martedì 18 dicembre 2007

SALVATELI DALLA 194

Magistrato pro life spiega perché prendersela col modo in cui è applicata la legge non basta. «Solo dicendo tutta la verità possiamo fare davvero qualcosa per donne e bambini»
di Giacomo Rocchi.

....impone socialmente l'aborto eugenetico, aprendo la strada all'eutanasia eugenetica dei neonati. La legge 194 "ha fatto mentalità" ed impedisce - sempre di più - di "parlare dell'esperienza del materno". Chi combatte per rovesciare la legge 194 si fa carico di tutte le donne e di tutti i bambini. Solo dicendo tutta la verità su questa legge possiamo davvero combattere l'aborto e salvare le madri e i loro bambini.

Tratto da TEMPI del 13 dicembre 2007


Una buona legge? Una «delle migliori leggi sull'aborto nel mondo»? Ma di quale legge parlava Assuntina Morresi nell'articolo di Tempi del 29 novembre? Cinque milioni di bambini sono stati uccisi negli ultimi 30 anni in base alla legge 194, poi ci sono quelli abortiti prematuramente con la "pillola del giorno dopo" (quasi mille confezioni vengono vendute ogni giorno), quelli uccisi clandestinamente (gli aborti clandestini sono quadruplicati dal 1980 al 2006). La legge non doveva «cancellare l'aborto dalla realtà sociale», come prometteva il ministro della Sanità nel 1980? Non è successo. Forse perché la 194 permette ben altro.

Si dice che la legge non afferma l'aborto come un diritto. Ma nei primi 90 giorni di gravidanza la donna incinta può rivolgersi al medico di fiducia, a una struttura socio-sanitaria o a un consultorio e "accusare" motivi che la inducono all'aborto; dopo il colloquio, a prescindere dall'esistenza o meno dei motivi che ha riferito, le viene rilasciato un certificato, col quale, dopo 7 giorni, la donna può recarsi ad abortire gratuitamente. Nient'altro. Qualcuno può impedire alla donna di abortire, per qualche motivo? Basti pensare che le relazioni ministeriali non riferiscono i motivi per cui le donne hanno abortito. Evidentemente sono irrilevanti.

Allo stesso modo, mentre proclama che l'aborto «non è mezzo per il controllo delle nascite», permette che si utilizzi come contraccettivo: nel 2005 il 25 per cento delle donne che ha abortito l'aveva già fatto in precedenza, l'8 per cento (quasi una donna su dieci) più di tre volte. Non mancano neppure le derive eugenetiche. L'aborto dopo i 90 giorni considera «anomalie o malformazioni del nascituro», come potenziale pericolo per la «salute psichica» della donna e dunque motivazioni valide per giustificare il ricorso all'aborto. Per il ministero della Salute questo tipo di aborti sono enormemente aumentati nel corso degli anni: erano lo 0,7 per cento del totale nel 1983, sono ora il 2,7 per cento. Quattro volte tanto. Non è eugenetica questa?

Morresi ha scritto che «la legge 194 è il frutto di un compromesso, come avviene spesso in politica». È però un compromesso ben grave quello che permette sempre l'aborto (anche alle minorenni all'insaputa dei genitori) fino al quinto-sesto mese e che venga usato come mezzo di controllo delle nascite. Appellarsi a come viene applicata la legge per giustificarne la bontà, o l'accettabilità, non serve perché essa non permette affatto di prevenire l'aborto volontario. In primo luogo lo riconosce - se non formalmente, di fatto - come diritto e non lo punisce, rinunciando così allo strumento più forte di prevenzione. Quanto ai consultori pubblici, la legge li vuole inefficaci nella prevenzione: la donna non è obbligata ad utilizzarli (lo fa solo il 35 per cento) e, comunque, al termine del colloquio, il consultorio deve comunque rilasciare il certificato che permetterà l'aborto.

La "prevenzione" che il legislatore immagina è una sola: contraccettivi per tutti, soprattutto per le minorenni. Ma la Liguria, regione "avanzata", con un numero di consultori superiore al dato nazionale, già nel 1982 menzionata per l'ampia diffusione dei contraccettivi, ha un rapporto e un tasso di abortività nettamente superiori al dato nazionale, quasi doppio quanto alle minorenni. Un altro aspetto spinoso è quello del volontariato. La legge (articolo 2) è ben attenta a prevedere come facoltative - e non obbligatorie - le convenzioni da parte dei consultori e delle Asl e a subordinarle addirittura ad un giudizio di idoneità: e così è possibile che un ente pubblico possa legittimamente rifiutare convenzioni anche gratuite con i Centri di Aiuto alla Vita sul sospetto di un'opera eccessiva di dissuasione dall'aborto.

Integralmente iniqua
Una legge "integralmente iniqua", dunque: un giudizio che si rafforza col tempo. Permette di uccidere a spese dello Stato 130 mila bambini e bambine all'anno, lasciando tante donne sole nella loro disperazione; permette ad alcuni uomini di spingerle all'aborto, lavandosene le mani (e agli sfruttatori di prostitute straniere minorenni di costringerle ad abortire per riprendere il loro lavoro.); dopo l'aborto sa offrire solo contraccettivi perché non succeda più (si veda la relazione del Ministro della Salute di quest'anno); nasconde, occulta, tace, copre il bambino; rinomina l'aborto "interruzione della gravidanza"; impedisce di aiutare davvero le madri in difficoltà a scegliere per la vita; impone socialmente l'aborto eugenetico, aprendo la strada all'eutanasia eugenetica dei neonati. La legge 194 "ha fatto mentalità" ed impedisce - sempre di più - di "parlare dell'esperienza del materno". Chi combatte per rovesciare la legge 194 si fa carico di tutte le donne e di tutti i bambini. Solo dicendo tutta la verità su questa legge possiamo davvero combattere l'aborto e salvare le madri e i loro bambini.

1 commento:

Anonymous ha detto...

Grazie per questo stupendo intervento che mette chiarezza su un fenomeno che riguarda tutti, nessuno escluso!