giovedì 15 marzo 2007

PRIMA RISPOSTA ALL'INVITO DI COLLABORAZIONE


Cara Tiziana,
ho letto il tuo invito sul blog. Ho tra le mani questo
intervento sulla famiglia(Come tu sai in questo periodo problema grossoper me), che ritengo molto istruttivo e da meditare nella distrazione
della quotidianita'. Prova a guardarlo.
Auguri al tuo nipotino Tommaso
per le sue 5 settimane e a voi nonni. Un bacione a Giovanni. ciao Laura




Credo non sia eccessivo dire che la famiglia è il crocevia delle generazioni ed è il punto nodale di tutti i problemi. Se avremo famiglie sane, avremo una società sana. L' argomento di questa sera ci permette di verificare che cosa vuol dire una famiglia sana, una famiglia ben riuscita, al di là dei limiti che ogni famiglia o che ogni coppia può avere. Cercheremo di approfondire la spiritualità coniugale partendo da un dato molto semplice: la coppia è costituita da due libertà, due libertà in cammino, due libertà amanti perché i due si sono scelti per amore, ma soprattutto due libertà che devono incontrarsi, che devono imparare a camminare insieme. Parlare di spiritualità di coppia non vuol dire parlare di qualche cosa di astratto, di lontano. Vuol dire semplicemente verificare come queste due libertà possono riuscire ad incontrarsi, a costruire insieme il "noi", aprendosi alla vita, come le due libertà possono percorrere un cammino che realizzi il senso profondo del loro amore, il bisogno di felicità inscritto in tutti noi. Dico questo perché non dobbiamo pensare alla spiritualità coniugale come a qualcosa di lontano. Dobbiamo verificare come la spiritualità coniugale non è altro che il realizzare con l' aiuto della grazia del sacramento, nella prospettiva della fede, la pienezza di felicità che è nascosta nel cuore di due persone che si amano, di un uomo e di una donna che si sono incontrati e che desiderano costruire la loro vita insieme.
Cercherò di impostare la mia riflessione in due momenti: innanzitutto vorrei dare uno sguardo alle due concezioni di spiritualità coniugale che chiamerò concezioni "riduttive", perché parziali.
Poi cercheremo invece di verificare quale debba essere la spiritualità che scaturisce dal sacramento del matrimonio. Ritornerò sopra il sacramento del matrimonio, soprattutto per approfondire quello che significa una spiritualità coniugale riuscita. Credo che invece di domandarci, come facciamo spesso, perché i matrimoni falliscono, perché tanti problemi, forse è meglio capovolgere la domanda e chiedersi: quand'è che un matrimonio è ben riuscito? Quand'è che c'è la realizzazione della vita coniugale? Quand'è che gli stessi ostacoli (perché non dobbiamo fare retorica, ogni coppia vive momenti di difficoltà; credo che non esista una coppia che non abbia avuto un minimo di tasso di conflittualità, è inevitabile, si tratta di due libertà che vengono da due esperienze diverse) quand'è che gli stessi ostacoli, le stesse difficoltà che si incontrano nella vita coniugale, allora, possono diventare momenti di maturazione, addirittura crisi di crescita e non di fallimento: questa è la grande sfida. Le difficoltà mettiamole pure in preventivo: il problema è come far sì che queste difficoltà non siano dirompenti, che frantumano queste due libertà amanti che hanno iniziato un cammino, ma, al contrario, possano diventare, certo momenti di sofferenza, ma momenti che una volta superati fanno maturare le due persone. Sappiamo benissimo, tutti voi l'avete sperimentato, io lavoro da trent'anni con le coppie e lo vedo continuamente: quando la difficoltà è superata bene, è diventata un momento di maturazione, ci si conosce meglio, si capiscono anche meglio i propri difetti, forse si impara ad essere più umili, più tolleranti. Ecco la sfida è questa: la spiritualità coniugale deve permettere alla coppia di realizzarsi nel modo migliore possibile, non annullando le difficoltà, ma sapendole affrontare con la dovuta maturità e con la dovuta preparazione spirituale.
