giovedì 15 marzo 2007

ANDREA E GIOVANNI SONO LA FIGURA DI QUELLO CHE DOBBIAMO FARE


Qui sotto riporto vari pezzi che mi aiutano a tenere alto lo sguardo.
L'importante nella mia vita e' riconoscere la Sua Presenza in tutto quello che faccio.
In tutto quello che mi accade.
Perche' Cristo sia sempre piu' "tutto in tutto" e' importante che io impari non delle regole ma che il mio sguardo sulla realta' tutta si converti.
Tutto mi richiama a Lui.Tutte le circostanza, tutta la letizia ,tutto il dolore ,tutta la fatica ,tutta la gioia ,tutto deve essermi di richiamo ad appartenere sempre piu' a Lui.

In don Giussani, , l’unità di parole, sguardo, attrattiva di grazia è continuamente riproposta e descritta davanti ai nostri occhi a partire dal commento che fa dell’incontro di Gesù con i primi due discepoli, Giovanni e Andrea, sintetizzabile nell’espressione: "Lo guardavano parlare"

AGOSTINO:«Io mi sbagliavo pensando che la fede per cui noi crediamo in Dio non fosse dono di Dio, ma venisse da noi in noi [...]. Io infatti non pensavo che la fede fosse preceduta dalla grazia di Dio [...]. Pensavo certo che noi non potremmo credere se prima non ci fosse l’annuncio della verità, ma una volta annunciatoci il Vangelo, pensavo che il consentire fosse opera nostra e che noi lo avessimo da noi stessi. Questo mio errore si trova in molti miei libri scritti prima del mio episcopato» (Agostino, De praedestinatione sanctorum 3, 7).
Nel De praedestinatione sanctorum, opera degli ultimi anni della sua vita, Agostino confessa con semplicità questo suo errore – e questo non è l’ultimo degli aspetti per cui sentiamo Agostino così moderno e persuasivo – presente in libri precedenti la sua ordinazione episcopale, che risaliva a trent’anni prima (395 o 396).
L’errore di Agostino sembra dominare – inconfessato – la scena di questi ultimi decenni del cattolicesimo più argomentante e appariscente. In don Giussani, al contrario, l’unità di parole, sguardo, attrattiva di grazia è continuamente riproposta e descritta davanti ai nostri occhi a partire dal commento che fa dell’incontro di Gesù con i primi due discepoli, Giovanni e Andrea, sintetizzabile nell’espressione: «Lo guardavano parlare». E, se si sta alla testimonianza resagli dall’allora cardinale Ratzinger ai suoi funerali, ciò avviene in forza di quanto don Giussani stesso ha vissuto in prima persona: «Sempre don Giussani ha tenuto fisso lo sguardo della sua vita e del suo cuore verso Cristo. Ha capito in questo modo che il cristianesimo è un incontro, una storia d’amore, è un avvenimento». Affermare che la fede sorge da uno stupore quale quello di Giovanni e di Andrea – così si potrebbe tradurre la parola suavitas che usa il Concilio ecumenico Vaticano I nella costituzione dogmatica sulla fede (non a caso citando quel secondo Concilio antipelagiano di Orange che don Giussani amava ricordare) – non vuol dire non essere attenti a come presentare le verità cristiane. Vuol dire far prevalere l’umile fedeltà alla dottrina («Chi va oltre e non si attiene alla dottrina di Cristo, non possiede Dio. Chi si attiene alla dottrina, possiede il Padre e il Figlio», 2Gv 9) e la preghiera di ogni istante a Colui che solo può toccare e attirare la mente e il cuore dell’uomo. D’altronde, anche nel recente Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica c’è una piccola frase che, ridicendo con semplicità il pre-cedere, il pre-venire della grazia, illumina, come fa un raggio di sole con le vetrate di una cattedrale, tutte le verità in esso contenute: «La preghiera è sempre dono di Dio che viene a incontrare l’uomo» (n. 534).
a cura di Lorenzo Cappelletti


È andato a farsi battezzare, uno come tutti gli altri

Che cosa è avvenuto prima? Prima è avvenuto Gesù che è nato a Betlemme, come un bambino; e i pastori si sono riuniti. Poi è diventato grande a casa sua. E dopo, diventato più grande, è andato a farsi battezzare, uno come tutti gli altri. E Giovanni e Andrea, quando Gesù ha lasciato la folla al cenno di Giovanni Battista che ha detto: «Ecco l’agnello di Dio», si sono messi a seguire quell’individuo. E hanno stabilito un rapporto con quell’individuo, sono stati là a sentirlo. Io dico sempre: «Lo guardavano parlare»1.

1 L’attrattiva Gesù, Bur, Milano 1999, op. cit. p. 27.



Questo Tu riempiva la loro faccia e il loro cuore


E Andrea e Giovanni – come narra il primo capitolo di san Giovanni – che seguivano Cristo quasi intimiditi, quando si è voltato e ha detto: «Cosa cercate?», non hanno detto Tu, ma gli hanno detto: «Maestro, dove stai di casa?». Era un modo per dire Tu. E quando sono rientrati e hanno detto: «Abbiamo trovato il Messia», era questo Tu che riempiva la loro faccia e il loro cuore.2

2 Esercizi della Fraternità di Comunione e liberazione, supplemento al n. 5, maggio 1991 di Litterae Communionis - CL, p. 25.


