venerdì 21 dicembre 2007

LA NOSTRA INDISTRUTTIBILE COMPAGNIA


Dio non ci lascia brancolare nel buio; si è mostrato come uomo. Egli è tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo. Dio ha assunto un volto umano. Solo questo Dio ci salva dalla paura del mondo e dall'ansia di fronte al vuoto della propria esistenza.
Benedetto XVI

Cristo arriva proprio qui al mio atteggiamento di uomo, di uno cioè che aspetta qualcosa perché si sente tutto mancante; si è messo insieme a me, si è proposto al mio bisogno originale.
Don Luigi Giussani

Tracce pp. 128 ss Editoriale
Segnalato da Michele
Luigi Giussani
Proponiamo l’editoriale di don Giussani pubblicato in prima pagina su Avvenire il 24 dicembre 2003
Viene il Natale per assicurare la gioia all’uomo: l’uomo raggiungerà la felicità, che è lo scopo della vita. La sicurezza della gioia! La certezza di questo è necessaria per vivere, e la certezza c’è quando si è in compagnia (se uno non ha la compagnia, è perché non la chiede. Se la chiede, viene data). Cristo è la suprema compagnia che Dio fa all’uomo. Per questo, auguri.
Luigi Giussani


Giuseppe non si è meravigliato che la donna avesse un bambino, ma che “quel” bambino fosse di “quella” donna, Maria. Era “suo”, in quanto aveva desiderato che fosse di Maria.
Si compie così qualcosa di ben grande: senza Cristo non è concepibile nulla. È così: senza la creazione non esisterebbe nulla, esisterebbe l’Essere e basta.



Ma con Cristo l’Essere è conclamato - comunicarsi è della natura dell’Essere -; con Lui tutto esiste, anche la più piccola foglia di pioppo, effimera eppure esistente. Senza la ri-creazione operata da “quella” nascita non esisterebbe la creazione.
Senza Cristo è impossibile la gioia, perché sarebbe irrazionale. Il desiderio della gioia, infatti, è della natura dell’uomo quando guarda la realtà che è fatta. Per questo dice il vero, Dante - e io non smetterò mai di citarlo -: «Ciascun confusamente un bene apprende/ nel qual si quieti l’animo, e disira:/ per che di giugner lui ciascun contende» (Purgatorio, XVII, 127-129). Così il desiderio descrive proprio la natura dell’uomo.

Per il tipo di festa che è e per la diffusione che ha, il Natale rappresenta l’ultima thule, l’ultimo passo che la natura dell’uomo può compiere: riconoscere che la manifestazione dell’Essere c’è, oppure avanzare verso la disperazione totale, negando che il Verbo di Dio sia diventato uomo - e così finire come l’ultimo uomo e l’ultima donna, descritti da Carducci, che vedono il sole calare per l’ultima volta in un mondo di ghiaccio.

La ri-creazione operata da Cristo è la verità della creazione. Annunciando Gesù, il Natale rivela il dominio incontrastabile dell’Essere, che si qualifica come “vittoria”. La vittoria è l’esistenza del fatto che vince su tutte le miscredenze e su tutti i dubbi degli uomini, vince! E il fatto è l’annuncio che Dio è diventato uomo!

Il nostro grande Papa ha scritto nel messaggio per la giornata della pace: «Ciascuno si impegni ad affrettare questa vittoria. È ad essa che, in fondo, anela il cuore di tutti». Con Giovanni Paolo II noi ripetiamo la stessa cosa, oggi che tutto sembra disprezzato nel tempo o travolto in modo veloce; ciò che si sperava potesse durare non dura se non un suono veloce, una pagina di libro, uno sfogliare di giornale.

Le parole si dissolvono nell’aria in brevi istanti di emozione - quando questa non si sia già consumata nella delusione dello stesso primo istante -, diventano come le parole di un video, il nulla essendo l’esito continuo dall’effimera insorgenza. Dal nulla, infatti, non può venire che il nulla.

Per questo c’è voluto Cristo, per rimediare a questa fine di tutto. Lui, l’indistruttibile, non può essere in alcun modo segnato dalla distruzione. Per cui ancora Dante ci sospinge in avanti, mettendoci sulle labbra le parole del suo Inno alla Vergine che non temono, queste sì, il nulla perché sono dettate dall’Essere: «Qui se’ a noi meridiana face/ di caritate; e giuso, intra i mortali,/ se’ di speranza fontana vivace» (Paradiso, XXXIII, 10-12).

Freud diceva che dall’uomo non può venire salvezza, essa può giungere solo dal di fuori dell’uomo, da altro (o questo altro è l’Essere, e allora è fonte ineasauribile, o è il non essere assoluto, e questa è una cosa senza senso; dire: “Non c’è l’essere”, infatti, è pazzia pura perché è negare l’evidente).

Un canto natalizio di Adriana Mascagni, ascoltato in tante parrocchie d’Italia e del mondo, descrive il compiersi di quella inconsapevole profezia: «Aria di neve, stasera e nessuno ha tempo di aprire la porta e il cuore. Aria di neve, stasera e qualcuno ancora va in giro, ancora non sa dove andrà questa notte a riposare. Un uomo che batte a tutte le porte, un uomo che chiede a tutte le case se non c’è un posto per lei, per lei, che è con me. La donna si piega sul suo dolore, al figlio che nasce darà il suo calore, ci sarà un muro, vedrai, vedrai basterà. Il bimbo che piange in mezzo alla paglia, la donna che prega e l’uomo che guarda. Regnerà. Il mondo chi sei, chi sei non lo sa. Aria di neve stasera e nessuno ha tempo di aprire la porta e il cuore. Aria di neve stasera e nel cielo si muove una stella che si fermerà solo là, sulla casa più lontana». Dio ha sfondato questa lontananza.

Viene il Natale per assicurare la gioia all’uomo: l’uomo raggiungerà la felicità, che è lo scopo della vita. La sicurezza della gioia! La certezza di questo è necessaria per vivere, e la certezza c’è quando si è in compagnia (se uno non ha la compagnia, è perché non la chiede. Se la chiede, viene data). Cristo è la suprema compagnia che Dio fa all’uomo. Per questo, auguri.
Luigi Giussani

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