Allora, quali sono le concezioni riduttive di spiritualità che sono maggiormente presenti oggi e che ereditiamo da tutta una cultura di secoli? Sono due concezioni: una la chiamerò concezione dualistica e una moralistica. Bisogna superare queste due concezioni per impostare un discorso positivo, ricco, particolarmente fecondo per la vita di coppia. La concezione dualistica è quella che giustappone la realtà del sacramento del matrimonio alla vita coniugale, come se il sacramento del matrimonio e la vita quotidiana fossero due realtà distinte,cioè la realtà umana della coppia e la realtà cristiana del matrimonio come due binari che camminano paralleli ma non si incontrano mai. È come se ci fosse uno stacco tra le due realtà. Vedremo che le cose invece non stanno affatto così. Cercherò di dimostrare che realtà è la stessa realtà della coppia con tutto il vissuto della coppia che diventa sacramento. È la stessa relazione uomo-donna che diventa sacramento. Per cui non c'è da una parte l' amore di Dio e dall' altra l' amore dei coniugi, ma l' amore di Dio entra dentro l' amore dei coniugi e l' amore dei coniugi è trasfigurato dall' amore di Dio. Non c' è dunque questa separazione. Ma questo è un concetto riduttivo della spiritualità coniugale perché in questo modo la spiritualità stessa sembra qualcosa di sovrastrutturale, qualcosa che si appoggia sulla vita coniugale senza trasformarla dentro. Pensate che il Concilio afferma con chiarezza che l' amore coniugale è assunto dall' amore divino, che è sostenuto e arricchito dalla redenzione di Cristo. Quindi è dal di dentro che l' amore coniugale è trasformato. Sembra una cosa ovvia questa; in realtà, se si va ad analizzare il vissuto delle coppie ci si rende conto che normalmente si dice "Va bene, andiamo a Messa alla domenica, poi tutti i giorni è un' altra cosa". In realtà non è così. Bisognerà dimostrare che la spiritualità coniugale non è solo la spiritualità della Messa alla domenica, ma è la spiritualità di tutto il giorno, di tutta la notte, dalla mattina quando ci si alza a tutti i momenti: tutto è grazia nella vita dei coniugi. Tutto è grazia o può diventarlo, se si crede alla presenza di Cristo, all' azione dello Spirito e quindi alla grazia del sacramento del matrimonio. No, quindi al dualismo. Necessità di superare questa dicotomia tra vita di coppia e sacramento. Il sacramento non è qualcosa di altro dalla vita della coppia, ma è la vita di coppia stessa che entra a far parte dell' alleanza di Cristo con la Chiesa. Seconda concezione riduttiva che occorre superare è quella del "minimo e del dovere". È una concezione che risente di una visione giuridica del matrimonio - per secoli tutta la teologia del matrimonio è stata semplicemente il diritto, la giurisprudenza di esso, ciò che è lecito, ciò che è valido, le condizioni per la validità ecc… Ma non si è fatto un grande passo in avanti per mostrare tutta la ricchezza di questo sacramento. Allora questa concezione minimale e basata solo sul dovere alla fine vede la spiritualità coniugale più su un piano di volontarismo naturale, cioè la volontà che deve lottare oppure su un piano di introspezione psicologica che finisce per prescindere quasi del tutto dalla realtà del sacramento del matrimonio. Non che non ci debba essere l' introspezione psicologica, non che non ci debba essere la volontà. Ma il problema della spiritualità coniugale non è solo questo, non è solo un fatto naturalistico. Se si crede alla grazia del sacramento del matrimonio ci deve essere qualcos' altro: innanzitutto la presenza di Cristo nella vita degli sposi, poi quella dello Spirito. La maggioranza degli sposi infatti non pensa mai alla presenza dello Spirito. Ora, lo Spirito Santo come è il principio, dice il Concilio, strutturale e costitutivo della Chiesa, allo stesso modo lo Spirito Santo è costitutivo della vita di coppia. Vedete allora che altro è se la coppia si sente sola, e di fronte alle difficoltà le affronta soltanto su un piano naturale, di volontarismo, di impegno psicologico, e altro è se assieme alla volontà e all' analisi psicologica c' è la certezza della presenza di Cristo Signore e la presenza dello Spirito Santo, lo stesso Spirito che fa nuove tutte le cose. Voi sapete che la Bibbia vede lo Spirito Santo come lo Spirito Creatore; già sulla Creazione lo Spirito aleggia ed è lo Spirito che suscita la Creazione. Lo Spirito si posa infatti su Maria per suscitare nel suo grembo la nascita del figlio di Dio. Se c'è allora questo Spirito c'è la novità, la possibilità di riscoprire con stupore e con meraviglia sempre nuova ciò che significa essere sposi nel Signore. Se manca lo Spirito, non c'è probabilmente, fatte le dovute eccezioni, questa capacità di rigenerarsi, di ricrearsi, di innamorarsi ogni giorno. Questo è il problema fondamentale della coppia: vivere una sorta di reinnamoramento permanente, certo diverso dai primi anni di matrimonio ma senz' altro più maturo. Cos' è nella trinità lo Spirito Santo? È lo Spirito dell' amore, è l' amore del Padre e dl Figlio. Se i coniugi imparassero ad ascoltare lo Spirito, a farsi trasformare dallo Spirito, sarebbero in grado, pur nelle difficoltà quotidiane, pur nelle crisi, pur negli ostacoli che, come ho detto, ci sono sempre, sarebbero in grado di rinnovarsi, di reinnamorarsi, di riscoprire la bellezza del matrimonio senza viverlo con stanchezza. Ecco dunque due grandi prospettive spirituali riduttive che devono essere superate. Il dualismo, la dicotomia, e il moralismo cioè una visione basata solo sul dovuto perdendo di vista la ricchezza soprannaturale del matrimonio. Gli sposi sono inabitati dallo Spirito Santo, sono una piccola chiesa, diceva già San Giovanni Crisostomo. Io vorrei, proprio per poter meglio entrare in questa prospettiva, citare un racconto di Anthony de Mello intitolato "Un' aquila che si credeva un pollo", che ci fa capire come si può avere una grandezza straordinaria nel vissuto della coppia, e non saperlo. Ritenersi quindi dei polli quando si è delle aquile, e non volare perché non si sa di poterlo fare.
"Un uomo trovo un uovo d' aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L' uovo si schiuse assieme a quelle della covata e l' aquilotto crebbe con i pulcini. Per tutta la vita l' aquila fece quello che facevano i polli del cortile pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca di vermi e di insetti chiocciava, schiamazzava, scuoteva le ali, alzandosi da terra di qualche decimetro. Trascorsero gli anni e l' aquila divenne vecchia. Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante in mezzo alle forti correnti d' aria muovendo appena le forti ali dorate. La vecchia aquila alzò lo sguardo, colma di stupore e chiese:
-Chi è quell' essere lassù che vola così alto, libero e felice?- È l' aquila il re degli uccelli- rispose il vicino - Appartiene al cielo, noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo esseri che non volano - Fu così che l' aquila visse e morì come un pollo senza mai avere appreso di essere un' aquila.
È un racconto semplicissimo ma che, se ci pensiamo bene, ci insegna moltissimo. Noi possiamo essere delle aquile e avere delle ali per volare altissimo e planare nel cielo, ma se non lo si sa, e se non si è educati a volare, si sta a schiamazzare assieme agli altri polli, magari con la nostalgia dell' aquila che vola alto. E credo che questa sia la situazione dell' 80 o del 90% delle persone sposate in chiesa. È come avere un tesoro straordinario e non sapere di averlo. Il tesoro è questo mistero che viene celebrato col sacramento del matrimonio. Cerchiamo di approfondire allora questa ricchezza della spiritualità coniugale alla luce del sacramento del matrimonio, cercando di superare i due limiti che ho detto.
Sarebbe bello anche approfondire il ruolo dello Spirito Santo nella vita della coppia, ma dubito che sia possibile e cercherò di inserire questo aspetto nel discorso che porto avanti.
La prima preoccupazione è superare il dualismo, la seconda è superare il moralismo e ritrovare tutta la ricchezza della spiritualità coniugale, ma nel senso completo, le due libertà in cammino che devono realizzarsi nella felicità e devono realizzare il loro amore: volare alto.
Una volta il Papa ha detto ai coniugi in un incontro che ha fatto a S. Pietro a tutti gli sposi :" Non si deve abbassare la montagna, ma si deve insegnare agli sposi a salire in cima alla montagna. Ciò significa che non si deve abbassare l'ideale della vita coniugale e della spiritualità, ma si deve educare a camminare fino in cima, con tutta la fatica che questo comporta.
E' importante per noi fare questo sforzo: cercare di capire cosa siete diventati una volta che avete celebrato il Sacramento del Matrimonio.
Se si coglie questa ricchezza, allora c'è il cammino per realizzarla e per costruire ciò che si è diventati: è molto importante la consapevolezza.
Tutti noi agiamo in base alle convinzioni che abbiamo: se siamo convinti di alcune cose sarà faticoso, ma con un po' di buona volontà camminiamo in quella strada. Bisogna convincersi di alcune cose.
Che cosa è la spiritualità coniugale? Non è altro che il far vivere ciò che il sacramento ha realizzato nella realtà della coppia, dell'uomo e della donna.
Il sacramento del Matrimonio, non è una realtà che si sovrappone alla coppia, ma è la relazione di un uomo e di una donna battezzati, che si sono scelti liberamente, che diventa Sacramento.
E' l'uomo in tutto il suo essere , in tutto il suo orientamento maschile verso la donna , e della donna in tutto il suo orientamento femminile verso l'uomo, con la sua corporeità sessuata, con il suo affetto, con l'amore che ha portato l'un l'altro a scegliersi : è questa realtà di coppia che diventa Sacramento.
Questa è la singolarità del Matrimonio rispetto a tutti gli altri sacramenti: gli altri sacramenti non sono altro che avvenimenti di Dio che si inseriscono nelle situazioni umane, il matrimonio è una realtà umana , perché esiste già come realtà uomo-donna che si scelgono, che diventa sacramento.
E' la realtà corporea , visiva dell'uomo e della donna che entra a far parte della storia della salvezza.
Questo significa che la spiritualità coniugale non deve essere vista come qualcosa di altro dal vissuto coniugale : dal momento che i due si sono scelti e hanno celebrato il sacramento del Matrimonio nel Signore, come battezzati, tutta la loro vita è sacramentale.
Sacramento della coppia è la coppia che è diventata ciò che è ha celebrato, cioè è diventata segna di Cristo e della Chiesa.
Questo è l'aspetto fondamentale: la coppia entra dentro la storia della salvezza e vi entra come coppia; già come battezzati noi siamo nella storia della salvezza, ma col sacramento del matrimonio non c'entra solo io e tu , ma c'entra il" noi," la coppia uomo-donna entra a far parte della storia salvifica,la storia che ha origine dalla creazione, che ha la sua pienezza in Cristo e che va verso la pienezza definitiva.
Per capire meglio questo, io vorrei fare tre osservazioni fondamentali perché bisogna capire fino in fondo che il sacramento del matrimonio non è semplicemente qualcosa che io ho, ma ciò che io sono; non appartiene all'ordine dell'avere, ma a quello dell'essere.
Sembra ovvio, ma quando io ricevo il sacramento dico una espressione non del tutto perfetta: bisognerebbe dire:" Io celebro il sacramento!".
Non è qualcosa che si riceve, ma che si celebra e celebrandolo, la coppia diventa ciò che celebra, segno di Cristo e della Chiesa: piccola Chiesa nella grande Chiesa.
Per capire bene questa realtà, cerchiamo di cogliere i tre aspetti fondamentali che ci introducono nel discorso della spiritualità.
Sacramento del matrimonio è anzitutto un atto di Cristo che consegna un uomo a una donna e una donna ad un uomo.
I primi ministri del sacramento del matrimonio non sono gli sposi, ma il Cristo; siamo abituati a dire che sono gli sposi i ministri, è giusto, ma la loro ministerialità, i due che si scelgono e si scambiano il consenso va inserito in un atto più grande cioè l'atto di Cristo che dona un uomo alla sua donna e una donna al suo uomo .
E' Cristo il ministro del sacramento del matrimonio! E perché è necessario questo?
Le due persone, in quanto sono battezzate, di per sé non appartengono all'altro, ma appartengono a Cristo, lui e lei, in quanto battezzati appartengono a Cristo, sono proprietà di Cristo.
