mercoledì 12 dicembre 2007

PERCHE' PREGARE




E papa Benedetto ha indicato la preghiera come scuola di speranza.

«L’uomo ha una bella missione: quella di pregare e di amare... Voi pregate e amate: e questo forma la felicità dell’uomo quaggiù» (Curato d’Ars).di mons. Tommaso Stenico

Il tempo dell’Avvento è tempo in cui la Chiesa domanda ai suoi figli una preghiera più intensa. Al Signore del tempo, al Signore che dona il tempo la madre Chiesa invita l’uomo a dare più tempo a Dio rivolgendosi a Lui con una preghiera più intensa, prolungata, privata e comunitaria


Scrive il Papa: “Un primo essenziale luogo di apprendimento della speranza è la preghiera. Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare. Se non c'è più nessuno che possa aiutarmi – dove si tratta di una necessità o di un'attesa che supera l'umana capacità di sperare – Egli può aiutarmi. Se sono relegato in estrema solitudine...; ma l'orante non è mai totalmente solo”.

Avviamoci verso il ricordo della prima venuta del Signore nel Natale, riflettendo insieme sul valor e il significato della preghiera.

Etimologicamente il termine preghiera/pregare deriva da precarius ed esprime la coscienza della condizione precaria che l'uomo assume attraverso il rapporto col suo Dio.
E' coscienza di una mancanza anche se ancora non tematizzata, è passaggio dell'esperienza creaturale, sempre caratterizzata da un rapporto asimmetrico, in cui l'indigenza sentita non deve però far venir meno la fiducia. Non rifiutare la propria condizione umana, riconoscere la propria precarietà, sostenere malgrado tutto che la vita ha un senso e conservare il desiderio di essa, riconoscere l'essere divino benevolo, attivo e potente: la preghiera riporta tutto a Dio, opera un salto e attua un rapporto nel quale l'uomo s'impegna e l'Altro viene riconosciuto.
La comunicazione con il soprannaturale può essere attuata tanto con il corpo che con la verbalizzazione, proprio perché l'uomo è essere unitario di corpo e di linguaggio e proprio perché le ambivalenze affettive sono universali e operano nei rapporti religiosi al pari che nei rapporti umani: qui va precisato che in occidente si risente di una certa separazione dualista fra corpo e linguaggio.
L'atto essenziale nel quale si manifesta la religione presenta l'uomo come colui che supplica, che alterna la riconoscenza, la proclamazione della gloria divina e la richiesta. Per essere intenzionale l'atteggiamento religioso si riferisce a Dio mirando a Lui più che possedendolo, nella fede Dio si concede in risposta all'assenso umano.
Lo psicologo, al corrente delle motivazioni che lavorano alle spalle delle intenzioni consce, si domanda se l'uomo non creda ad un Dio perché desidera che vi sia un dio che risponda alle sue suppliche, oppure proprio perché crede in un Dio gli rivolge le sue suppliche. Le statistiche dicono che sono le difficoltà che incitano al pensiero religioso mentre le esperienze positive della vita e del mondo non evocano spontaneamente il rivolgersi a Dio. Le situazioni frustranti, i pericoli più intensamente sentiti, fanno ricorrere a Dio, tuttavia è necessario che la volontà di vivere prevalga sull'angoscia poiché i sentimenti puramente negativi come la disperazione o la depressione non suscitano mai un movimento verso di Lui, anzi vi si oppongono sottraendo la forza necessaria. In questo ambito si riscontra che la preghiera personale aumenta in relazione all'intensità dello sconforto mentre la partecipazione al culto diminuisce proporzionalmente all'intensità della crisi.
La credenza nell'efficacia materiale diretta della preghiera diminuisce anche con l'età. Se colui che prega è convinto che l'esaudimento della propria preghiera dipenda dalla perfezione di questa, si può dire che egli attribuisce alla preghiera una forza coercitiva e che concepisce Dio come una potenza "mezzo personale-mezzo diffusa", che le preghiere possono piegare e curvare a seconda della loro intensità (verbalismo). Laddove la preghiera si realizzi in chiave feticistica, autistica, di appagamento immediato di bisogni, si connota anche di elementi compensativi e infine la dipendenza timorosa nei confronti del “Padre protettore” alimenta un atteggiamento servile e diffidente verso le imprese umane e l'uomo resterà incapace di assumere responsabilità ed iniziative.
Dove invece la preghiera si colloca come ricerca, tensione verso una vicinanza, contatto con il Divino, facilita quell'abbandono fiducioso e quel continuo rilancio di immaginazione, affettività, intuizione, che aprono alla creatività e all'amore. Ciò che è significativo qui, dal punto di vista psicologico, è l'ampiezza dei temi ripresi nella preghiera. Ad esempio la preghiera biblica: con essa, come un esercizio, la pratica sviluppa la capacità di pregare ed il pregare ha il fine di sviluppare la religione come vita di rapporto; nei mistici la preghiera di richiesta si trasforma in desiderio di Dio.