Davanti ai loro occhi

Per Andrea e Giovanni il cristianesimo, o meglio, l’adempimento della legge, il farsi della promessa antica, della cui attesa di risposta viveva il popolo ebraico buono [...], quello che il popolo si aspettava, Colui che doveva venire, era un uomo lì davanti ai loro occhi: se lo sono trovato davanti agli occhi. [...] Era un uomo davanti ai loro occhi [...]. Era una cosa che stava succedendo.
[...] Non è che Giovanni e Andrea abbiano detto: «È un avvenimento che ci è accaduto». Evidentemente non era necessario che esplicitassero con una definizione, già con una definizione, quello che stava loro succedendo: stava loro succedendo! 3

3 L’avvenimento di Cristo e la sua permanenza nella storia, in Litterae Communionis - Tracce, n. 9, ottobre 1994, p. III.



Lo guardavano parlare

Noi ci immedesimiamo facilmente con quei due seduti, che guardano parlare quell’uomo che dice cose mai sentite, eppure così vicine, così aderenti, così riecheggianti.
Erano le parole con cui la grande promessa biblica si palesava al cuore di ogni ebreo, di generazione in generazione passava dentro il loro sangue; le parole che usava quell’uomo partecipavano di quella promessa, ma loro non capivano, erano semplicemente afferrati, trascinati, travolti da quel parlare: Lo guardavano parlare .4
4 Esercizi della Fraternità di Comunione e liberazione, supplemento al n. 7, luglio/agosto 1994 di Litterae Communionis - Tracce, p. 24.

Corrispondeva di piu'


Se fosse un film, avrebbe come scena iniziale Giovanni e Andrea che stanno guardando Cristo parlare a casa sua.
Un impatto: l’impatto con una realtà che loro sentono corrispondere come niente mai ha corrisposto [...]. Andrea e Giovanni quanto più lo guardavano, tanto più entravano in ciò che in Cristo era già in atto, vale a dire conoscenza della verità, conoscenza della giustizia, conoscenza della letizia e della gioia, «perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Corrispondeva di più.5

5L’attrattiva Gesù, op. cit., pp. 44-45.



Cosi' nacque la prima certezza su Cristo

Ciò che quell’uomo aveva detto loro corrispondeva al loro cuore, all’attesa del loro cuore, così intensamente, così evidentemente, così immediatamente che era come se dicessero: «Se non crediamo a quest’uomo, non dobbiamo credere più neanche ai nostri occhi». Così nacque, sorse nella storia del mondo la prima certezza pubblica, al di là di quella di Sua madre e di Suo padre: la prima certezza su Cristo. [...]
Immaginiamoci: sono tornati a casa e si sono messi a dire a tutti i loro fratelli, ai conoscenti e alla gente che partecipava alla loro piccola cooperativa di barche: «Abbiamo trovato il Messia».6

6 La comunione come strada, in Litterae Communionis - Tracce, n. 7, luglio/agosto 1994, p. III.

Incomincia la memoria

Giovanni e Andrea si son messi a seguire quell’uomo, e quell’uomo si è voltato, e gli han domandato, sono andati a casa sua… sentivano – non erano distratti –, ma sentivano vedendolo.
È quella la memoria. Da allora è incominciata la memoria, che da loro due è arrivata fino a noi.7
Pensate, noi ci siamo mossi per quei due! Da quei due che L’hanno guardato parlare, che Lo guardavano parlare con semplicità, umiltà, ingenuità di cuore, siamo stati mossi: quei due hanno mosso le nostre vite e le muovono ora!8

7Affezione e dimora, Bur, Milano 2001, p. 215.
8Esercizi della Fraternità di Comunione e liberazione, supplemento al n. 7, luglio/agosto 1994 di Litterae Communionis - Tracce, p. 24.


Subito una familiarità


Ma quei due, i primi due, Giovanni e Andrea – Andrea era molto probabilmente sposato con figli – come hanno fatto a essere così conquisi subito e a riconoscerlo (non c’è un’altra parola da dire, diversa da riconoscerlo)?
Dirò che, se questo fatto è accaduto, riconoscere quell’uomo, chi era quell’uomo, non chi era fino in fondo e dettagliatamente, ma riconoscere che quell’uomo era qualcosa di eccezionale, di non comune – era assolutamente non comune –, irriducibile a ogni analisi, riconoscere questo doveva essere facile.9
Quella casa era una casa diversa e quell’uomo trattava in modo diverso, pensava, lo si vedeva dagli occhi, in modo diverso e poi, quando i suoi pensieri si esprimevano in parole, parlava in modo diverso: era una cosa diversa. E si stabiliva subito una familiarità con Lui; veramente, era Lui che stabiliva subito una familiarità con chi incontrava. E con dignità, e con dolcezza affermava cose che interessavano la vita di quelli che Lo stavano ad ascoltare, delle persone che incontrava. Come in quel caso: ne cambiò la vita!10

9Il tempo e il tempio, Bur, Milano 1993, pp. 46-47.
10 Esercizi della Fraternità di Comunione e liberazione, supplemento al n. 6, giugno 1995 di Litterae Communionis - Tracce, p. 13.