Solo Cristo, capo della chiesa, può donare l'uno all'altra e viceversa.
Il sacramento del matrimonio è un atto di donazione con cui il Signore Gesù affida un uomo a una donna e viceversa e li affida all'interno del loro amore, perché i due si sono già scelti perché si amano,il Cristo si inserisce e fa questa consegna reciproca.
E' una consegna che ha un'incidenza fondamentale perché significa che l'uomo e la donna entrano a far parte del grande amore con cui Cristo ama la Chiesa, la grande alleanza di Cristo con la Chiesa.
All'interno dell'amore dei due sposi, dei due nubendi, il Signore assume quell'amore e lo inserisce , nell'amore che Egli ha per la Chiesa. Ecco la necessità del sacramento del matrimonio: il fatto chele
due persone sono già consacrate a Cristo come un io e un tu: col sacramento del matrimonio diventano un "NOI" in Cristo e nella Chiesa, ma in forza di un atto del Cristo.
Come il Cristo unisce, quel giorno, i due sposi, il Cristo rimane sempre con loro.
Il Concilio ci da' questa affermazione:" Il Signore che unisce i due coniugi, rimane sempre con loro." Dunque il Sacramento del Matrimonio è un atto di Cristo e della Chiesa.
Questo atto di Cristo per mezzo della Chiesa, assume il segno sacramentale della coppia. Voi sapete che in ogni sacramento c'è un segno sacramentale: il Battesimo ha l'acqua, accompagnata dalle parole, l'Eucarestia ha il pane e il vino che insieme alla consacrazione diventano il corpo e il sangue di Gesù.
Il segno sacramentale del Matrimonio, è la coppia stessa, cioè è l'uomo e la donna che si sono scelti liberamente e si scambiano il consenso, diventano il segno dell'atto di Cristo.
La comunità coniugale è il segno dell'evento che si sta per compiere nel sacramento del matrimonio.
Se conoscete il Concilio, leggete Gaudium et spes, n° 48 dove si fa un discorso chiaro: " E' l'intima comunità di vita e di amore, stabilita dal patto coniugale,dal consenso irrevocabile, che diventa sacramento.
Il soggetto non è l'atto del matrimonio, ma l'intima comunità di vita e di amore, cioè i due che si sono scelti diventano sacramento, comunità di grazia e di salvezza. Il segno sacramentale, è questa comunità che grazie all'atto di Cristo che consegna l'uomo alla donna e la donna all'uomo, diventa comunità di grazia e di salvezza, chiesa domestica, dove Cristo dimora, abita.
In questo atto con cui i due coniugi si promettono il consenso, non è soltanto la parola che è posta in gioco, ma tutto l'essere di lui e tutto l'essere di lei che si offre, si consegna all'altro, nell'atto di Cristo.
Il consegnarsi reciproco è l'atto che coinvolge la totalità della persona maschile e femminile.
Quel sì, quel " Io prendo te…" è un atto verbale, ma esprime la totalità della persona.
E' un atto performativo, nella filosofia del linguaggio: è tutta la persona che si impegna in quell'atto.
Quelle parole coinvolgono il tutto e il per sempre delle due persone, l'una verso l'altra, a immagine di come Cristo si è donato alla Chiesa.
Ecco il terzo aspetto: da quel momento, in cui gli sposi si dicono sì l'un l'altro e sono consegnati l'uno all'altro da Cristo, diventano ministri di grazia, l'uno per l'altro.
Questa espressione, ministri di grazia, è stata utilizzata già da Pio XII nella Mistici Corporis, nel 1950 :" Gli sposi, nel celebrare il sacramento del matrimonio, sono ministri di grazia".
Oggi questa espressione va rivalutata, va ricompresa in tutta la sua ricchezza.
Vuol dire che gli sposi si santificano l'un l'altro, che si donano la grazia, cioè la loro vita è tutta sotto il segno della grazia, perché il sacramento del matrimonio è la coppia che diventa ciò che celebra. Tutta la vita della coppia, è ormai sotto il segno della grazia, porta con sé la presenza di Cristo, porta con sé la presenza dello Spirito, per cui potremmo dire che niente è più profano della vita della coppia, tutto è grazia.
L'unica cosa che potrebbe opporsi a questo è il peccato, ma il peccato è un atto volontario con cui l'uomo e la donna si oppongono a Dio, è un'opposizione al progetto di Dio.
Al di fuori del peccato, tutto il vissuto, dalle più piccole realtà quotidiane al lavoro che ognuno fa, all'educazione dei figli, tutto il vissuto, dalla mattina alla sera, in tutti i momenti, è grazia perché respira, riflette questa realtà sacramentale.
A questo punto, si capisce che la vita coniugale non è qualcosa di semplicemente umano, ma, a partire dal sacramento del matrimonio, è già una realtà sacramentale, è vivere la permanenza del sacramento del matrimonio. Il Sacramento del matrimonio non è soltanto il giorno in cui si celebra, ma è tutto il vissuto che è sacramento permanente e quindi è un ricelebrare ogni giorno ciò che si è celebrato una volta per sempre. I Padri della Chiesa dicevano al battezzato:" Battezzato, diventa ciò che sei!".
Noi potremmo dire:" Coppia, diventa ciò che sei!". La Familiaris Consortio dice:" Famiglia, diventa ciò che sei!", perché, in effetti, ciò che si è celebrato, questa consegna del Cristo, questa sua presenza, si celebra ogni giorno, nella fedeltà al Signore; naturalmente questo suppone che ci si incontri col Signore Gesù, che si ascolti la sua Parola, che si vivano momenti forti di preghiera, la riconciliazione, il sacramento dell'Eucarestia… ( nel 2000 ci sarà tutto questo tema del Matrimonio ed Eucarestia ), questi sono momenti forti, ma tutto il vissuto della coppia ormai è già sotto il segno della grazia.
Questo significa che la spiritualità coniugale è essenzialmente far vivere la presenza dello Spirito che è in noi: è lo Spirito santo che interiorizza il mistero del sacramento celebrato.
E' lo Spirito Santo che plasma ogni giorno la coppia ad immagine dell'unione di Cristo con la Chiesa. E' chiaro che se io non ho consapevolezza della presenza dello Spirito non lo invoco , lo Spirito è come se non ci fosse; lo Spirito c'è, ma non lo invoco: sarebbe interessante chiedere a voi se ogni giorno invocate lo Spirito. Se non lo fate, fatelo perché è il minimo che possiamo fare: abbiamo lo Spirito del Padre e del Figlio che è donato alla Chiesa , che dimora nelle nostra vita, sia come battezzati, sia come coppia, perché non lo invochiamo? E' lo Spirito che ci fa nuovi, ci fa capire, ci illumina, ci fa discernere ciò che è buono e ciò che non è buono, ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare:allora, perché non invocare lo Spirito? E' come avere una grande opportunità e non utilizzarla! E' come un grande dono che ci viene fatto e che non sappiamo apprezzare!
In questa prospettiva, io vorrei sviluppare alcune grandi linee della spiritualità coniugale.
Anzitutto è una spiritualità permanentemente vocazionale, cioè è una chiamata di Dio permanentemente fatta, una chiamata al matrimonio e nel matrimonio.
Lo afferma in maniera molto precisa la Familaris Consortio dove dice:" Dio ha chiamato gli sposi al matrimonio e continua a chiamarli nel matrimonio". E' bellissimo questo!
Significa che il matrimonio è una vocazione. Familaris Consortio spiega in che modo gli sposi sono chiamati nel matrimonio, non soltanto al, ma nel matrimonio :"…dentro i fatti, i problemi, le difficoltà, gli avvenimenti dell'esistenza di tutti i giorni, Dio viene rivelando agli sposi e proponendo loro le esigenze concrete della loro partecipazione all'amore di Cristo per la Chiesa. Questo è un testo bellissimo! Ci fa vedere che i coniugi non si santificano malgrado il matrimonio, nonostante il Sacramento del matrimonio, ma realizzano la propria vocazione proprio attraverso il matrimonio, grazie e vivendo le difficoltà del matrimonio. E' interessante questo perché si capisce che la vocazione non è soltanto all'inizio, ma è permanentemente strutturante il Sacramento del matrimonio.
Dio chiama attraverso gli avvenimenti: ciò significa avere una visione di fede, perché di fronte alle difficoltà io posso vedere le cose solo con gli occhi umani oppure posso imparare a leggerli nell'ottica della parola di Dio, cosa mi chiede Dio di fronte a questa difficoltà, a questi avvenimenti: talvolta ci sono dei dolori inspiegabili. Saper leggere questi avvenimenti vuol dire vivere la spiritualità come vocazione, non soltanto al matrimonio, ma nel matrimonio, cioè vivendo la dinamica della crescita del Sacramento del matrimonio, valorizzando tutti i momenti.
Niente è profano nella vita di coppia, tutto è grazia o può diventarlo, dipende dai coniugi , dagli occhi di fede che hanno e dal modo con cui sanno valorizzare anche le difficoltà incontrate.
Dunque, una spiritualità permanentemente vocazionale, integralmente umana, modellata sulla Pasqua. Questo è il punto nodale da superare: la spiritualità cristiana non è qualcosa di altro, di diverso da ciò che si è, è la spiritualità umana santificata dal dono della presenza di Cristo, è il nostro essere, la nostra realtà quotidiana, la vostra vita di coppia .
Questa realtà integralmente umana modellata sulla Pasqua: questo è l'aspetto fondamentale.
Per noi la Pasqua vuol dire il Signore Gesù che ha dato la sua vita , se stesso per la Chiesa.
Se ricordate Ef. 5, S.Paolo parla dell'uomo e della donna che devono amarsi l'un l'altro come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per Lei. Il modello del Cristo che ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per Lei, è il modello della relazione uomo-donna, che per essere realmente sacramentale e modellarsi e lasciarsi plasmare dall' evento pasquale, è una spiritualità di dono e di accoglienza, una spiritualità dove prevale non l' egoismo ma l' altruismo, non "io e tu" ma "noi", io con te e io per te. È questa la dialettica di coppia della vita cristiana. È il superamento di una visione egocentrica che c'è in tutti noi. Il problema è se prevale l'egoismo o l'altruismo. Anche nella vita di coppia c'è sempre questa dialettica: se prevale l'egoismo prevale una dinamica esattamente opposta al vissuto della coppia. L' altruismo è invece la dinamica della benevolenza e della tenerezza, del desiderio che l'altro stia bene e che sia felice. La spiritualità coniugale ha questa dimensione pasquale proprio perché si modella. Sull'evento della Pasqua non può che essere un evento di altruismo , di accoglienza, di dono, di decentramento da sé verso l'altro. Per questo c'è un legame profondo con l' Eucarestia, dove abbiamo il corpo dato e il sangue versato, cioè il Cristo che dona sé stesso, che si fa Comunione.
