giovedì 1 marzo 2007

RATZINGER,LA BATTAGLIA ALLA VITA


Così il pastore filosofo Ratzinger resiste sulla trincea della difesa dell’umano
IL FOGLIO 27 febbraio 2007

Addirittura, secondo alcuni, la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione”. Il Papa dice che “gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme”.


Così il pastore filosofo Ratzinger resiste sulla trincea della difesa dell’umano
IL FOGLIO 27 febbraio 2007
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Roma. Incurante di sarcasmi e anatemi di chi lo vorrebbe, se non proprio silenzioso, quanto meno concentrato innocuamente su asettiche questioni dogmatiche, Papa Benedetto XVI continua a dimostrare che volgere gli occhi al cielo non significa rifiutarsi di vedere ciò che avviene sulla terra. E sulla terra – lo conferma la cronaca quotidiana, proprio in queste ore, tra lo sdoganamento inglese della vendita di ovociti e il “miglioramento” genetico di embrioni – è in atto un tentativo senza precedenti di ridisegnare il senso stesso del termine “umano”.
Se quel tentativo passa nell’indifferenza o nell’inconsapevolezza generale, rubricato sotto il confortante titolo di “progresso scientifico che si autogiustifica in nome della felicità e della salute per tutti”, questo Papa ritiene invece sia suo preciso compito smascherarlo per quello che è. Lo va facendo da tempo, in ogni possibile occasione pubblica. Dei suoi appelli c’è chi si lamenta, come se quel battere reiterato su certi tasti (famiglia, origine, fine e manipolazione della vita, eugenetica) significasse scarsità di altri argomenti. Ma i punti richiamati dal Papa appaiono, a chi ha occhi per vedere, decisivi per il presente e il futuro degli esseri umani. Anche sabato, rivolgendosi ai congressisti chiamati da ogni parte del mondo e dalla Pontificia Accademia Pro Vita a discutere di obiezione di coscienza, il Papa ha ricordato che il diritto alla vita, “fondamentale in ordine agli altri diritti umani”, va difeso contando “su motivazioni che hanno profonde radici nella legge naturale e che possono quindi essere condivise da ogni persona di retta coscienza”.
Non ha paura, il Pontefice, di chiamare a raccolta credenti e non credenti. I suoi argomenti volano alto e non lasciano spazio a piccine dietrologie politicanti. La trincea della difesa dell’umano, al centro della sua azione pastorale, non riguarda solo chi ha fede ma anche, come dice con espressione faticosa ma efficace il filosofo tedesco Jürgen Habermas, tutti coloro che sanno cos’è l’“adeguata autocomprensione etica” del genere umano. Tutti coloro che, cioè, sanno riconoscere l’umano dove si manifesta. Operazione sempre più difficile, perché, dice Ratzinger, “nell’attuale fase della secolarizzazione chiamata post moderna e segnata da discutibili forme di tolleranza, non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità, ci si allontana dal gusto della riflessione. Addirittura, secondo alcuni, la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione”. Il Papa dice che “gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme”. Non ci sono solo l’aborto (anche nella variante del “ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva”), le “politiche del controllo demografico”, la promozione di “leggi per legalizzare l’eutanasia” e le “spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale”. L’attacco all’umano oggi assume anche la forma della “ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del ‘figlio perfetto’, con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria trova consensi in nome del presunto benessere degli individui”.
la battaglia della vita
Londra supera ogni confine alla ricerca del “golden embryo”. “E’ la via degli abusi genetici”
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Roma. “Riusciranno gli illuminati Bellerofonti a prevalere sulle loro chimere?”, chiedeva qualche anno fa il biologo americano Ward Kischer, guardando alle ultime conquiste della frontiera inglese. La Gran Bretagna è il primo paese europeo ad aver introdutto l’aborto legale, in cui è nata la prima bambina fecondata in vitro e dove la sperimentazione umana progredisce a ritmo faustiano. Patria del pragmatismo scientista che ha dato i natali a Bacone, Galton, Darwin, Malthus e alla dinastia Huxley, l’Inghilterra ha ospitato i primi casi di inseminazione artificiale addirittura negli anni Trenta, seppure clandestinamente. E dal 1973 il servizio di fecondazione artificiale è rimborsato dal governo. Il governo Blair, assicurano per motivi opposti fautori e detrattori della manipolazione embrionale, accoglierà anche l’ultima iniziativa che giunge dai castelli della genetica anglosassone. Ieri il Daily Telegraph rivelava che sarà forse possibile intervenire su un figlio appena concepito, “migliorandone intelligenza e aspetto”. L’Inghilterra diverrebbe il primo paese al mondo a consentire il “perfezionamento” degli embrioni umani. Ricordiamo che non ha mai aderito al Protocollo del Consiglio d’Europa contro la clonazione e nel 2002 la Camera dei Lord diede via libera alla clonazione, altro primato. “Dicono che la manipolazione avverrà solo per ricerca”, spiega Josephine Quintavalle, direttrice del Comment on reproductive ethics, organo da sempre in lotta contro la ricerca sugli embrioni. “Ma qui tutto è iniziato con questa promessa, è il primo passo per usare la tecnica nella fecondazione. E’ molto probabile che il governo accetti anche questo passaggio, com’è successo con gli ibridi. Entro marzo avremo la nuova bozza di legge sulla riproduzione artificiale. Ci sono state 25 proposte di cambiamento di norme. Una di queste intende eliminare la considerazione che il bambino ha bisogno di un padre”. Non è sorpresa Helen Watt, direttrice del Linacre center for healthcare ethics. “Siamo avviati sulla strada degli abusi genetici contro l’embrione, materiale da laboratorio. Il governo Blair è da sempre a favore della ricerca che crea e distrugge l’embrione umano. Non si rende conto della posta in gioco”.
Scalzata dalle tigri asiatiche, l’Inghilterra nel 2006 è tornata a essere leader nell’avventurismo genetico. La Human fertilisation and embryology authority, massimo organo bioetico, ha dato il via libera alla prima banca dello sperma “specializzata” nell’inseminazione di coppie lesbiche, alla selezione embrionale per portatori del gene del cancro al colon e di quella degli embrioni femmina che un giorno potrebbero sviluppare un particolare tipo di cancro al seno. E’ stata poi la volta della diagnosi preimpianto, degli ibridi umano-animali, dell’embrione nato da materiale genetico da madri differenti, della selezione sessuale dei figli e del pagamento di 375 sterline per donazione di ovociti. “Giocano con la genetica umana, aspettiamoci un disastro dietro l’altro”, conclude Quintavalle. “Tutti i cowboy genetici ci citano come esempio di illuminismo”. “Padre” scientifico di Louise Brown, nel 1999 Bob Edwards annunciò che “presto sarà peccato per i genitori avere un figlio portatore dei tetri fardelli delle malattie genetiche”. Venticinque anni fa, forte della fama di benefattore delle coppie infertili, si era spinto anche a profetizzare che “dedicarsi alla fecondazione in vitro senza prevenire la nascita di bambini minorati è indifendibile”.

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