domenica 4 marzo 2007

ESISTE ANCORA LIBERTA' DI ESPRESSIONE IN UNIVERSITA'?



Riporto qui sotto piu' articoli.
Raccontano certi avvenimenti ,certi incontri scontri.
Fortunatamente i nostri giovani non sono stati ancora del tutto anestetizzati.
Spetta a noi educatori(genitori)aiutarli,sostenerli e fornir loro ragioni,perche' possano essere testimoni nelle nostre universita'.
Si parla di embrioni cioe' di vita,si giudica un certo modo di usare la ragione.
Si parla della vera liberta' e soprattutto si cerca di ridare dignita' a tutti gli uomini.

..." Potremmo per esempio avere gli schizofrenici, i down, i malformati, ad occupare stadi leggermente inferiori a quello di un adulto considerato sano. E così via...."
Aiutiamo i nostri figli con serieta'; incominciando a spalancare le nostre scuole a tutti."solo attraverso una testimonianza vera educheremo i nostri figli a stare di fronte alla realta'"

" MARIA FA CHE NESSUNO SI ALLONTANI...." aiutaci a non essere noi pietra dello scandalo


Contestualizzo velocemente: mercoledì 31 gennaio, da noi, nella Facoltà di Farmacia la prof. Cattaneo ha organizzato un convegno sulle cellule staminali in cui, oltre ad aver dichiarato di utilizzare le embrionali per le sue ricerche (questo grazie a un buco clamoroso nella legge 40), insieme ad altri ricercatori, ha presentato i dati dei suoi studi. A questo convegno hanno partecipato anche il Professor Demetrio Neri (docente di bioetica all' università di Messina, ma che l'etica non sa neanche cosa sia) e Monsignor Calipari (membro della Pontificia Accademia Pro Vita) che hanno tenuto entrambi una lezione di bioetica. Il dibattito è stato molto intenso, segno che il tema è ancora caldo.

Non mi dilungherò molto, anche perché la lettera che abbiamo scritto è molto chiara; dico soltanto che il professor Neri ha tenuto tutta una lezione di bioetica, usando una serie di teorie in difesa della ricerca sulle cellule staminali senza mai però accennare neanche lontanamente al vero punto, cioè: l'embrione è vita o no?! Sinonimo questo di un uso ideologico della ragione. Non si può parlare di embrioni evitando la domanda sulla vita. Fortunatamente c'era Monsignor Calipari che ha portato l'attenzione sul vero punto e ha difeso in maniera veramente LAICA la nostra posizione, proprio perché questo tema non ha bisogno di una risposta confessionale.

Noi che eravamo presenti ci siamo sentiti in dovere di dire qualcosa e lo abbiamo fatto scrivendo e portando personalmente la lettera alla prof. Cattaneo (l'abbiamo anche volantinata nei nostri istituti facendo incazzare tantissimo i professori). I nomi che vedrete scritti in fondo alla lettera sono i nostri e vi chiediamo di leggere, sottoscrivere con noi e far girare il più possibile questa lettera, proprio perché possa avere una risonanza e un'importanza maggiore. Vi chiedo di girarla in particolare (non solo) a persone che lavorano nell'ambiente accademico e della ricerca: professori, ricercatori, borsisti e studenti di qualunque facoltà (anche umanistiche).

La mail a cui sottoscrivere è lettera.aperta@gmail.com , vi chiedo, nel caso aderiste, di specificare una vostra qualifica o titolo, io ad esempio ho messo rappresentante degli studenti, altri hanno messo studente.

Sono sempre disponibile per eventuali chiarimenti.

