giovedì 8 marzo 2007

DISPREZZANO LA FAMIGLIA "MULINO BIANCO" E NE FANNO UNA UGUALE(MA CONTRO NATURA)


..."Il riconoscersi in una rete di parentela è l'unica forma di identità che l'uomo conosce dalla notte dei tempi. Il matrimonio è un'istituzione che riflette semplicemente questo dato di fatto. Ora si pretende di cambiare tutto questo con un tratto di penna legislativo, come se fosse uno scherzetto; come se i ruoli paterno e materno fossero una balla inventata dai reazionari".....

Disprezzano la 'famiglia Mulino Bianco' e ne fanno una uguale (ma contro natura)
Tempi num.9 del 01/03/2007
di Israel Giorgio

aNelle discussioni sul disegno di legge Dico, ogni tanto esce fuori qualcuno che, con un sorrisino supponente, ironizza sulle "famiglie del Mulino Bianco". Se però si parla delle coppie di fatto la solfa cambia. La faccia si ricompone in un atteggiamento serio che ammonisce a portare rispetto. E allora lo voglio dire chiaro e forte alla faccia del cretino di turno: la "famiglia del Mulino Bianco" mi piace, magari con altri biscotti, ma mi piace, e non c'è proprio niente da fare i sarcastici. La "famiglia del Mulino Bianco", magari con qualche strillo tra un biscotto e l'altro, è una delle cose che danno più senso alla vita; e non invidio chi non lo capisce.
Non mi piace affatto quel che c'è dietro questa snobistica puzza sotto il naso. Mi fa venire in mente una persona che difendeva la riforma di Zapatero - quella che abolisce padre e madre a favore dei "genitori A e B" - dicendo che si tratta di una conquista di giustizia e di uguaglianza che non mette in discussione la libertà di farsi chiamare papà e mamma in casa. Tante grazie per la generosità. In altri termini, la famiglia tradizionale viene trasformata in istituzione clandestina, da coltivare in casa: una sorta di marranismo familiare. Fate pure le parti di mamma e papà in casa, all'aperto siete genitore A e genitore B. Così, prima o poi verrà fuori qualcuno che, in nome del politicamente corretto, se sente per strada un bambino chiamare "mamma" una signora, la denuncerà per discriminazione razziale.
Scorre un fiume di ipocrisia attorno a questo ipocrita e mediocre disegno di legge, che elude la vera questione in gioco: l'introduzione del matrimonio omosessuale. Se così non fosse, qualsiasi problema relativo alle coppie di fatto potrebbe essere risolto per vie ordinarie e senza introdurre nuove forme giuridiche familiari. Qui non si è avuta la forza di porre apertamente la "vera" questione, ma si è dischiuso l'uscio. E allora occorre precisare un paio di cose. La prima è che in una società civile non può essere ammesso che si nutrano sentimenti di ostilità omofobica e di discriminazione sotto qualsiasi forma. La seconda è che non si vede perché chi ha fatto le sue scelte debba pretendere di inquadrarle entro un'istituzione che è per sua natura fondata sull'eterosessualità e finalizzata alla generazione e all'educazione di figli. Dilagano montagne di sciocchezze in merito: che gli animali praticano l'omosessualità o che gli antichi Romani praticavano largamente omosessualità e pederastia. E allora? Non risulta che gli antichi Romani pensassero che si possa essere figli altro che di un padre e di una madre, maschio e femmina. Quel che si omette di dire è che l'umanità ha costruito se stessa sulle strutture di parentela, ovvero sulla discendenza secondo la generazione naturale. Il riconoscersi in una rete di parentela è l'unica forma di identità che l'uomo conosce dalla notte dei tempi. Il matrimonio è un'istituzione che riflette semplicemente questo dato di fatto. Ora si pretende di cambiare tutto questo con un tratto di penna legislativo, come se fosse uno scherzetto; come se i ruoli paterno e materno fossero una balla inventata dai reazionari. Non è in discussione la sacrosanta richiesta di rispetto e di diritti, ma la pretesa di ottenerli scardinando la forma matrimoniale e la struttura di parentela naturale. E non si venga a tirar fuori la storia dei divorzi in aumento. Certo. Ma nessuno parla di quanti si risposano. Alla fin fine la famiglia resta l'obiettivo supremo, anche di chi fa il sarcastico. Chi disprezza compra.

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