Sono una sola cosa tanto sono pieni della stessa cosa


E quando son tornati, la sera, sul finire della giornata – ripercorrendo molto probabilmente la strada in silenzio, perché mai si erano parlati tra loro come in quel grande silenzio in cui un Altro parlava, in cui Lui continuava a parlare e riecheggiava dentro di loro.11
Ma immaginate quei due che Lo stanno a sentire alcune ore e poi devono andare a casa. Lui li congeda e se ne tornano zitti. Zitti perché invasi dall’impressione avuta del mistero sentito, presentito, sentito. E poi si dividono. Ognuno dei due va a casa sua. Non si salutano, non perché non si salutino, ma si salutano in un altro modo, si salutano senza salutarsi, perché sono pieni della stessa cosa, sono una cosa sola loro due, tanto sono pieni della stessa cosa.12

11 Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e liberazione, supplemento al n. 7, luglio/agosto 1994 di Litterae Communionis - Tracce, p. 25.
12 Il tempo e il tempio, op. cit., p. 48.


Cosa sia la fede

Cosa sia la fede lo si capisce se ci si mette nei panni dei primi: di Andrea e di Giovanni che lo seguirono e gli chiesero: «Maestro, dove stai di casa?» (Gv 1, 38).
Di fronte a quell’uomo, cos’era la fede? Era il riconoscere la presenza divina. Loro non osavano neppure pensarlo, non avevano la chiarezza, però riconoscevano in quell’uomo la presenza che liberava, che salvava.13
Giovanni e Andrea avevano fede, perché avevano certezza in una presenza sperimentabile: quando erano là, nel primo capitolo di Giovanni, a casa sua seduti, verso sera, a guardarlo parlare, era una certezza in una presenza sperimentabile di una cosa eccezionale, del divino in una presenza sperimentabile. Poi – io aggiungo – per dormire sono andati a casa loro: da sua moglie, Andrea; da sua madre, Giovanni. Sono andati a casa loro, hanno mangiato a casa loro, hanno dormito a casa loro, si sono alzati, sono andati a pescare insieme agli altri compagni.
Quello che avevano visto il pomeriggio antecedente, dominava nella loro testa, sì o no? Sì. Lo vedevano? No.14

13 Nella fede, uomo e popolo, in Litterae Communionis - Tracce, n. 9, ottobre 1998, p. III.
14 Si può vivere così?, Bur, Milano 1994, pp. 257-258.


Era lui ma era diverso

Lei gli ha chiesto: «Che cosa è successo?», lui l’ha abbracciata. Andrea ha abbracciato la sua donna e ha baciato i suoi bambini: era lui, ma mai l’aveva abbracciata così! Era come l’aurora o l’alba o il crepuscolo di una umanità diversa, di una umanità nuova, di una umanità più vera. Quasi dicesse: «Finalmente!», senza credere ai propri occhi. Ma era troppo evidente perché non credesse ai propri occhi!15 Suo marito era diventato un’altra cosa; non una cosa pensata, immaginata, ma reale, perché così non era mai stata abbracciata da suo marito. Se n’era accorta: prima perché non era mai stata guardata da suo marito così, poi perché non era mai stata abbracciata da suo marito così. E poi, anche il giorno dopo, vedeva come trattava gli amici, come parlava con i bambini: era accaduto qualche cosa che stava trasformando la faccia concreta, carnale, temporale della loro vita.16

15 Esercizi della Fraternità di Comunione e liberazione, supplemento al n. 7, luglio/agosto 1994 di Litterae Communionis - Tracce, p. 25.
16 L’avvenimento di Cristo e la sua permanenza nella storia, op. cit., p. III.


Come se tutta la loro persona fosse una domanda

Immaginiamoci Simon Pietro e Filippo e Giovanni di fronte a Gesù, mentre gli stanno andando dietro lungo i sentieri di campagna, oppure là nella piazza del tempio, o in una casa dove son seduti a mangiare. Come sono lì? Stanno a guardarlo, a sentirlo, intenti a imparare; ma sono termini ancora insufficienti, non compiuti: perché è come se tutta la loro persona fosse una domanda.17

17 Esercizi della Fraternità di Comunione e liberazione, Rimini 1988, p. 25.


Basta quell’embrionale percezione di quel che Lui È che te lo fa chiedere

Il tuo rapporto con Cristo non deve essere evoluto, scaltro, maturo, perché la tua personalità ne nasca e la tua personalità da esso sappia creare compagnia. Basta – come dire – la sorpresa che ebbero Giovanni e Andrea, che non capivano niente; basta la sorpresa, basta l’accenno di devozione, basta lo stupore. Più precisamente: basta il chiederlo, basta quell’embrionale percezione di quel che Lui è che te lo fa chiedere, per cui lo chiedi.18

18 L’attrattiva Gesù, op. cit., p. 23.


Nessun commento: