domenica 11 marzo 2007

SIAMO DIVENTATI COSI' CINICI DA NON ACCORGERCI PIU' DEI DELITTI CHE SI COMPIONO?


Senza più ipocrisia medici allo scoperto
Nel tradimento della 194
AVVENIRE 10 MARZO 2007
"Siamo diventati così cinici da non accorgerci più dei delitti che si compiono sotto i nostri occhi e con il nostro - magari passivo - consenso? Siamo ormai incapaci di capire la deriva morale in atto nelle nostre società e nelle nostre coscienze?"
"Siamo diventati così cinici da non accorgerci più dei delitti che si compiono?"(Lucetta Scaraffia)
La morte del neonato di Careggi - e i casi analoghi affiorati sui media in questi giorni - hanno mostrato che nella nostra società è avvenuta una sorta di decomposizione morale. Nessuno sembra accorgersi, e di conseguenza indignarsi, che in questi casi, in sostanza, si tratta di omicidio, nel senso corrente della uccisione di un essere umano vivente, sia pure, forse, imperfetto. E di un delitto ancora più grave perché perpetrato nei confronti di una creatura totalmente indifesa.Anche quanti hanno sempre sostenuto che l'aborto non è omicidio perché il feto non sarebbe una persona, oggi, davanti a questi casi - forse non così rari, se i medici invocano una "liberatoria" - dovrebbero interrogarsi: negare le cure a un neonato vivente, sia pure frutto di un aborto, non costituisce forse un omicidio? Certo, un neonato prematuro può vivere solo se assistito con i mezzi straordinari di cui oggi la medicina dispone, e che spesso lo possono salvare, grazie alla forza vitale di cui questi piccoli danno prova in numerosi casi.
Ma si può definire accanimento terapeutico cercare di evitare la morte di un neonato vivo? Abbandonarlo alla morte, anche se il parto era rientrato nella categoria di aborto terapeutico, non è di fatto un omicidio? O forse vogliamo estendere anche ai neonati la definizione di non-essere umano che ormai si tende ad applicare a embrioni e feti? È evidente che il disprezzo della vita, quando viene accolto anche in un solo caso, si estende poi senza limiti: dall'embrione al neonato che, in quanto oggetto di aborto, non è un figlio accettato, e quindi è destinato a morire.
Fino a oggi sembrava che il problema morale consistesse nel definire il momento di inizio della vita, prima del quale l'embrione o il feto si potevano considerare privi della dignità che la nostra società riconosce alla vita umana. Oggi risulta evidente invece che l'unica cosa che conta è l'accettazione dei genitori, in particolare della donna, e non l'età del feto. Lo sa bene la povera madre di Firenze, sulla quale i medici stanno scaricando tutte le responsabilità di una cattiva applicazione della 194: le donne hanno voluto essere le sole a decidere, con la loro parola, se un bambino poteva nascere, se era un essere umano o materiale di scarto? Allora, siano adesso le sole a pagare le conseguenze di un disprezzo della vita e di una cultura eugenetica di cui in realtà esse sono spesso solo passive ripetitrici.
E fa spavento pensare che davanti a questo dramma, a questa terribile messa sotto accusa dell'aborto - che è apparso a tutti senza i veli ipocriti di cui abitualmente viene ammantato - ci siano medici che si limitano, come Silvio Viale, a proporre una revisione della 194 per evitare altri casi imbarazzanti; o come Giovanna Scassellati (Ospedale San Camillo, Roma), che propone un modo sbrigativo per risolvere la questione, liberando i medici da ogni responsabilità: far firmare ai genitori che si sottopongono a un aborto terapeutico tardivo la dichiarazione di morte, comunque sia, per il neonato.
Nessuno che si ponga domande, a parte il fastidio che la Scassellati dichiara di sentire nei confronti delle parole di Benedetto XVI in difesa di ogni forma di vita, che tuttavia le rendono più difficile praticare aborti: «Anche i non obiettori hanno sentimenti», ammette, e «oggi ho dei cedimenti». Siamo diventati così cinici da non accorgerci più dei delitti che si compiono sotto i nostri occhi e con il nostro - magari passivo - consenso? Siamo ormai incapaci di capire la deriva morale in atto nelle nostre società e nelle nostre coscienze?


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