Ciao

Zio pedro



LETTERA AD UNA PROFESSORESSA Lettera aperta alla Professoressa Cattaneo Siamo studenti presso le Facoltà scientifiche di questo Ateneo. Ci appassiona la possibilità di approfondire la conoscenza della realtà che ci circonda, in tutti i suoi aspetti. Anche per noi, at-traverso lo studio, fare scienza è in qualche modo il nostro lavoro quotidiano. Per molti di noi una delle più alte aspirazioni è poter diventare ricercatori, per contribuire al suo sviluppo. La scienza nella nostra epoca si è dimostrata uno dei rami più fertili della conoscenza umana e più decisivi nel-lo sviluppo di una comunità. Non si può rimanere indifferenti quando nel giro di qualche decennio il metodo scientifico ci ha consentito di aprire finestre su problemi che, non molto tempo fa in fon-do, sembravano fuori dalla nostra capacità intellettiva. Come è possibile non stupirsi di fronte alla decifrazione del codice del genoma umano? O come, per fare un esempio, non entusiasmarsi di fronte alla possibilità di fare affermazioni sensate sui primissimi istanti dell’universo? Il potere e le potenzialità della scienza ci appaiono oggi come grandissime evidenze. Ma dentro questa grande avventura di conoscenza, siamo proprio sicuri che il fine giustifichi i mezzi? Ci sembra che ogni se-rio impegno di ricerca metta in gioco due attori protagonisti: la nostra domanda, la nostra sete dicapire e la realtà. C’è qualcosa che sta più in profondità di qualsiasi brevettabilità futura, che è più originale di qualunque possibile applicazione, pur importante che sia: è l’oggetto del nostro studio, che detta sempre il metodo al nostro lavoro. Per questo siamo usciti molto preoccupati, forse ancheun po’ sconcertati, dal convegno pubblico che lei ha organizzato nella nostra Facoltà1. È possibile fare ricerca, senza porsi la domanda principale: che cosa ho di fronte? Nella fattispecie: che cosa è l’embrione? È vita umana?Lei ha proposto di delegare la risposta a tali domande alla coscienza del singolo, alle confes-sioni religiose, lasciando intendere che non sia possibile affermare niente di certo su un tema comequesto. Ma se anche così fosse, se non fossimo sicuri che una certa realtà sia "essere umano", non sarebbe comunque più ragionevole rimanere prudenti? Forse ha fatto parlare dei preti (che se lei ha notato hanno difeso più la ragione che il catechismo) perché i “laici” invitati davano risposte fran-camente impresentabili, come quella dell’“etica a stadi”. Ci inquieta profondamente questa teoria, che è stata proposta dal prof. Demetrio Neri, docente di Bioetica all’Università di Messina, secondo la quale dovremmo creare diversi livelli o “stadi” di valore nelle espressioni della vita umana, in particolare, assegnando un livello più basso alla persona non ancora completamente sviluppata (embrioni e feti) rispetto al livello umano vero e proprio. Ma questo non equivale a formulare una 1“Le cellule staminali embrionali umane” organizzato da UniStem, centro di ricerca interdipartimentale fondato nel nostro Ateneo, e svoltosi presso l’Aula A della facoltà di Farmacia il 31/01/2007
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scala di dignità basata sulle potenzialità che essa può raggiungere? Potremmo per esempio avere gli schizofrenici, i down, i malformati, ad occupare stadi leggermente inferiori a quello di un adulto considerato sano. E così via. Avremmo così giustificato, grazie alla teoria del prof. Neri, una classi-ficazione degli esseri umani che ci risveglia sinistri ricordi. Ancor più ci sconcerta l’affermazione, emersa durante il convegno, che “è giusto usare embrioni umani, così salveremo la vita a molti a-nimali che oggi dobbiamo sacrificare alla ricerca.” È questo il massimo sforzo conoscitivo che un gruppo all’avanguardia del nostro ateneo può o vuole produrre per “difendere” la legittimità dellapropria ricerca?Sono esempi di un errore in cui possiamo cadere, ma che dobbiamo combattere. Crediamoche ci sia un problema di metodo, che consiste in un uso troppo ristretto della ragione, come se essasi arrestasse non appena entrano in gioco questioni che non possono essere decise in base al metodo scientifico. Così ci atteggiamo a intransigenti ricercatori, giustamente rigorosi, quando si parla diDNA, codice genetico, cellule toti-potenti, mentre lasciamo campo libero alle più svariate interpre-tazioni su problemi come la vita e l’etica. Nelle questioni più decisive, che ci interessano di più co-me uomini, riponiamo l’arma della ragione nel fodero. Ma non abbiamo bisogno di attendere ulte-riori progressi della ricerca scientifica, ulteriori esperimenti o dimostrazioni, per stabilire che, se un embrione non viene soppresso, si mostrerà come quell’individuo umano che è fin dall’inizio, e non ne verrà fuori un elefante o un topolino. Qui si tratta di un uso elementare, e anche più ampio, della ragione senza del quale siamo destinati ad essere prede della dittatura delle interpretazioni su tutti i temi più importanti dell’esistenza umana. Non vogliamo essere bambini che pretendono di provare tutto, accettando di farsi trascinare via dai mille venti ideologici che ci circondano. Vogliamo essere uomini che non rinunciano a scegliere, usando fino in fondo la propria capacità di giudizio. Michele Benetti –Presidente della Conferenza degli studenti dell’Università degli Studi di Milano Enrico Toso –Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Scienze matematiche,fisiche e naturali Beatrice Bignami - Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Medicina Veterinaria Daniele Cosi - Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Farmacia Riccardo Branca –Studente della Facoltà di Farmacia Agnese Taboni –Studente della Facoltà di Farmacia Alessandro Carabelli - Studente della Facoltà di Farmacia Maddalena Nizzola - Studente della Facoltà di Farmacia Per adesioni o commenti:lettera.aperta@gmail.com

Esiste ancora libertà di espressione in università?

“Atto grave”. “Volantinaggio abusivo”. “Toni duri”. “Scontro fra Cl e prof ”. “I ciellini attaccano i professori”. Che cos’è successo realmente nel nostro Ateneo? Siamo di fronte a qualcosa di cui preoccuparci? Non possiamo credere ai nostri occhi. Qualcuno, in università e dalle colonne di un giornale, ha voluto dare questa interpretazione dei fatti accaduti dopo la diffusione della nostra «Lettera ad una professoressa». Non vogliamo rassegnarci, come non si è rassegnato il Magnifico Rettore prof. Decleva, intervenuto ieri sul quotidiano Avvenire, a pensare di essere in un Ateneo che non tollera più il dibattito, soprattutto sui grandi temi della nostra epoca. «L’università deve garantire la massima libertà di espressione a tutti – ha dichiarato il Rettore –: gli atenei sono per loro natura e vocazione luoghi di confronto, nel rispetto reciproco».
Si vuole forse sottoporre il pensiero a un regime di libertà vigilata? Professori e studenti hanno idee diverse, anche diametralmente opposte, riguardo all’argomento della nostra lettera: l’uso di embrioni umani, e la conseguente distruzione di essi, a scopo di ricerca. Non tutti, è ovvio, la pensano come noi. Ma siamo certi che non ci sia nessuno che non consideri la vita umana, il suo valore, come uno dei temi obbligati del nostro presente, su cui una comunità scientifica è chiamata a riflettere senza pregiudizi, assumendosi il compito di interrogarsi e di dare ragionevoli risposte. Perché, allora, una legittima presa di posizione, per quanto non condivisa, o anche di minoranza, deve diventare automaticamente una “fastidiosa ragazzata”, o addirittura un atto di violenza? Alla fine viene da chiedersi: si vuole che in università vi siano studenti che discutono o dei passivi ricettori di dogmi? Ad un giudizio, cioè ad una posizione argomentata, si deve rispondere infatti con un altro giudizio, accettando la sfida lanciata dall’opinione contraria, non con gratuiti anatemi o appellandosi a dei presunti confini del dibattito, come se si dovesse pronunciarsi solo nel chiuso di un’aula di convegno. Occorre libertà di pensiero e di espressione per formare soggetti consapevoli e critici e per progredire insieme nella conoscenza. Ma non è questo che anche i professori vogliono, ciò per cui lavorano? Per avere degli uomini che dicono «signorsì» non c’è alcun bisogno di un’università. Per questo intendiamo proporre al più presto un incontro pubblico con scienziati di orientamenti diversi, presso l’Auditorium di via Clericetti, dal titolo: «Se questo è un uomo. Riflessioni sull’uso di embrioni umani a scopo di ricerca scientifica». È una occasione per la nostra Università. Quando è nata quella che si chiamava Universitas, davanti ai gravi problemi che interpellavano le coscienze si indicevano delle dispute fra le tesi contrapposte, e si rispondeva nel merito, senza scandalizzarsi che vi fossero pensieri diversi, anzi!
Michele Benetti – Presidente della Conferenza degli studenti dell’Università degli Studi di Milano
Enrico Toso – Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali
Beatrice Bignami – Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Medicina Veterinaria
Daniele Cosi – Rappresentante del Consiglio di Facoltà di Farmacia
Riccardo Branca – Studente della Facoltà di Farmacia
Agnese Taboni – Studente della Facoltà di Farmacia
Alessandro Carabelli – Studente della Facoltà di Farmacia
Maddalena Nizzola – Studente della Facoltà di Farmacia

Per adesioni o commenti: lettera.aperta@gmail.com


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