mercoledì 14 marzo 2007

DON CAMISASCA ," L'ANTICLERICALE"


Libero 13 marzo 2007
di MARTINO CERVO



Libero 13 marzo 2007
di MARTINO CERVO
Don Massimo Camisasca guida un piccolo esercito. Centodue sacerdoti, quelli della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo, dal '99 riconosciuta a livello pontificio. Sono missionari, sparsi in 24 "case" e due seminari, uno a Roma e uno in Messico. Camisasca, già biografo di Comunione e Liberazione (di cui ha ripercorso la storia in tre fortunati volumi editi da San Paolo), racconta ora la vicenda della sua Fraternità in un volume in libreria da oggi per Piemme ("Il vento di Dio", 124 pp., 10 Euro) . A Libero il sacerdote parla in anteprima della sua ultima opera. Perché è nata la Fraternità san Carlo e perché, come scrive, fare il missionario non è un «anestetico» alla vita? «Io non desidero né per me, né per i miei amici né per nessun uomo una strada che faccia uscire dalla vita. Purtroppo oggi tanti miei compagni di viaggio (mi piace chiamare così gli uomini che vivono con me sulla terra) delusi, stanchi o soli cercano qualcosa che li faccia evadere dalla vita: la droga, lo stordimento, il sesso esasperato, la violenza. Non condanno nessuno: anch'io potrei essere così. Ma non c'è felicità nel rinunciare a vivere. Allora la domanda diventa: come vivere? Trovare un amico è trovare il tesoro più prezioso. È uno dei pochi proverbi non banali. La Fraternità San Carlo è fatta semplicemente dagli amici che Dio mi ha fatto trovare sulla mia strada e a cui mi accomuna, tra l'altro, la ricerca delle vie della vita». C'è un parallelo sorprendente tra la Fraternità e la famiglia. Lei scrive: «Nella lotta dell'educazione e della costruzione del mondo le famiglie sono in prima linea», mentre «i sacerdoti costituiscono la retroguardia». Cosa significa? «Nel cristianesimo i preti non sono, o non dovrebbero essere, una casta privilegiata. Oggi in realtà in molte situazioni e paesi i preti sono ingiustamente calunniati, perseguitati, uccisi. Ma questo è solo un esempio della più generale sorte della Chiesa. Il sacerdote è solo una funzione del popolo, una funzione essenziale ma pur sempre relativa a tutto il popolo. Deve insegnare una dottrina che non è sua, che gli è stata consegnata; deve educare, cioè accompagnare le persone perché si sviluppino i germi di bene che il Signore depone in loro. Tutto, nel sacerdote, è relativo agli uomini che deve aiutare a vivere. Senza sostituirsi a loro. Né lo potrebbe, del resto». Nel libro più di una volta viene fatto cenno al rischio del "clericalismo". Cos'è e come lo si combatte da preti? «San Paolo scrive: "Io non sono il padrone della vostra fede, sono soltanto il servitore della vostra gioia". L'accusa di clericalismo insomma è molto antica. Clericali possono essere preti e laici, credenti e non. Il clericale è colui che approfitta del posto che gli è affidato per spadroneggiare sulla vita dell'altro. Certo, il clericalismo più grave è quello che crea sudditanza dello spirito. Lo evito in molti modi: quando sono consapevole che l'altro è immagine di Dio come me, che ha una sacralità che non posso violare, che ha una responsabilità a cui non mi posso sostituire. È una grande cosa godere della libertà dell'altro e favorirla». Non mancano cenni critici alla gestione della Chiesa, troppo propensa alla "amministrazione", magari mediatizzata. Cosa si aspetta dalla nuova guida della Cei? «Nel libro parlo della necessità nella Chiesa di una riforma permanente. È un capitolo cui tengo molto. Contrariamente a quello che dicono alcuni intellettuali cattolici, mi sembra che i più bisognosi di cure siano i vescovi, i preti, i religiosi. Vedo la crisi di molti antichi e gloriosi istituti. Forse non si può fare nulla, forse invece possono essere aiutati. E l'insegnamento della teologia? E la formazione dei sacerdoti? E la nomina dei vescovi? Vedo una grande necessità di padri: ci sono molti amministratori, ma mancano padri che generino altri padri. Chiediamo questa grazia. Rosmini scriveva: "Solo grandi uomini possono generare grandi uomini". Da monsignor Bagnasco mi aspetto che aiuti tutti noi a essere essenziali, a essere educatori, padri pazienti e capaci di valorizzare gli altri. A essere amici degli uomini». Oggi si fa un gran parlare di radici e tradizioni, spesso forse in modo strumentale: nel libro si definisce la tradizione come «legame con l'essenziale». Perché e come la vostra missione contribuisce a questo? «La Chiesa è la persona di Gesù che continua nel tempo. Incontra nuovi popoli, nuove culture, nuove lingue, situazioni, esperienze. È sempre lo stesso Gesù, ma, come accade all'uomo, crescendo deve parlare con nuove parole, dare nuove risposte, generare nuove sintesi. Se si è legati all'essenziale si è capaci di qualsiasi apertura e novità. È stato per me l'insegnamento di don Giussani, a cui devo la massima parte di ciò che ho imparato». Spesso lei parla di «convenienza» umana nell'esperienza del cristianesimo in generale e nella fraternità in particolare: cos'è la felicità? È possibile? «Sulla terra la felicità piena non è possibile, perché siamo ancora pellegrini in viaggio, ma è possibile pregustarla, sperimentarne mille e mille anticipazioni. Quando per la presenza del Mistero la mente e il cuore si aprono, e andiamo incontro alle cose, alle persone con il cuore e la mente di Cristo. Basta vivere la vita della Chiesa in una delle sue mille comunità. Quella da cui siamo stati raggiunti». IL LIBRO IN USCITA OGGI È in libreria da oggi "Il vento di Dio" (Piemme, 124 pagine, 10 Euro), di don Massimo Camisasca. Il libro racconta la genesi della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo (www.fscb.org) LA FRATERNITÀ Nata da una intuizione di Camisasca, amico e allievo di don Luigi Giussani, la Fraternità conta oggi 102 membri definitivi e 30 in formazione. I preti missionari sono impegnati in 15 paesi di tutto il mondo oltre all'Italia

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