lunedì 25 febbraio 2008

FORSE ERA MEGLIO LASCIARLO PARLARE

Gli ultimi saranno i primi
di Berlicche

Mio caro Malacoda, sono sull'orlo di una crisi di coscienza. Quell'uomo ha il potere di confondermi, ci sta rubando il mestiere. Non facesse il Papa potrebbe fare il pugile, negli ultimi dieci giorni ha finto di abbassare la guardia e poi è ripartito con tre colpi in rapida successione, tre diretti in pieno volto, e sul nostro terreno poi: laicità, comunicazione e scuola.

Forse era meglio farlo andare all'Università di Roma, applaudirlo, fargli fare qualche bel titolo e condirlo via. Se penso poi che siamo stati noi a fargli consigliare di rinunciare. Ma quel Giuliano Amato non lo chiamavano il Dottor Sottile? Comunque, è andata come è andata, partiti lancia in resta in nome della laicità dell'università, ci siamo dovuti sorbire da un ecclesiastico una lezione di laicità coi controfiocchi: non solo ci ha detto che oggi la Sapienza è un'università laica, ma che così l'ha voluta il suo fondatore, un Papa, e che Papa!

«Era un tempo l'università del Papa, ma oggi è un'università laica con quell'autonomia che, in base al suo stesso concetto fondativo, ha sempre fatto parte della natura di università, la quale deve essere legata esclusivamente all'autorità della verità». Possiamo noi farci citare Rawls e Habermas da un Papa? Possiamo sopportare che usi Socrate per dire che «la ricerca faticosa della ragione per raggiungere la conoscenza della verità intera» è una forma di «religiosità più profonda e pura»? Ti sembra normale che noi, gli ispiratori dello storicismo, dobbiamo ascoltare da un Papa che la ragione non può essere «a-storica» e che non considerare «l'esperienza. e il fondo storico dell'umana sapienza» non è ragionevole?

L'abbiamo dipinto come il tetragono custode di una verità che non accetta dialogo e ricerca e lui alla domanda su come l'università possa assolvere il compito di essere custode della «sensibilità per la verità» risponde: «Neppure io posso offrire propriamente una risposta, ma piuttosto un invito a restare in cammino con questa domanda».

Non ci capisco più niente. Già barcollavo ed è arrivato il secondo colpo, dritto là dove abbiamo i principali interessi e i maggiori investimenti: «Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per "creare" gli eventi stessi». Altro che donnine nude sui giornali e in tv, sì ce n'è anche per loro ma in quanto effetto collaterale di una «manipolazione ideologica delle coscienze» da parte dei media. Abbiamo fatto in modo che i cattolici si occupassero della funzione pedagogica della tv e dei giornali. la "buona stampa" e "si danno solo cattive notizie" e l'orario di messa in onda dei film "licenziosi". battaglie di retroguardia in cui era un piacere vederli perder tempo. e questo li scavalca a piè pari: «Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica» sempre più cruciale. Perché, ed è la terza sventola, viviamo un'«emergenza educativa» dovuta «a un'atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona».

A questo punto ti aspetteresti la lagna del "non c'è più religione". Macché! È il bello della libertà, dice. Bisogna accettare questo rischio «perché la libertà dell'uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo e in proprio le sue decisioni». E poi i relativisti saremmo noi!

Tuo affezionatissimo zio Berlicche

© Copyright Tempi num.5 del 31/01/2008

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