venerdì 14 dicembre 2007

SE LA CHIESA SI RIALZA DAVANTI AL MONDO


La seconda enciclica di Papa Benedetto XVI, Spe Salvi, giunge in un momento in cui si fanno sempre più forti le sortite in difesa della dignità dell'uomo contro la deriva relativistica dell'Onu e ancor prima contro il riconoscimento, da parte di Amnesty, del «diritto» all'aborto.

E' qui un punto centrale dell'enciclica ed è qui che si riassume la proposta culturale del Papa: egli ci invita a far penetrare la linfa vitale di Cristo nelle realtà del mondo affinché il cristianesimo, diventando «performativo», possa arrivare a guarire il mondo.

Società - gio 13 dic
di Amedeo Costabile
Questi tre passaggi sono abbastanza emblematici e confermano un dato molto significativo: è terminato quello che Maritain chiamava l'inginocchiamento della Chiesa dinanzi al mondo, e nello stesso tempo, al di là di ogni intento post-modernistico o tardo-modernistico, la Chiesa stessa dichiara giunto «il giorno del giudizio della grande apostasia moderna», secondo l'indovinata formula di Lord Acton. E, del resto, le polemiche roventi che sono seguite a questi tre passaggi costituiscono una chiara dimostrazione a contrario.

Questa età ormai alle spalle ha dimostrato abbondantemente, a giudizio del Papa, la menzogna delle speranze terrene ora chiamate Progresso (illuminismo), ora Politica (marxismo), ora Rivoluzione (francese). E così Benedetto XVI, in nome della speranza che non delude, riporta gli attributi della modernità quali la ragione e la libertà alla loro sorgente originaria, per realizzarli. Una sintesi nuova, quindi, e di alto interesse per il mondo: la Chiesa, nel momento in cui torna a parlare di «santità», di «croce» e di «inferno», si erge a baluardo della ragione e della dignità della persona umana. In breve, e per dirla più chiaramente, il Papa oppone al moderno la Cristianità come forma di civiltà pienamente umana. I laici farebbero bene a meditarvi.

Uno dei momenti più drammatici nella storia della Chiesa è stato - lo si è sovente ripetuto - il Concilio Vaticano II, in virtù di una lettura modernistica che i suoi contemporanei avevano elaborato. In esso si è voluto vedere l'incontro della Chiesa con la modernità mentre, in verità, il Concilio è stato un isolotto protetto dallo Spirito Santo in un momento in cui la tempesta trascinava alla deriva tutto ciò che trovava. L'incontro tra Chiesa e modernità invece non vi è mai stato, grazie soprattutto a Paolo VI e a Maritain che oggi, finito il dossettismo, possono dispiegare pienamente le loro ali di luce. Nessun incontro sarà mai possibile fra la modernità e il cristianesimo, quando la modernità sostituisce al Dio cristiano l'adorazione dell'Umanità. O forse, gli sfortunati ecclesiastici che non sono capaci di vedere la realtà dimenticano le parole di Saisset a proposito del mutamento spirituale in atto nell'Europa dell'Ottocento? «Feuerbach a Berlino, come Auguste Comte a Parigi, propone all'Europa cristiana l'adorazione di un nuovo dio, il genere umano».
Ecco la portata reale della modernità: vangelo di distruzione che, contrapponendo l'uomo a Dio, ha generato flagelli quali scientismo, comunismo, fascismo, nazismo, sotto i quali l'Europa ha creduto di morire. La modernità è uno spirito e con essa nessun dialogo è mai possibile, come ricordava recentemente, in maniera commovente, don Gianni Baget Bozzo ad Otto e mezzo. Si rassegnino Scalfari e i nostri illuministi d'antan e non si sorprendano del fatto che il Papa, nella sua enciclica, si rivolge principalmente all'Europa: è qui infatti che si decidono le sorti dell'umanità; è all'Europa che Benedetto XVI chiede di superare la modernità e il cristianesimo moderno; è all'Europa che egli chiede di tornare indietro sì, ma per andare avanti, perché se, come afferma Dostoevskij ne I demoni, «l'Occidente ha perduto Cristo ed è per questo che muore, unicamente per questo», significa che l'Occidente rivivrà a condizione di rialzarlo all'altezza della croce.

E' qui un punto centrale dell'enciclica ed è qui che si riassume la proposta culturale del Papa: egli ci invita a far penetrare la linfa vitale di Cristo nelle realtà del mondo affinché il cristianesimo, diventando «performativo», possa arrivare a guarire il mondo.

Si resta basiti quando si legge Rusconi affermare su La Stampa che Benedetto XVI, in quanto autorità religiosa, non avrebbe tutti i titoli per entrare nel dibattito sulla razionalità naturale. Come se la natura fosse indipendente, come se si creasse da sé. Come se l'evidenza più inesorabile di ogni uomo ragionevole non fosse che egli non si crea da se. Anche qui, lo strepitio di costoro, unito alla debolezza del loro pensiero, ci induce ad affermare come si stia producendo un grande rinnovamento dello spirito tendente a realizzare la speranza terrestre del Vangelo. Ogni dualismo fra natura e grazia appare ormai superato e come a Cana l'acqua si fa in vino. Nuovo umanesimo sì, ma dell'Incarnazione.

Nessun commento: