domenica 24 febbraio 2008

IL RISCHIO EDUCATIVO UNA SFIDA PER LA NOSTRA SOCIETA'

Nel libro di Giussani la fede cristiana è pertinente con le esigenze della vita e costituisce un’esaltazione della razionalità. Giussani non mette in opposizione fede e ragione; anzi: con la ragione si arriva alla fede e, viceversa, è la fede (o meglio: è Dio) che ci dà la ragione. Grazie alla ragione noi possiamo poi confrontarci con le conoscenze che ci sono trasmesse.
Il rischio educativo, una sfida per la società
Paru dans Il Giornale del Popolo le 17 novembre 2006
di ANDREA FAZIOLI

L’educazione è una sfida. Il presente e il futuro di una società si disegnano infatti assumendosi un rischio educativo. E “Il rischio educativo” è il titolo del libro di Luigi Giussani che ieri sera è stato presentato nell’Aula magna del liceo di Lugano 2. Erano presenti – oltre a Maurizio Balestra, responsabile del Centro culturale di Lugano – Lorenzo Cantoni, professore all’USI, Mario Mauro, vice presidente del Parlamento europeo, e Claude Ruey, presidente del Partito liberale svizzero e consigliere nazionale alla sua seconda legislatura, oltre che membro del governo del Canton Vaud dal 1990 al 2002. Abbiamo rivolto a Claude Ruey qualche domanda sulle sfide dell’educazione.

Che impressione le ha fatto “Il rischio educativo”?

Be’, prima di cominciare a leggerlo mi sono chiesto: a che cosa credo io? Da dove vengo, chi sono? E soltanto dopo aver annotato tutto ciò in un foglio di carta ho cominciato “Il rischio educativo”... In realtà ci sono parecchie cose che condivido nel libro di Giussani. Certo, mi ha sorpreso il tono filosofico, non sempre di facile comprensione. Ma ricordo che quando facevo l’università, nel maggio del 1968, nascevano spesso discussioni accanite su questi argomenti con i miei amici. Loro credevano alla rivoluzione, io credevo alla forza della convinzione, alla forza del dialogo e all’educazione per cambiare la società.



Che cos’è per lei l’educazione?



Io credo che si possano trasmettere dei valori o delle convinzioni; e cioè che si possa far prova di autorità. Non penso che si debba essere neutrali; bisogna credere in qualcosa, schierarsi, ma non in maniera distruttiva bensì in un modo che possa far crescere una persona. Autorità per me non è l’autoritarismo che distrugge né il lassismo che è indifferente. Autorità invece è una relazione, una relazione d’amore.



Ma secondo Giussani qual è il ruolo dell’educatore?



Giussani dice che il ruolo dell’educatore è di trasmettere una tradizione. L’educatore ha un’ipotesi forte sulla vita, un’ipotesi che spieghi il mondo (per Giussani è l’ipotesi cristiana). Io penso che l’educatore debba trasmettere la sua ipotesi con autorità, cioè con coerenza. Più tardi poi il giovane deve confrontarsi con l’ipotesi, misurandola nell’impatto con la realtà per poi avere una vera adesione o un rifiuto.




Giussani disse in un’intervista: «Se ci fosse un’educazione di popolo, tutti staremmo meglio».

Certo, l’educazione è fatta anche per il popolo, per la società. A questo proposito vorrei distinguere due ipotesi educative. La prima è l’ipotesi pedagogica costruttivista alla Piaget, secondo la quale una persona deve arrivare alla conoscenza senza nessuna sollecitazione esterna. Dal punto di vista intellettuale è un’ipotesi attrattiva: imparare a imparare e via dicendo. Ma un farlo. Perciò io preferisco la seconda ipotesi educativa, e cioè la pedagogia della conoscenza. È questo uno dei temi principali di Giussani: soltanto la conoscenza permette di separare il bello dal brutto, il bene dal male. Poi chi è stato educato ha i parametri per approfondire. Tra l’altro, la pedagogia della conoscenza è meglio per chi viene da un ambiente sociale sfavorevole. La pedagogia costruttivista invece si addice a chi proviene da un ambiente famigliare più elaborato. La pedagogia della conoscenza dunque è più sociale. Mi ricordo che uno dei miei figli aveva un compagno spagnolo che non parlava bene il francese: io mi accorgevo che nelle discussioni faceva più fatica, e mi sforzavo perciò di trasmettergli direttamente le mie conoscenze.



Nel “Rischio educativo” Giussani mette l’accento sulla ragione, grazie alla quale l’uomo riconosce le sue esigenze. L’educazione parte dunque da questa “provocazione” nei confronti della ragione?



Nel libro di Giussani la fede cristiana è pertinente con le esigenze della vita e costituisce un’esaltazione della razionalità. Giussani non mette in opposizione fede e ragione; anzi: con la ragione si arriva alla fede e, viceversa, è la fede (o meglio: è Dio) che ci dà la ragione. Grazie alla ragione noi possiamo poi confrontarci con le conoscenze che ci sono trasmesse.



La scuola oggi che tipo di educazione propone?



Secondo la pedagogia costruttivista si trasmettono spesso delle competenze ma ci si dimentica di trasmettere la conoscenza. È giusto formare i ragazzi con precise abilità o informazioni, ma prima bisogna pensare alla conoscenza.



Qual è il rischio educativo di cui si parla nel libro?



Il rischio c’è sempre, no? Il vero rischio è quello di educare i ragazzi, di assumersi la responsabilità di avviarli alla vita. Quando ho letto “Il rischio educativo” ho subito pensato all’esempio di mia moglie che è figlia di un pastore (io sono un cristiano protestante). Ebbene, i genitori di mia moglie le hanno trasmesso le loro conoscenze ma lei, giunta a diciott’anni, ha rifiutato tutto e si è allontanata. I suoi genitori dunque si sono assunti il rischio educativo, e cioè hanno rispettato la sua libertà senza imporre i loro valori. Bisogna lasciare all’altro la sua libertà; questo è il rischio.



E che cos’è la libertà?



La libertà è corrispondere alle esigenze del cuore. È come un giornalista che, per fare il suo mestiere, deve amare la verità. Ebbene, la libertà dunque è amare, aderire con il cuore e anche con la ragione. La libertà insomma si gioca nel rischio del confronto con le cose, attraverso il quale maturiamo la nostra personalità. Rifiutare o ripetere qualcosa per partito preso non è la vera libertà; esercitare la libertà invece è aderire a qualcosa (o rifiutarla) dopo averla vagliata.



Quale accoglienza trova la proposta di Giussani nella nostra società?



Secondo me alcune cose scritte da Giussani qualche anno fa parevano paradossali oppure originali, ma oggi vengono comprese meglio. Si pensi al dibattito sulla scuola e l’educazione. È importante rilanciare questo dibattito. In effetti la sfida si gioca sul piano della tradizione. Se trasmettere la conoscenza è trasmettere la propria tradizione, che cosa fare quando essa diviene sfumata? Che cos’è la tradizione in una società pluralista? Oggi più che mai è importante parlarne.

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