sabato 29 dicembre 2007

OMELIA CARDINAL SCOLA

«Il palpito di tenerezza che ora anima il nostro cuore -ha concluso Scola - come una vera scintilla di eternità è chiamato a generare rapporti nuovi, improntati all'amore come dono sincero di sé».

Basilica di San Marco multietnica per la tradizionale messa della notte di Natale presieduta dal patriarca Angelo Scola. Gremita all'inverosimile da gente di ogni nazionalità e colore e molte persone sono dovute rimanere fuori della basilica per motivi di sicurezza. Qualcuno ha anche protestato vivacemente.


A tutti il patriarca ha voluto portare un augurio, che è stato tradotto in quattro lingue: «Tutta la liturgia di questa notte santa - ha detto il patriarca -

è un inno di gioia e ciascuno di noi ne è in qualche modo contagiato, perché la gioia spalanca alla speranza e suscita una più intensa voglia di vita. Ma la letizia e la speranza nascono solo da un grande dono: "Oggi la verità è sbocciata dalla terra. Cristo è nato dalla nostra umanità" (Sant'Agostino)».

La liturgia natalizia, allietata dai canti della antica melodia patriarchina e polifonica eseguiti dalla Cappella Musicale Marciana, è stata spiegata in quattro lingue, inglese, francese, spagnolo e tedesco.

«L'Eterno è entrato nel tempo - ha detto il patriarca all'omelia -: la gioia del Santo Natale è l'espressione tangibile del dono della vita beata e del suo anticipo quaggiù. Nella parola pace è riassunto tutto il bene-essere dell'uomo nel rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio.

In questo bambino la nostra vita è posta al sicuro.

Fatica o affanno non sono più l'ultima parola del quotidiano mestiere di vivere, perché in questo Dio-Bambino ognuno di noi sa di essere al riparo dalla morte e dal male».

Questo oggi, in cui Dio nasce dalla nostra umanità, ha affermato ancora il cadinale, cambia il ritmo del tempo.

Ed è il ritmo a dare senso al tempo, a strapparlo al suo scorrere monotono. «Tutti gli uomini delle nostre terre - ha spiegato - e di quelle toccate dal cristianesimo percepiscono che il Natale interrompe il ritmo abituale del tempo per offrirci una sosta di pace e di riposo. E il tempo del riposo aiuta ad equilibrare gli affetti e il lavoro.

Per questo la Chiesa ci invita a rendere vere (santi-ficare) la domenica e le feste mettendo al centro l'esigenza di ogni uomo di rinnovare il senso ed il gusto del rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio.Il riposo possiede pertanto un'inestirpabile valenza personale e sociale. È rischioso sacrificare il riposo festivo ad un consumismo ossessivo».

Perciò la Chiesa esorta le autorità competenti a vigilare perché venga salvaguardata la dimensione sociale del riposo.

«Il palpito di tenerezza che ora anima il nostro cuore -ha concluso Scola - come una vera scintilla di eternità è chiamato a generare rapporti nuovi, improntati all'amore come dono sincero di sé».

Al termine della celebrazione il cardinale Scola si è intrattenuto con veneziani e turisti, scambiando un saluto con ognuno nella propria lingua.Chiesa gremita da veneziani e turisti anche per il solenne pontificale del giorno di Natale, presieduto invece dal patriarca emerito Cè alla presenza del cardinale Scola. Le cerimonie natalizie a San Marco si sono concluse nel pomeriggio con celebrazione dei Vespri solenni di Natale presieduti dal patriarca Scola e la tradizionale processione alla Madonna Nicopeia per invocare la protezione della città.

Daniela Ghio




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