giovedì 19 aprile 2007

IL NON SENTIRSI SOLO APRE LE PORTE ALLA SPERANZA


Consolare vuol dire non fuggire,
restare con
qualcuno a dispetto del disagio profondo
che il dolore e la sofferenza
dell’altro provocano in noi.
Come terapeuta, io riconosco una cosa
fondamentale:
i momenti più intensi non sono quelli dove io mi presto
alle interpretazioni, ma quelli in cui sono
il testimone della
sofferenza più profonda.
Quando io mi assoggetto (acconsento) alla
sofferenza più insostenibile.
Quando io sperimento in me il grado di
intolleranza.
Quando mi obbligo a restare.
Perché per chi
soffre, il fatto di sentire che non è solo,
in questi momenti di
disperazione,
apre la porte alla speranza (a una soluzione che può
venire).

(Pierre Mertens )



......il problema dell’ammalato, tanto più grave è la sua malattia, è di vivere il suo limite per non morire, cioè per accedere all’infinito. L’uomo stesso è limite, si chiama creatura, e colui che crede di non essere fatto così torna ai tempi prima di Ippocrate, pensa di essere un mago anche se ha studiato da dottore». Ecco allora le prospettive delle professioni sanitarie, secondo Cesana, «sono enormi: come possiamo essere protagonisti dentro questo impegno gigantesco a riguardo dello sviluppo umano essendo utili agli uomini? Se la medicina è un’arte e non un semplice mestiere, lo è perché è chiamata ad assestare creativamente equilibri divenuti precari, come afferma un adagio francese del XV secolo che non mi stancherò mai di ricordare: guarire qualche volta, curare spesso, confortare sempre».
«Dopo 30 anni che faccio questo mestiere - confida alla platea il professor Luciano Gattinoni, primario della Rianimazione del Policlinico di Milano - temo che siamo sempre più avanzati tecnologicamente sul to cure, il curare, mente stiamo regredendo sul to care, condividere e prendersi cura». La guarigione diventa l’imperativo categorico della medicina, e la si ottiene più spesso che in passato, ma a un prezzo molto alto. Anzitutto va persa la «concezione semeiotica della malattia, che è sempre segno di altro: la sofferenza e il desiderio di salute manifestano la domanda di salvezza personale dell’uomo. L’esperienza insegna che la domanda del malato va oltre la richiesta di guarire dalla patologia: vuole un aiuto per affrontare il mistero della vita e della morte» dice don Roberto Colombo parlando di papa Woityla.
«La forma del rapporto medico-paziente - ha affermato monsignor Luigi Negri in una lettura magistrale sul tema del soggetto in sanità - è la carità. La carità di chi accoglie l’altro nel suo bisogno e si piega perché a questo bisogno segue una novità. La pietas è la percezione di appartenere insieme al Mistero. Nel curare i malati siete chiamati a realizzare la pienezza della vostra umanità. Nel farsi curare da voi i malati sono chiamati a realizzare la pienezza della loro personalità». .....

.. «Abbiamo incontrato uomini che ci fanno vedere che la medicina e la scienza non sono un trucco tecnologico più adeguato, ma l’idea della scoperta di un nuovo modo di curare, di guarire e quindi di rispondere ad un desiderio dell’umano». Una posizione che sembra oggi interessare di più chi lavora in sanità, e che ha preso la forma di una rivista scientifica, il Journal of Medicine and the Person, che sta muovendo i primi passi nel mondo editoriale, circondata da molta curiosità. «Più il tempo passa, più le ragioni che hanno dato inizio a questa esperienza si approfondiscono e spalancano orizzonti fino a 5 anni fa inimmaginibili. L’obbiettivo è che questo cammino possa continuare».

..



Nessun commento: