venerdì 14 dicembre 2007

ROSETTA BRAMBILLA



Rosetta, la missionaria laica che ha trasformato
le favelas in modello di risanamento





Belo Horizonte - Quattro ragazzini ,con la camicia aperta e i calzoncini corti. La faccia giá segnata e insolente . Pochi metri più avanti due uomini su una macchina ferma a un angolo, a “sorvegliare”e a controllare il traffico di droga, crack soprattutto.I ragazzi guadagnano 100 reais al giorno, centomila lire, in un paese dove il salario minimo è di 180 reais al mese.

Siamo ai margini del quartiere “Primeiro de maio”, 50mila abitanti, un morto ammazzato al giorno, periferia nord di Belo Horizonte, terza città del Brasile. La strada dei giovani pusher sfocia in un grande spiazzo dove, con capitali olandesi, francesi e americani, è stato costruito un grande ipermercato. Sulle grandi insegne si legge: “lojas americanas”, negozi americani.

Le contraddizioni del Brasile restano identiche da decenni. Nello spazio di pochi metri, il degrado sociale e il supermercato , le favelas sulle colline e i grattacieli nella valle di fronte, la “vasca”per lo shopping di lusso nel centro della citta e i negozi di ogni tipo di merce nelle periferie. Qui, come si vive la globalizzazione ?

Una ragazzina di 16 anni, alla scuola municipale della favela Santa Maria, spiega: “Ne abbiamo sentito parlare tantissimo, ma nessun professore l’ha spiegata” La ragazzina, bella, mulatta, frequenta, il sabato mattina, un corso preparatorio che la porterà a diventare una studentessa lavoratrice: formazione professionale piu un lavoro. A consigliare e ad assistere lei e i suoi amici, tutti ragazzi che abitano nelle favelas (il 25 per cento della popolazione brasiliana vive in queste baracche) sono italiani e brasiliani dell’AVSI ( Associazione volontari per il servizio internazionale).

La storia dell AVSI parte da Belo Horizonte in Brasile. Nel 1964 ci arriva un sacerdore milanese, di porta Romana, Pierluigi Bernareggi. Nel 1974 si ferma Rosa Brambilla . Poi arrivano Livio e Anna Michelini. Oggi a dirigere l AVSI c ‘è Enrico Novara, un ingegnere. I Michelini sono tornati in Italia, don Pigi e la Rosetta abitano proprio nel “Primeiro de maio”. La storia di queste persone, quello che hanno realizzato e quello che continuano a fare, è un esempio su cui dovrebbero meditare in molti, quando si parla di “risolvere i problemi del mondo”.

Il sociologo Roland Robertson spiega la globalizazzione come una “compressione del mondo” o la “coscienza dell’unitarietà del mondo”. Piu brutalmente, il finanziere George Soros ha recentemente detto che la globalizzazione è soprattutto “spostamento di capitali in tutto il pianeta”. Non si è ancora capito bene che cosa della globalizzazione pensino Agnoletto, Casarini, Ramon Mantovani e Bertinotti. Ma tutti hanno una loro tesi , una loro spiegazione, un pò astratta, per difendere i “dannati della terra” dalla nuova svolta epocale portata dall’economia che corre alla velocità dell’elettronica. Forse dovrebbero ascoltare Rosetta Brambilla e i suoi amici.

Quando arriva a Belo Horizonte nel 1974, Rosetta lavora di notte all’ospedale come infermiera (il suo mestiere) e di giorno va a trovare le famiglie dei favelados. Nel suo “dna” culturale e umano c’è il concetto di carità che ha imparato da don Luigi Giussani: “Lo spettacolo della condivisione”come spesso dice il prete lombardo. Giussani non si è fermato alle immagini, ha spiegato: “Quando l’impegno con il bisogno non rimane pura occasione di reazione compassionevole, ma diventa carità, cioè coscienza di appartenenza a una unità più grande, imitazione nel tempo del mistero infinito delle misericordia di Dio, allora l’uomo diventa per l’ altro uomo compagno di cammino. Diventa un cittadino nuovo”.

Rosa Brambilla segue questo principio. Non protesta, non propone rivoluzioni, non va ad arringare i favelados, ma li aiuta direttamente nella favela, condivide la loro condizione. Spiega che, persino in una baracca, si può difendere la propria dignità di uomini, di persone. Si possono allargare le strade, dipingere le pareti, organizzarsi per curare i bambini, far arrivare la luce elettrica, il gas, l’acqua.

Rosetta e i suoi amici fotografano le favelas di Belo Horizonte dall’alto. Ridisegnano le stradine, coinvolgono i favelados. Quando si tenta un primo intervento di risanamento nella favela di Nossa Senhora Aparecida, quelli dell’AVSI vengono scambiati per dei matti o addirittura per gente che non vuole cancellare i luoghi della miseria. Da destra e da sinistra, la favela è dipinta come un problema. Loro rispondono, con un paradosso, che la favela “non è un problema, è una soluzione”. E i favelados scelgono Rosetta e i suoi amici. Spacciatori, delinquenti, prostitute, emarginati di ogni tipo si mettono a difendere le loro baracche , a renderle per quanto possibile piu confortevoli. Avviene il miracolo, talvolta capita. Dieci anni fa , nei mesi di pioggia, la favela si sgretolava, rotolava dalle colline. E’ storia passata. Oggi Nossa Senhora Aparecida è diventata un modello di risanamento adottato dal comune di Belo Horizonte e in tante altre città del Brasile.

In definitiva, si potrebbe dire, la carità cristiana batte tutti i piani regolatori con le ideologie annesse e connesse. Ma sarebbe troppo semplice liquidare i problemi con l’applicazione del principio della caritativa.

In realtà, da quell’esperienza di umanità, di condivisione dei problemi , nasce lentamente una autentica impresa, che non rinnega mai il suo punto di partenza, ma adotta tutti i parametri professionali necessari per affrontare la realtà del Brasile. In questi anni il paese è cresciuto, il suo Pil è l’ottavo nel mondo, ma nella graduatoria ONU dello sviluppo umano resta al sessantanovesimo posto. L’AVSI che si trasforma impresa ha bisogno di tecnici, ingegneri, medici, urbanisti, professionisti in ogni settore. Dopo il risanamento delle favelas, ecco i corsi di formazione professionale e di ricerca di lavoro per i ragazzi, poi i programmi di educazione infantile. La Rosetta si schernisce e dice: “Le cose vengono cosi, da sole. E inutile fare programmi”. Ma in realtà, lei e i suoi amici hanno creato un’opera funzionante, che ha un grande valore sociale ed economico.

Nella realtà di violenta modernizzazione brasiliana, Rosa Brambilla e quelli dell’AVSI cominciano ad aprire consultori medici, poi fondano asili . Enrico Novara spiega la difficolta dei rapporti con le autorita locali: “Vivi con donazioni. Quando il comune si accorge della bontà di un progetto, ti aiuta con un terzo del costo giornaliero per un bambino. Ma il fatto importante è che le autorità civili si sono accorti della bontà di questi progetti, della loro funzionalità”.

Oggi Rosetta Brambilla dirige tre asili: “Jardin felicidade”, “Dora Ribeiro”, Ëtelvina Caetano de Jesus”. In tutto sono 550 bambini, che vivono nelle favelas, con una madre sempre certa e un padre che, in Brasile, piu che incerto, è saltuario o sconosciuto. Le madri portano i bambini all’asilo e qui ci sono volontarie italiane, brasiliane che li fanno mangiare, li lavano, li accudiscono e alla sera li restituiscono alle madri. Sabato 11 agosto, proprio nell’asilo dove stazionano i giovani pusher della droga si è tenuta la “Festa del peso’: medici universitari guardano lo sviluppo dei piccoli, li pesano li misurano, danno consigli alle madri. Poi fanno una festa.

In tutti questi anni, Rosetta Brambilla ha sentito parlare di “teologia della liberazione”, di marxismo latino-americano, di castrismo, di guevarismo, di “terapia choc” capitalista e adesso di globalizzazione e di antiglobalizzazione. Lei insieme all’AVSI ha creato un’opera che funziona ed riconosciuta da tutti. Bisognerebbe fare un calcolo approssimativo di quante persone ha salvato la Rosetta in confronto ai “redentori ideologici”e ai pianificatori di tutto il mondo.


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