«Anche qui, penso di sì. Dopo Giovanni Paolo II e Madre Teresa i cattolici si sono abituati a pensare ai non nati come ai più poveri tra i poveri. Con mezzi minimi, i centri Caritas hanno aiutato 80.000 donne a non abortire. Spesso basta pochissimo: un semplice aiuto materiale, un appoggio psicologico».

Uno slogan per la Lista Ferrara?


«Vediamo... "Proli di tutto il mondo unitevi". Pensando ai suoi duelli con Benigni: "La vita è bella". Parafrasando Veltroni: "Non si interrompe un'emozione". O Berlusconi: "Più bimbi per tutti". Infine scippando a "il manifesto" la campagna per gli abbonamenti, con la foto del bimbo che dorme: "La rivoluzione russa"».

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