lunedì 12 marzo 2007

COMUNICATO STAMPA (associazione scienza e vita)


.Varese, 5 marzo 2007

Come, perché e dove gli studenti della Statale hanno ragione
L’Associazione Scienza e Vita interviene nel dibattito che rilancia il tema del rapporto tra scienza ed etica.


L’Associazione Scienza e Vita – Gruppo locale di Varese - esprime di seguito il suo
giudizio circa i fatti accaduti all’Università Statale di Milano. All’indomani di un convegno sulle cellule staminali embrionali umane, alcuni studenti hanno chiesto in una lettera aperta alla docente coordinatrice del convegno e vicepresidente del Comitato Etico Nazionale Elena Cattaneo, se l’embrione è vita umana. La domanda ha suscitato la polemica della docente e la reazione di molti professori e studenti aprendo un dibattito “fondamentale” sul tema del rapporto tra scienza e vita.



1. Come: il metodo è imposto dall’oggetto.

Gli scienziati sono i primi a insegnarlo: per conoscere un aspetto della realtà dobbiamo usare il metodo più
adeguato ad essa, ovvero è l’oggetto da conoscere che ci detta come farlo.
Nella fattispecie delle domande poste dagli studenti, ci sembra metodologicamente corretto chiedersi “se è possibile fare ricerca senza porsi la domanda principale: "che cosa ho di fronte?” Considerato che di fronte c’è l’embrione umano, è lecito anche chiedersi se questa è vita.
La risposta è dovuta. Peccato che sia stata eclissata con il bollo di “ragazzata” fuori luogo, abusiva e strumentale. E’ antiscientifico non rispondere – con arroganza – di fronte a un interrogativo. Siamo d’accordo con gli studenti: al fondo c’è un problema di metodo: una ragione che si accontenta di misurare la realtà, eliminando i fattori non razionalmente definibili, risulta ridotta, de-ficiente, facilmente alienabile e ultimamente non libera. E disumana.

2. Perché: il fine giustifica i mezzi?

Ben lungi da essere inopportune, forzate, improprie e offensive, - tutti aggettivi usati dalla professoressa in risposta alla lettera aperta - le domande degli studenti pongono nel corretto punto di vista la questione fondamentale del rapporto tra scienza ed etica: la scienza deve rendere conto all’uomo o solo a se stessa? E’
corretto chiedersi, da scienziati, se la vita degli embrioni ha un valore? Se la scienza non deve porsi domande sul valore della vita perché riguardano la sfera dell’etica e non della ricerca, il fine - il più nobile come quello
di curare altre vite - giustifica la necessità di sopprimerne altre. Il professor Angelo Vescovi della Fondazione San Raffaele, professore di Biologia cellulare all’Università Milano Bicocca ha detto che “una scienza che nasce per proteggere la vita umana e che in nome del futuro debba pensare a distruggerla”, non fa per lui.
Anche noi, uomini-scienziati-medici-professori-operai-impiegati-casalinghe che non vogliamo “riporre l’arma della ragione nel fodero”, riteniamo che la vita non possa mai essere sopraffatta e distrutta.

3. Dove: l’evidenza della realtà.

“Non abbiamo bisogno di ulteriori progressi della ricerca scientifica per stabilire che, se un embrione non viene soppresso, si mostrerà come quell’individuo umano che è fin dall’inizio e non ne verrà fuori un elefante o un topolino”. L’embrione è uno stadio della vita umana e la vita umana nasce all’atto della fecondazione: se
ciò non risulta già di per sé (e anche la scienza lo ha dimostrato) occorre almeno accettarne l’eventualità e rimanere prudenti. Ecco dove gli studenti hanno ragione. Mai sottomettere nulla all’evidenza del reale: è il primo ineluttabile passo per un suo uso adeguato. E mai eliminare dalle categorie della ragione la più importante: quella della possibilità.
In conclusione, ringraziamo gli studenti e i professori, per averci offerto l’occasione di riflettere su domande che hanno tutta la dignità di essere poste alla comunità scientifica e alla società, augurando loro di continuare a “criticare” tutta la realtà con la “potente arma” della libera ragione umana.

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