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Quando preghi, tu non preghi per cambiare ciò che Dio ha deciso, ma per ottenere ciò che egli desidera compiere per mezzo delle tue preghiere: Il Dio di Gesù Cristo attende la collaborazione del suo popolo per realizzare ciò che egli vuole.
Scriveva S. Paolo nella 1a Lettera ai cristiani della città di Tessalonica: «Pregate continuamente e in ogni circostanza ringraziate il Signore. Dio vuole che voi facciate così, vivendo uniti a Gesù Cristo» (5,17-19). Ognuno di noi è stato creato essenzialmente per adorare Dio e per vivere in comunione con i nostri fratelli uomini: il fine per il quale ogni uomo nasce è di «amare e far amare Dio, di conoscere e far conoscere Dio», cioè rendere culto a Dio. Pregare vuol dire prendere parte a ciò che Dio sta compiendo nel mondo. Quando io prego, Dio compie qualche cosa che diversamente lui non farebbe.
Infilare la preghiera nella vita di ogni giorno vuol dire infilare la chiave giusta nella serratura che ti apre le porte del cielo. «Chi prega si salva; chi non prega si danna» diceva S. Alfonso.

Diceva il Curato d’Ars: «Un’anima che possiede lo Spirito Santo non si annoia mai della presenza di Dio; ecco perché dal suo cuore emana quasi un alito di amore».
Dio non sa meglio di noi ciò di cui abbiamo bisogno? Ascoltate la risposta di Gerson: «Dio sa meglio di noi ciò di cui abbiamo bisogno, e proprio per questo che egli vuole che glielo chiediate; poiché Dio è lui stesso il vostro primo bisogno, e pregare Dio è già possedere Dio». «Noi crediamo molto spesso che Dio non ascolti le nostre richieste e domande. Ma siamo noi invece che non ascoltiamo le sue risposte» (Mauriac).

Solo chi sa che il Padre celeste pensa e provvede a lui, non ha bisogno d’essere preoccupato per la propria esistenza.
La preghiera è un atto di fiducioso amore, uno scambio di amore. Solo l’amore prega. Non si prega quando non si ama. Quando si ama, si vorrebbe parlare sempre con la persona amata o almeno guardarla e contemplarla in continuità. La preghiera è la stessa cosa dell’amore: è un appuntamento di amore con Dio.

«Lo scopo della preghiera - scriveva S. Agostino - forse non consiste tanto nell’ottenere ciò che domandiamo, quanto nel diventare altri (cioè di convertirci e di cambiare vita). Sarebbe persino il caso di dire che domandare qualcosa a Dio ci trasforma a poco a poco in persone capaci di fare a meno, talvolta, di ciò che domandiamo».

Ognuno di noi ha bisogno di pregare, come il nostro corpo ha bisogno di ossigeno.
Coloro che pregano fanno per la società e per il mondo molto più di quelli che si prodigano nell’azione e molto più di quelli che combattono. Se noi non preghiamo siamo responsabili di tutto il bene che avremmo potuto fare con la preghiera e che non abbiamo fatto. Poiché la preghiera è l’onnipotenza di Dio messa a nostra disposizione.
La preghiera sprigiona in noi la luce e la gloria del Cristo Risorto, che è stata deposta e immessa in noi fin dal battesimo e avvampa e può irradiare tutto il mondo. L’uomo in stato di preghiera viene trasfigurato dalla gloria del Cristo Risorto: il mondo intero diventa per lui una chiesa. Il contadino nel campo, l’operaio in fabbrica, il professore che insegna, la commessa nel negozio, quando pregano interiormente vengono purificati dalla preghiera; e la materia che toccano e maneggiano diventa una «nuova creatura» tutta tesa alla gloria del Signore.

«La preghiera mi ha afferrato e continua ad occuparmi - disse un giovane fisico atomico della Romania. - Da anni la preghiera era nel mio cuore e io non lo sapevo. Era come una sorgente d’acqua otturata da una pietra. Gesù venne in me e tolse la pietra. Da allora l’acqua dello Spirito Santo continua a scorrere in me, ogni volta che io prego».

Gandhi, il padre dell’India moderna, era solito dire: «Io non sono un letterato e nemmeno uno scienziato; l’unico mio desiderio è di essere un uomo di preghiera. La preghiera ha salvato la mia vita».
«La preghiera è la forma più potente di energia che si possa suscitare quaggiù in terra», scrisse il premio Nobel per la medicina, il dottor Alexis Carrel.

L’uomo d’oggi dice spesso che non ha tempo di pregare. In realtà quando si mette a pregare, anche pochissimo, scopre che ha più tempo di quanto credeva: il tempo di salire una scala, di camminare per la strada, di prendere la metropolitana, eccetera.
I cristiani orientali dicono che, in definitiva, vi è un solo peccato: quello di non pregare, cioè di non essere più sensibili al Cristo Risorto, di non attendere e di non rispondere più a Gesù che continuamente bussa alla porta del nostro cuore: «Ecco, - dice Gesù nell’Apocalisse - che io sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io entrerò da lui per fare cena, io con lui e lui con me» (Ap 3,20).
Pregare vuol dire agire. Agire non soltanto su poche unità di persone, ma sulla totalità degli uomini. Pregare vuol dire agire su Dio e, attraverso Lui, agire su tutto l’universo.
Colui che prega è un individuo sveglio e attento ai segni dei tempi. Con la preghiera si colloca ai confini del tempo e dell’eternità per attendere il ritorno glorioso di Gesù. Egli lascia risuonare nel suo cuore il lamento di Gesù: «Non potete pregare un poco con me?». «Vegliate e pregate».
Chi prega è un individuo che attende pazientemente, in silenzio, che il Volto bellissimo e amorevole di Dio splenda su di lui e si riveli agli occhi del suo cuore. Il pregare diventa allora una lunga attesa di raccoglimento, pervaso da un intenso desiderio di vedere il volto del Padre che è nei cieli.




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