lunedì 26 marzo 2007

INTERVISTA A JULIAN CARRON


Luca Collodi ha intervistato don Julian Carron, il sacerdote alla guida del movimento dopo la morte di don Giussani, avvenuta nel febbraio del 2005:


R. – Don Carron, che cosa ha significato per la sua vocazione sacerdotale l’incontro con don Giussani e il movimento di Comunione e Liberazione?


D. – Io lo dicevo sempre, a don Giussani, che gli ero grato perché mi aveva consentito di fare un cammino umano; un cammino di verifica della mia vocazione e della mia vita sacerdotale, in tutti gli ambiti della mia vita, in tutti i particolari perché l’impostazione che dava don Giussani del reale, il metodo di educazione che lui proponeva, per me sono stati decisivi per riguadagnare ancora di più la bellezza della mia vocazione sacerdotale.


D. – Qual è il compito di Comunione e Liberazione al servizio della Chiesa nel mondo?


R. – Penso che come qualsiasi altra realtà cristiana non può essere altro che testimoniare Cristo nella sua bellezza senza paragoni. Noi dobbiamo vivere questo in tutti i dettagli della vita e in tutti gli ambiti in cui noi ci troviamo a vivere. Questo ci consente di verificare nel reale la potenza unica di Cristo e la capacità che ha Cristo di farci sperimentare in tutto il centuplo. E questa è la possibilità, per tutti gli altri che ci incontrano, di poter vedere Cristo anche attraverso la semplicità della nostra vita.


D. – I laici del Movimento, don Carron, lavorano nel sociale, nell’economia e anche nella politica. Ad alcuni sembra, però, una testimonianza a volte rischiosa. Lei cosa ne pensa?


R. – E’ vero: nel momento in cui uno entra in questioni complesse come l’economia, il sociale o la politica, sempre si rischia. Noi crediamo che anche rischiando, a volte sbagliando, correggendoci a vicenda, possiamo vedere di più cos’è Cristo, entrando in tutti i particolari del vivere. E’ vero che se noi restassimo soltanto a casa, sarebbe meno rischioso ma avremmo meno possibilità di verificare che cos’è Cristo e di farlo incontrare agli altri.
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Sul significato di questo incontro con il Papa ascoltiamo Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, un’esperienza nata in CL:

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R. – Per noi è un fatto veramente epocale, fondamentale, perchè per noi il Papa, qualunque Papa, e questo Papa in particolare, è il padre che origina la nostra azione umana e culturale. Vogliamo andare da lui per sentire come agire al servizio della Chiesa, come laici impegnati in ogni aspetto. Siamo lì per imparare. Quindi, è qualcosa di assolutamente emozionante, che mi fa venire in mente quell’altrettanto emozionante incontro del ’98 tra Papa Giovanni Paolo II e i fondatori del movimento, tra cui don Giussani, che per noi rimane il punto cruciale della nostra vita. Siamo lì proprio per essere figli di questo Papa e del Papato.
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