giovedì 21 febbraio 2008

LA DONNA E IL DRAGO.


Don Giussani, in un libro che raccoglie alcuni suoi dialoghi, diceva: “Che cos’è il peccato originale? Che cos’è l’orgoglio del peccato originale? E’ l’affermazione di sé prima che della realtà”. L’uomo, tagliato il rapporto con Dio, non vede altro che se stesso. “Quando l'uomo o la donna pretendono di essere autonomi e totalmente auto-sufficienti, rischiano di restare rinchiusi in un'auto-realizzazione che considera come conquista di libertà il superamento di ogni vincolo naturale, sociale o religioso, ma che di fatto li riduce a una solitudine opprimente” (Benedetto XVI, Udienza ai partecipanti al Convegno internazionale "Donna e uomo, l'humanum nella sua interezza).

L'aborto, Maria e la vita. Immagini attuali e risonanze bibliche

di don Antonello Iapicca,



«Il massimo distruttore della pace, oggi, nel mondo, è il crimine commesso contro il nascituro innocente».
Beata Madre Teresa di Calcutta

Leggendo alcune notizie il pensiero è corso all'Apocalisse di San Giovanni. E' in quel libro misterioso che chiude la Bibbia, che sono profetizzati, e illuminati, gli avvenimenti di questi tempi: “E il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire, per divorare il bambino appena nato” (Ap. 12, 4).

Eccone una, tra le tante:

“Monica Russo, ginecologa, di donne e ragazze che chiedono di non diventare madri, negli anni ne ha incontrate a centinaia... ammette che le ragazzine sono il problema più grande. Il più complicato. Capita fin troppo spesso che vengano a chiedere di abortire. E lo fanno all'insaputa dei genitori che, in teoria, dovrebbero dare il loro assenso scritto. Ambedue, perché la firma di uno solo non è ritenuta sufficiente. «Loro però neanche glielo dicono a mamma e papà. Arrivano sole, magari accompagnate da un'amica o dal fidanzatino. Hanno 16, 17anni; la ragazza viene visitata e l'assistente sociale fa una relazione sul suo stato, fisico e psicologico. Il giorno successivo l'adolescente può consegnare di persona il documento all'ufficio del giudice tutelare che emette un'ordinanza specifica con la quale emancipa, (vuoi dire che viene superata l'incapacità di intendere e di volere attribuita ai minori), la ragazza per il periodo necessario, che va dalle analisi cliniche di routine all'intervento» (La Repubblica del 15 febbraio 2008).

In queste adolescenti non si intravvede, nitida, la stessa donna che appare nella visione dell’Apocalisse? A me sembra proprio di sì. Giovani, immature, impaurite, con un bimbo in grembo. E un drago, il peso della colpa, la paura del futuro, una vita che sembra segnata per sempre, e il desiderio di cancellare, occultare, dimenticare quella guerra che si è scatenata dentro. E' un combattimento aspro, crudele, senza esclusione di colpi. Bambine, ragazze, e con loro donne, madri, spose, tutte nel centro del combattimento escatologico, dell'agone che riguarda gli ultimi tempi, i destini ultimi dell'uomo e del mondo.

Una figura inquietante, oscura, si insinua nella vita della donna mentre, tra grida e travagli, sta per partorire, lanciato a divorare il bambino appena messo al mondo. L'immagine è di una attualità sconvolgente.

Un drago e una donna, la morte e la vita. Di questo si tratta, e non di voti e alleanze. Ne è conferma la superficialità meschina con la quale si barattano scelte e responsabilità in cambio di puro potere. "Alessandra Ghisleri, fondatrice di Euromedia Research ha confermato - sulla scorta di recenti indagini da lei condotte

- che le donne restano fortemente contrarie a rivedere la legge sull’aborto. Non solo: quelle favorevoli - circa un terzo del campione - vorrebbero modifiche che rendessero la 194 ancor meno restrittiva. Anche gli uomini - sebbene in quantità minore rispetto alle donne - sono contrari a rivedere la 194" (Il Velino, 19 febbraio 2008). E così anche i sofismi che eludono la questione cruciale affermando che, ma guarda un po', proprio perchè cruciale, non è bene sia messa in agenda, meglio lasciarla fuori dalla campagna elettorale: "Nelle aspettative degli elettori (compresi quelli cattolici, il cui sentire politico non è diverso da quello degli altri cittadini), la politica deve aiutarli a vivere meglio.

Mentre la questione dell’aborto - così come altri temi etico-sociali - è talmente alta da meritare una “discussione trasversale a posteriori”"(Idem). Dunque, meglio non dividersi, la legge che fa legale un diritto abominevole non si tocca, lo dicono le statistiche, lo dice la maggioranza, quindi, lo dicono tutti; per paura, per calcolo, per ideologia. Applicare meglio la sua parte positiva è questo il tam-tam quotidiano. Quasi che toccare questa legge sia come toccare l’albero della vita...

Ma forse è proprio così. Al centro della storia, della cultura globalizzata e dominante, s’erge infatti, superbo, l’albero della morte, ed è lui il totem da adorare.

L’aborto oggi fa parte di quelle cose della coscienza che, essendo privata ed inviolabile, deve starsene fuori dalla "res-publica", dalla cosa pubblica. E che la donna e il drago se la vedano da soli. E' vero, la donna è sola. In questo hanno ragione le femministe. La donna è sola alla presenza del drago. Come nel giardino dell'Eden, ad affrontare il serpente vi era lei, e Adamo chissà in quale sofisma s'era infilato. Un midrash ebraico la racconta così:“Il serpente si imbatté nella coppia proprio mentre Adamo ed Eva erano nella loro intimità. Fu subito pieno di lussuria e di invidia per la loro unione. L'invidia inoltre lo spinse a meditare su come uccidere Adamo, per poi prendersi Eva…. E Adamo dove si trovava, mentre il serpente si intratteneva con Eva e la trascinava alla disobbedienza? Aveva fatto l'amore e dormiva. Ecco quello che succede quando un uomo pensa solo a se stesso invece di circondare sua moglie di affetto” (In “Il Paradiso perduto”, L’Aggadah su Genesi 3, Roma, 1992, pag. 25).

L’indifferenza di fondo celata nelle dichiarazioni o nelle proteste di questi giorni, la mancanza d’amore, l'egoismo che si traduce in totale deresponsabilizzazione, si manifestano proprio in quella che, apparentemente, sembra una condizione di libertà che tutti vogliono assicurare alla donna.

Libertà che è solitudine, abisso tenebroso dove ella si trova a dover decidere del destino suo e di suo figlio. E, paradossalmente, la conseguenza di questa esperienza dolorosissima ha trovato, negli anni della contestazione, la soluzione in una sorta di assolutizzazione e sublimazione della stessa solitudine, ribattezzata in autonomia, autodeterminazione, libertà.

“Quando l'uomo o la donna pretendono di essere autonomi e totalmente auto-sufficienti, rischiano di restare rinchiusi in un'auto-realizzazione che considera come conquista di libertà il superamento di ogni vincolo naturale, sociale o religioso, ma che di fatto li riduce a una solitudine opprimente” (Benedetto XVI, Udienza ai partecipanti al Convegno internazionale "Donna e uomo, l'humanum nella sua interezza).

La solitudine, in un percorso diabolico di mistificazione, s’è truccata e travestita da diritto sacrosanto, una conquista di civiltà che ha schiacciato le donne proprio laddove l’uomo, nel suo egoismo, le aveva gettate. La libertà di decidere da sole, autodefinendosi proprietarie e gestrici del proprio utero e del proprio corpo, ha realizzato l'uguaglianza dei sessi proprio in ciò che le donne più hanno detestato: l’egoismo solitario.

Il sofisma con cui si giura di non voler toccare la legge e con cui si afferma che non è opportuno far politica a partire dall’aborto, si fonda su un presupposto per tutti indiscutibile: il diritto di sopprimere una vita è e deve rimanere all’orizzonte come un approdo certo e sicuro. che le religioni, le ideologie, i convincimenti personali, guidino a piacimento la coscienza a compiere la traversata come e verso dove crede o desidera.

Ci troviamo così in piena "dittatura del relativismo", dove tutte le idee e le opinioni sono ingredienti buoni per la marmellata libertaria. Poi ce la giochiamo sul terreno della propaganda, dei consultori, o di quel che sia. Nessuno obbliga ad abortire; i valori più forti, i convincimenti, la fede indirizzeranno la scelta senza prevaricare la libertà e il diritto.

Per capire facciamo un piccolo esempio. Stai morendo di sete, non ce la fai più, sei all’estremo delle forze, e incontri due persone che ti offrono altrettante possibilità. Uno ti mette davanti un bicchiere d’acqua avvelenata, te lo mostra come un tuo diritto, ti spiega come sia inutile e dannoso soffrire, e come invece sia giusto placare quella sete, e, soprattutto, non ti dice che quell’acqua ti farà morire; no, al massimo ti avvertirà dei disagi che potrebbe provocarti, ma poi comunque ci sono i trattamenti giusti perché tutto sia indolore. Un altro ti indica una meta, un cammino, un destino, che è la vera felicità, il vero e completo appagamento della tua sete; faticoso se vuoi, doloroso di certo, nel quale si tratta di perdere la vita, di non rifiutare la sofferenza, il sacrificio, l’asprezza. E ti avverte anche che l’acqua che l’altro ti sta mostrando è avvelenata, è fresca, sembra buonissima, di certo placherà la tua sete del momento, ma ti condurrà, tra strazi orribili, alla tomba. Si tratta di fidarsi, di lasciarsi accompagnare. Ora, ditemi voi: un uomo allo stremo delle forze, che cosa sceglierà? Un uomo indebolito, spossato, senza la necessaria lucidità, con la paura di morire che lo attanaglia, sapendo di avere le ore contate, mentre tutto gli crolla addosso, solo con la sua sete irrefrenabile, che cosa sceglierà?


Emerge in tutta la sua evidenza la perversione di chi offre la possibilità dell’acqua avvelenata. Appare chiara la malvagità di chi offre la morte, camuffandola di libertà e di vita.

Eppure è esattamente quel che accade con la legge sull’aborto, con la sua pretesa inattaccabilità. La più grande malvagità è la stessa possibilità che viene offerta come un diritto: la menzogna avvelenata contenuta nell'opzione di uccidere. La stessa menzogna che si avventa sulla donna per divorare il bambino appena nato.

“La vera filantropia vuole il sacrificio per il bene della specie – è dura, è piena di autosuperamento perché abbisogna del sacrificio dell’uomo. E questo pseudo umanesimo che si chiama cristianesimo, vuole giungere appunto a far sì che nessuno venga sacrificato”. No, non è un fondo di Repubblica, e neanche una dichiarazione di qualche radicale. Sono parole, attualissime, di Nietzsche (F. Nietzsche, Frammenti postumi 1888-1889, pag. 257-58).

Si sente l'eco della voce del serpente che appare nelle prime pagine della Bibbia. Un filo lega la Genesi all’Apocalisse, principio, presente, e futuro della storia. Questo filo è la menzogna, il veleno del serpente. La storia dell’umanità è tutta racchiusa nella lotta scatenata dal demonio, l’invidia che brama vendetta contro Dio e i suoi figli. “Respingendo la verità conosciuta su Dio con un atto della propria libera volontà, satana diventa «menzognero» cosmico e «padre della menzogna» (Gv 8, 44)... Dio sarebbe geloso delle sue prerogative e imporrebbe perciò delle limitazioni all'uomo (cf. Gen 3, 5).

Satana invita l'uomo a liberarsi dell'imposizione di questo giogo, rendendosi «come Dio». In questa condizione di menzogna esistenziale satana diventa - secondo san Giovanni - anche «omicida»... vuol distruggere la vita secondo la verità, la vita nella pienezza del bene, la soprannaturale vita di grazia e di amore.

L'autore del libro della Sapienza scrive: «... la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Sap 2, 24)…. Come effetto del peccato dei progenitori questo angelo caduto ha conquistato in certa misura il dominio sull'uomo. Questa è la dottrina costantemente confessata e annunziata dalla Chiesa, e che il Concilio di Trento ha confermato nel trattato sul peccato originale"” (Giovanni Paolo II, catechesi di mercoled' 13 agosto 1986).

Don Giussani, in un libro che raccoglie alcuni suoi dialoghi, diceva: “Che cos’è il peccato originale? Che cos’è l’orgoglio del peccato originale? E’ l’affermazione di sé prima che della realtà”. L’uomo, tagliato il rapporto con Dio, non vede altro che se stesso. “Quando l'uomo o la donna pretendono di essere autonomi e totalmente auto-sufficienti, rischiano di restare rinchiusi in un'auto-realizzazione che considera come conquista di libertà il superamento di ogni vincolo naturale, sociale o religioso, ma che di fatto li riduce a una solitudine opprimente” (Benedetto XVI, Udienza ai partecipanti al Convegno internazionale "Donna e uomo, l'humanum nella sua interezza).

Questa solitudine è la sconfitta dell’amore, l’oscurarsi del senso profondo della vita. Così anche quello che sembra più bello e più naturalmente buono si trasforma in qualcosa di estraneo, addirittura inaccettabile: la vita. La vita del proprio stesso figlio, anche se non voluto, se non “calcolato” sulla nota spese, anche se non deciso a tavolino, anche se frutto di una violenza, anche se malato o deforme, la vita che appare nel proprio seno, in qualunque modo sia accaduto, è un dato oggettivo. La madre sa che è una sola cosa con lei, che si appartengono mutuamente, che, in ogni caso, è vita per vita, amore per amore. Quel bimbo è un cuore, una mente, un corpo, una storia iniziata, è parte di quel seno che lo accoglie, che lo nutre in una simbiosi meravigliosa. «Stanotte ho saputo che c’eri. Una goccia di vita scappata dal nulla» scrisse Oriana Fallaci, un’atea cristiana come si autodefinì, e non era la citazione di un libro di teologia dogmatica.
La verità che vibra nel cuore di ogni madre, questa profonda e irripetibile simbiosi che si dà nel seno della donna, per il peccato originale, decade ad estraneità, e il frutto del grembo diviene addirittura un nemico, che, per una strana pietà, si decide di sopprimere.

nelle sue dimensioni naturali, e l’intelligenza e la volontà ne restano indebolite e offuscate, sino al punto di non accorgersi più che uccidere è male, è peccato, sino all’estremo di considerare giusto e legale ciò che contrasta più fortemente la verità che la donna porta dentro. Nata per amare, per generare, il demonio ha saputo trasformare la donna in una tomba della vita. “La donna, considerata autentica guardasigilli della creazione” (J. Ratzinger, Maria, Chiesa nascente, Milano 1998, pag. 24) ne diviene la principale antagonista.

Per questo, nello stesso capitolo 3, la Genesi mostra come il combattimento conseguente al peccato sarà innanzi tutto tra la donna e il serpente; ella ha ascoltato e creduto, ella lotterà. L’uomo è sullo sfondo, anche lui ad insidiarla.

Al serpente Dio disse:
Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno".

Alla donna disse:
"Moltiplicherò
i tuoi dolori e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.

Secondo alcuni studi esegetici si dovrebbe tradurre “essa ti schiaccerà il capo, poiché tu l’attaccherai al calcagno”. E’ questa la versione più fedele del testo ebraico. Il combattimento sarà sempre originato da un attacco del demonio contro la donna. Ma c’è di più. La traduzione greca detta dei Settanta traduce significativamente "stirpe" con "sperma", mentre san Girolamo, in latino, traduce con "semen". Ancora una volta è la vita legata alla donna a costituire l’obiettivo del demonio. E’ lo sperma, il seme che feconda e che diviene discendenza, ad essere, con la donna, al centro del combattimento. Come nella visione dell’Apocalisse, dove il drago precipitato sulla terra farà la guerra ai figli della donna. Come non riconoscere in tutto questo la descrizione fedele delle cronache, drammatiche, di questi giorni….

All’inizio della lotta vi così è "l’inimicizia" che Dio stesso ha posto tra la donna e il serpente. L’attacco proditorio del demonio nei confronti della donna, nel suo essere sposa, madre e vergine è Parola di Dio. E’ inscritto in quello che è chiamato non a caso "proto-vangelo" e porta i segni profetici della vittoria finale; proprio questa chiara inimicizia tra la donna e il serpente mostra come dietro alla stessa drammaticità della questione vi siano i tratti del disegno provvidente di Dio. Il combattimento è certo la conseguenza del peccato, ma reca in sé il germe della vittoria. Sono proprio gli sconquassi morali, i sovvertimenti della ragione e della verità che hanno di mira la donna a consegnarci la certezza della vittoria. Alla libertà dell’uomo, alle conseguenze nefaste di un suo uso sconsiderato, Dio ha risposto provvedendo una donna all'alba della vittoria, come una donna è stata all’inizio del disastro.


E questa donna ha finalmente un nome: Maria di Nazaret. E’ Lei che riassume in sé ogni donna, anche le più lontane da lei, anche quelle che la deridono, distruggendo la maternità, la sponsalità, la verginità. Maria è la donna che ha accolto la vita nel modo più sorprendente, in un annuncio da stroncare il cuore. Lei ha semplicemente risposto con la disponibilità all’opera di un Altro. Maria è la donna per eccellenza soprattutto perché ha dischiuso, per tutte e in vista di tutte le donne, il suo seno all’opera di Dio. E’ Lei la speranza di questa generazione, ed in Lei ogni donna può ritrovare se stessa. Il suo umile abbandono è il cammino per ogni donna perché possa ritrovare la forza e la Grazia di riaprire la sua mente, il suo cuore, il suo corpo alla vita. Maria è madre del Primogenito, e quindi madre di ogni altro generato.


In Lei ogni donna può essere "madre nella Madre", come come tutti siamo "figli nel Figlio". E’ Lei che ha generato il Figlio vittorioso sul drago, padre della menzogna e omicida sin da principio. Per questo in ogni donna continua ad essere attaccata e insidiata Maria, come in ogni bambino, in ogni embrione, è attaccato il suo Figlio Gesù Cristo, secondo l’attualissima visione dell’Apocalisse.

Il drago è di fronte alla donna, a Maria, e a ciascuna, mentre partorisce, per divorare il bambino appena nato. E’ qui descritto l’aborto, e con esso la cultura di morte e menzogne che lo sostiene e lo introduce tra i diritti e le leggi. E' un attacco alla donna incinta perché in ogni seme raccolto da ogni seno materno è inscritta, indelebilmente, la vita da cui è tratto: la vita di Dio stesso. Ma lei porta la vittoria, perché ogni vita che sgorga dal suo seno è vittoria sulla morte.

Non solo, la donna è come un catalizzatore di ogni attacco demoniaco perché, in Maria, la vita che porta in seno è proprio quella che distruggerà la morte e la violenza, la vita dell’Agnello immolato che s’erge, vittorioso, sulle ceneri del combattimento escatologico descritto dall’Apocalisse.

Non a caso allora proprio contro i più deboli ed inermi tra i più deboli, i bambini nel grembo materno afflitti da malattie conclamate (ma spesso anche solo presunte), sono coalizzati la cultura, i media, le ideologie e tutto l’esercito del demonio abortista. Ora ne comprendiamo la ragione. Essi, i malati, i down, i poveri, gli ultimi, sono coloro che recano in sé l’immagine più prossima a quella dell’Agnello immolato. Sono crocifissi, e per questo, costituiscono la sconfitta del male e della sua origine. Satana lo sa bene, lo ha sperimentato sul Golgota dove ha visto infrangersi, per sempre, il suo sogno invidioso e superbo. Per questo, infuriato, va a caccia di innocenti, come a Betlemme, come in ogni angolo della storia e del mondo.

Qui ed ora, in questo pellegrinaggio dove si consuma il combattimento, è e sarà ancora e solo la Croce a distruggere l’orgoglio demoniaco, e con esso, il suo dominio. Sono coloro che portano la testimonianza di Gesù, i cristiani perseguitati e i bimbi più indifesi, più deboli nel seno delle proprie madri, sono gli ultimi e i disprezzati a sconfiggere il male. Ognuno di essi che viene al mondo segna una sconfitta per il drago. Ogni donna che accoglie, secondo la propria vera natura, un bambino con difficoltà di salute, o in precarie situazioni economiche, è un segno dell’esistenza del Cielo, del destino di Gloria che attende ogni uomo, dell’amore infinito di Dio, amore oltre la morte capace di generare la vita a dispetto di ogni menzogna, di ogni limite carnale, di ogni peccato. La debolezza, la precarietà, la malattia, anche i bambini abortiti sono il segno che la partita della vita non si chiude qui sulla terra.

A noi dunque, alla Chiesa e ad ogni uomo che non abbia smarrito la ragione, il compito di annunciare, senza posa, il Vangelo della vita. La Chiesa con la predicazione, i suoi compagni di strada con gli strumenti politici e culturali. Il prezzo da pagare, per tutti, sarà altissimo.

Sappiamo però che è la predicazione degli Apostoli a precipitare Satana giù dal Cielo. E’ l’annuncio di Cristo risorto, del suo amore infinito a smascherare la menzogna e a cacciare l’usurpatore. E’ la Chiesa, sposa, madre, vergine ad accogliere ogni uomo, ogni donna. E’ questo il compito, irrinunciabile, che il Signore le ha affidato.

La speranza deve essere annunciata a tutti, soprattutto alle donne di questa generazione. Molte non sanno, molte sono state ingannate e indotte, nella solitudine, ad abortire; portano ferite che solo la misericordia può sanare, solo Cristo nella sua Chiesa può guarire: “La Chiesa sa quanti condizionamenti hanno potuto pesare sulla vostra decisione, e non dubita che, in molti casi, tale decisione sia stata dolorosa, e addirittura drammatica. Probabilmente, la ferita della vostra anima non si è ancora rimarginata. In realtà, quel che si è prodotto è stato e resta profondamente ingiusto. Ma non abbandonatevi allo scoraggiamento e non rinunciate alla speranza. Sappiate piuttosto capire quel che è successo ed interpretatelo in verità. Se non l'avete ancora fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di tutte le misericordie vi aspetta per offrirvi il perdono e la pace nel sacramento della riconciliazione... ” (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, n. 99).

Possiamo dunque guardare con rinnovata speranza anche a questi tempi, riconoscendo senza paura il combattimento escatologico che stiamo vivendo, al cui centro vi sono la donna e la vita. Se la donna è vinta, è distrutta anche la famiglia, e con essa la società. E’ questo quello che ci insegnano la Rivelazione e il Magistero. Ma Cristo ha vinto e Maria è accanto a Lui. E con lei ogni donna, perché come Dio le ha affidato le chiavi della vita, così le ha affidato anche il primo annuncio della Resurrezione.

Alle donne per prime infatti è apparso Gesù risorto, alle donne fedeli sino alla fine, che lo hanno seguito al Calvario e alla tomba, incapaci di rassegnarsi alla morte, loro che portano in seno la fabbrica della vita. Le donne sono le prime testimoni della vittoria sulla morte e sull’inganno, perché Dio le ha create ed elette quali tabernacoli della misericordia. In Israele Dio è conosciuto infatti anche come "El rachamin" (da rechem = utero), che significa: Dio con viscere materne di misericordia infinita. Il seno della donna è il luogo privilegiato della misericordia, immagine molto prossima al cuore stesso di Dio. Una donna perdonata, amata, ricolma di Grazia, una donna sulle orme di Maria sarà sempre una donna felice, autentica, realizzata. Anche e soprattutto perdendo la vita. Come Santa Gianna Beretta Molla, sposa e madre innamorata del Signore, del suo sposo, dei suoi figli. Per il figlio che portava in grembo ha offerto la vita, sino in fondo.

Davvero il seno di Santa Gianna Beretta Molla è stato un vaso di misericordia. In lei è apparso Dio stesso, specchiato in questa donna meravigliosa. L'amore sino alla fine, l'amore di Gesù. E’ questa la vocazione altissima nella quale ogni donna è stata creata: accogliere, amare, generare, partorire e difendere la vita, in qualunque forma essa appaia, perché il drago non abbia potere e venga finalmente sconfitto. La donna è la vittoria dell’amore e della vita sull’odio e sulla morte. La donna schiaccia la testa al serpente, la donna ha ragione del drago dicendo sì alla vita, sempre e a qualunque costo.

«Sì, ho pregato tanto in questi giorni. Con fede e speranza, ho affidato me stessa al Signore, anche di fronte al terribile verdetto della scienza medica: o la vita della madre o quella del bambino. Ho fiducia in Dio, sì; ora tocca a me compiere il mio dovere di madre. Rinnovo al Signore l'offerta della mia vita. Sono pronta a tutto, purché il mio bambino sia salvato» ( Santa Gianna Beretta Molla).

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