Il matrimonio non fa altro che ricalcare, lasciarsi plasmare da questo evento pasquale. Io dico sempre che il matrimonio, quando è vissuto in tutta la sua ricchezza, è già una Eucaristia realizzata., perché significa che l'uno e l'altro sono corpo dato, sangue versato; sono l'essere non più "io per me", ma "io per te", come Cristo è "io per noi". C'è allora un rapporto profondo tra Eucaristia e matrimonio: il matrimonio è plasmare continuamente dall'Eucaristia. Per questo è importante che gli sposi sappiano accostarsi all'Eucaristia, alla Comunione, non solo personalmente, ma insieme.
Credo che questo non sia un discorso troppo elevato, ma un discorso molto concreto, perché poi sul piano concreto, appunto, significa saper accettare l'altro così com'è, sapere rispettarlo.
C'è una spiritualità dell'accoglienza e del dono che è importante anche per quanto riguarda la differenza maschile e femminile.
Voi sapete che questo problema del maschile e del femminile è ciò che costituisce la realtà del matrimonio, un uomo e una donna che si scelgono. Ma è una realtà ambivalente, perché la differenza maschile e femminile, se non diventa incontro, non diventa comunione, può diventare anche opposizione. Perché, lo vediamo continuamente …
Lui dice: "Ah, mia moglie non mi capisce perché ha tutti i suoi problemi …" e magari si confida più con tutti i suoi amici!
Lei dice: "Mio marito è troppo rozzo, non è sensibile, non capisce le cose, non vuol parlare..." e si confida con le amiche!
Ma qualcosa non va! Perché gli amici, le amiche sono al di fuori della coppia. Il primo amico, la prima amica devono essere i due coniugi. Paolo VI una volta ha parlato proprio della carità coniugale come "carità di amicizia": è un tema bellissimo questo. La prima grande amicizia, nel senso più alto del termine, cioè la persona a cui posso dir tutto, confidarmi, dalla quale ci si sente compresi, questa amicizia dovrebbe essere tra i due coniugi. Se così non è, c'è qualcosa che non va.
Il discorso che stiamo facendo, allora, dell'altruismo, dell'accoglienza e del dono è importante anche a livello di spiritualità coniugale.
Qui voglio inserire il discorso dello Spirito Santo. Che cos'è lo Spirito Santo nella Trinità nel mistero di Dio Trinità?
Lo Spirito Santo è l'amore del Padre e del Figlio; in teologia si dice che è l' exstasi, cioè l'estasi dell'amore, l'amore che gioisce del Padre e del Figlio . E' l'amore che crea la comunione tra il Padre e il Figlio, la coinonia, l'amore profondo che rispetta la differenza.
Noi dobbiamo pensare al mistero della Trinità: il Padre l'eterno amante, il Figlio l'eterno amato, lo Spirito Santo l'eterno amore. E' il linguaggio di S.Agostino.
L'amore che cos'è? E' la comunione nella differenza. Il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, lo Spirito Santo è l'amore che permette la differenza fra il Padre e il Figlio.
Se i coniugi imparano ad ascoltare lo Spirito Santo, a lasciarsi trasformare dallo Spirito Santo, imparano anche ad accettare la differenza fra maschile e femminile non come una differenza che separa, ma che arricchisce.
L'uomo può dare qualcosa alla donna, la donna può dare qualcosa all'uomo : se la differenza diventa ricchezza, allora non c'è più il bisogno di evadere, ma c'è l'amicizia, la carità coniugale come sentirsi bene con l'altro, come sentire che l'altro è la persona con cui ho fiducia, con cui posso confidare tutto.
Ciò non è facile perché c'è in noi un residuo del peccato originale, l'egoismo, ma soprattutto non siamo educati a vivere la differenza come ricchezza.
Riguarda il maschile e il femminile, ma riguarda anche la differenza di carattere: ognuno dei due coniugi viene da esperienze diverse, le proprie famiglie di origine quindi porta con sé una storia, un bagaglio, un carattere , tanti fattori…
Le due persone si incontrano, si vogliono bene, ma passati i primi entusiasmi vengono fuori i primi difetti caratteriali o le concezioni diverse. Allora cosa fare? Ci scontriamo o impariamo a rispettarci nelle differenze? Impariamo a rispettare l'altro e a valorizzare ciò che di buono nell'altro c'è, magari aiutandoci a superare i difetti.
Lui mi dice i difetti che ho io , io dico a lui i difetti che lui e insieme ci aiutiamo a superarli, non contrapponendosi, ma camminando insieme.
Lo Spirito Santo, se fosse conosciuto, accolto fino in fondo, non in maniera miracolistica, ma in maniera graduale, perché lo Spirito Santo opera nel silenzio, nel nascondimento. Lo Spirito Santo, in tutta la storia della salvezza appare in maniera visibile solo nella Pentecoste, poi opera sempre in maniera nascosta, pensate a Maria, quando suscita in Lei il Figlio di Dio in maniera nascosta.
Lo Spirito Santo esige la custodia del silenzio e attraverso il silenzio lo Spirito Santo opera in maniera graduale, ma opera:
il problema è di ascoltarlo è di sapere che Lui è presente, di invocarlo e di lasciarlo parlare, perché lo Spirito Santo parla congiuntamente alla Parola di Dio.
Tutta la Scrittura è Parola ispirata, ci è stata data grazie allo Spirito Santo e lo possiamo capire solo ascoltando lo Spirito Santo, allora la spiritualità coniugale deve sapere essere una spiritualità al tempo stesso di ascolto della Parola di Dio e di ascolto dello Spirito Santo, coniugando l'uno con l'altro,un ascolto con l'altro ascolto.
Se i coniugi imparano a fare questo cammino, ripeto non in modo miracolistico, ma un cammino di profondità, di contemplazione, certamente sono sulla strada di costruire un matrimonio riuscito, felice, anche se ci sono le difficoltà, un matrimonio in cui si sa di volersi bene: così si può camminare insieme per costruire quell'ideale di matrimonio che certamente tutti i fidanzati si portano dentro.
Chi fa gli incontri coi fidanzati, sa quanto idealismo c'è dentro di loro ; il problema è: riusciranno a realizzare quel desiderio bello, straordinario di un matrimonio felice? Dipenderà da loro!
Se queste premesse troveranno la giusta realizzazione, certamente sarà possibile , ma se saranno soli, se penseranno di far tutto da soli, se lo Spirito Santo non li aiuterà prevarrà, purtroppo l'eredità del peccato originale, l'egoismo, l'immaturità, l'orgoglio…
Il primo peccato è proprio quello dell'orgoglio: quante sofferenza nella vita di coppia derivano dall'orgoglio, quante volte, quando si litiga, dentro di sé dice:"Ho ragione io" e più è intelligente e più trova mille motivi per darsi ragione, per essere arrabbiato con l'altro. Allora passano periodi più o meno brevi o lunghi semplicemente perché nessuno dei due ha il coraggio di dire :" Ho sbagliato io, abbiamo sbagliato tutti e due…, bene ricominciamo" e quando ci si arriva , ci si libera da un peso perché non si può vivere nell'angoscia.
Alla radice di tutto c'è l'orgoglio, perché quando si sbaglia c'è spesso il 50% della colpa…
Fra i due, quello che ha il coraggio di domandare perdono, non è il più debole, ma il più forte;
noi siamo abituati a pensare che non domandiamo perdono perché per orgoglio, per forza, deve essere l'altro a chiedere perdono per primo, così uno pensa di essere forte.
In realtà, pensate Dio: Dio è onnipotente perché ci perdona! Una colletta della messa dice: " Dio, che manifesti la tua onnipotenza nel perdono…"
Dio è onnipotente non buttando fuoco, fiamme, ma perdonando! Nella vita dei coniugi, quando c'è uno che fa il primo passo, non è il più debole, ma il più forte, perché non è facile domandare perdono o anche concedere perdono perché l'orgoglio può giocare in tutti e due i modi.
Lo Spirito Santo dovrebbe aiutare a superare queste meschinità che sono in noi che portiamo dietro queste miserie di immaturità.
Allora la spiritualità coniugale è indirizzata alla comunione ,sul modello della Trinità ed è una spiritualità indirizzata alla missione.
Lo Spirito Santo è colui che unisce, pensate alla Chiesa nasce il giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo unifica, tutti parlano diverse lingue , unifica per inviarla in missione. Gli apostoli partono per annunciare il Vangelo. Lo Spirito Santo è inviato agli sposi per unirli, non più due ma un solo essere, perché siano comunione e comunità, piccola Chiesa domestica, non perché si chiudano dentro le quattro mura, ma perché a loro volta diventino evangelizzatori, portino agli altri il lieto annuncio della salvezza. Una comunione per la missione. Lo Spirito Santo deve essere in grado di mettere in moto questa attenzione, quindi ad essere capace di costruire la vita di coppia, ma deve anche continuamente sollecitare e spingere verso l'evangelizzazione, la famiglia soggetto di evangelizzazione. I coniugi sono soggetto di pastorale. E questo è un tema bellissimo anche della patristica: San Crisostomo e gli altri padri infatti mettevano continuamente in parallelo il compito dei vescovi e dei presbiteri nella comunità col compito dei coniugi nella famiglia e nella stessa comunità, con l'esempio, con la parola e così via. È un parallelismo questo che è ricorrente nei primi secoli, e che poi gradualmente è andato sfumando. E oggi bisogna riscoprire questa dimensione: la Spiritualità Coniugale deve avere questo spessore comunionale e missionario. Un ultimo aspetto di Spiritualità coniugale è quello della sua itineranza, del suo cammino, una spiritualità che viene e va verso l'assoluto dell' amore. Possiamo usare qui la metafora del viaggio, quella più espressiva perché il viaggio comporta innanzitutto una fatica che prevede degli ostacoli. E il cammino della coppia è appunto un percorso pieno di ostacoli con una meta da raggiungere che comporta una fatica. Parlare di viaggio vuol dire dunque mettere in preventivo tutto questo. Non pensare che tutto sarà facile. Se la fatica si affronta da sola, allora può diventare anche un cammino difficile, insuperabile e a volte perfino fallimentare; se invece si sa che non si è soli e che il Signore ci accompagna, allora il cammino è possibile. Ecco perché è importante che ci sia questa invocazione costante dello Spirito. Naturalmente lo Spirito opera nella misura in cui lo si invoca e si vive un'esperienza di preghiera; questo cammino della coppia è un viaggio che durerà tutta la vita e, io direi, continuerà anche nell'eternità. Non dobbiamo pensare che il viaggio sia soltanto un viaggio terreno; io sono convinto che ciò che è di grande che i due coniugi hanno vissuto rimarrà per l'eternità. Così come la nostra stessa corporeità sarà trasfigurata, così anche l'amore coniugale rimarrà. Un filosofo contemporaneo, Gabriel Marcel, ha scritto "Saremo per sempre ciò che avremo amato sulla terra". E questo è un aspetto bello perché significa che i coniugi non sono soltanto compagni di vita, ma sono compagni di eternità. Io volevo concludere leggendo un testo di San Giovanni Crisostomo sul matrimonio commentando il Cantico dei Cantici:
"Ti ho preso tra le mie braccia, ti amo e ti preferisco alla mia stessa vita, siccome la vita presente non è che un passaggio verso l'eternità, il mio desiderio più ardente è di vivere questa vita nella piena comunione con te, in modo da essere sicuro di non essere mai separato da te, nell'eternità che ci è riservata. Per questo pongo il tuo amore al di sopra di tutto".


DOMANDE:

1-Sono sacerdote e parroco. Le cose che lei ha detto sono bellissime e sono vere soprattutto. Sento il bisogno di un chiarimento. Se queste cose sono vere, e lo sono, la prassi pastorale del matrimonio, i corsi di preparazione… smentisce, dice che non è vero tutto questo. Allora, o noi smettiamo di annunciare la verità più forte, il sacramento del matrimonio, ma questo non è possibile, oppure bisogna cambiare il modo di fare pastorale. La cosa più bella per me di questa sera è quando ha detto che è Gesù che consegna lei a lui e viceversa. Ma può consegnare qualcosa o qualcuno che non gli appartiene? Perché se io non vivo il battesimo non mi sono consegnato al Signore, non sono quindi coscientemente cristiano, non appartengo a Cristo perché il mio battesimo non lo vivo, Cristo cosa consegna all'altra? Qualcosa che non gli appartiene, e quindi sembrerebbe che gran parte dei matrimoni siano nulli. La prima domanda che noi parroci facciamo ai due è se sono venuti liberamente e coscienti di ciò a cui vanno incontro. Come mai nella prassi pastorale noi continuiamo a dire praticamente che non è vero tutto questo?

Risposta di don Carlo Rocchetta
Il problema è serio anche dal punto di vista teologico perché in effetti c'è una questione di validità del Sacramento del matrimonio. Ci sono anche adesso dei gruppi che stanno lavorando in questo senso, ma io non vorrei metterla su questo piano, perché diventerebbe una questione molto complessa. Io penso che i matrimoni, una volta che due sono battezzati, che ci sono le condizioni necessarie di libertà previste dal codice, sono validi. Ma il problema è che non basta che siano validi, bisogna che siano fruttuosi. Per essere fruttuosi non bastano le condizioni oggettive, ci vogliono le condizioni soggettive, cioè che le persone siano consapevoli della propria fede. Quindi una cosa è la validità oggettiva, una cosa è la fruttuosità soggettiva. E questo vale anche per l'Eucarestia: soggettivamente con più fede mi accosto alla Messa, e più vivo l' esperienza del'incontro con il Cristo. È così anche per il Sacramento del matrimonio; certo, le condizioni minimali ci devono essere, ma se si accetta questo il matrimonio oggettivamente è valido però il dramma è che poi quel matrimonio rimane lì, il "pollo che non è un'aquila". Qui il problema è veramente quello dell'evangelizzazione. Io sto dicendo da anni che non bastano più i soliti corsi che si fanno per i fidanzati. Secondo me con gradualità e con sapienza allora bisogna arrivare alla istituzione di itinerari più prolungati, un vero itinerario di fede che permetta di rifondare il senso del battesimo, il senso dell'essere credenti in Cristo, nel Vangelo, nei Sacramenti. So che può essere difficile ma vi posso dire che già in alcune diocesi si sta facendo. In alcune diocesi ci sono due binari: quello massimale e quello minimale. Il primo offre a chi vuole, ai fidanzati prima di tutto che vivono nel fidanzamento un vero e proprio periodo di grazia, ma anche ai giovani sposi per una continua riscoperta di quanto hanno celebrato, un itinerario a livello diocesano o interparrocchiale, a seconda della dimensione delle diocesi, nel periodo di settembre, all'inizio di un anno pastorale.
Magari accettano un 20% o 30% di fare questo cammino ed è già qualcosa, un cammino di un anno o anche di due per arrivare al matrimonio come Dio comanda. Un cammino con ritrovo settimanale per un approfondimento non solo dottrinale, ma anche di preghiera, perché la fede non è solo dottrina, ma esperienza, vivere l'incontro con Cristo, l'esperienza di essere comunità … Un itinerario di fede, dunque, un itinerario catecumenale.
Per le altre coppie cosa si fa? Il matrimonio non possiamo negarlo, quando ci sono le condizioni di validità, perché il matrimonio è un diritto naturale, in quanto esiste prima del sacramento del matrimonio. Allora, quando ci sono le condizioni minimali, non si può negare.
Il problema adesso è mettere in moto sempre più questi itinerari fondativi, prolungati, che facciano fare una esperienza forte, globale della fede e allora forse cominceremmo a vedere coppie di sposi preparati, che a loro volta si preoccuperanno dei figli. Si metterà in moto un circolo virtuoso e non vizioso, come attualmente, dove i fidanzati arrivano al matrimonio non preparati, per questo a loro volta sono genitori che si disinteressano dei figli … e così via. La cosa si moltiplica in peggio.
Il problema che lei solleva è grandissimo, però: primo non dobbiamo cessare di annunciare la verità del matrimonio, perché vorrebbe dire non annunciare più il Vangelo; secondo penso sia possibile mettere in moto questi itinerari con la dovuta gradualità, perché così effettivamente il fidanzamento sarebbe un periodo di grazia. Siamo colpevoli noi, sacerdoti, operatori pastorali…
Se i fidanzati si sanno prendere per il modo giusto, sono disponibili perché non ci sono ancora figli, non ci sono ancora tanti impegni….; magari all'inizio sono un po' refrattari, però dopo capiscono che si parla di cose che a loro interessano….Nelle mia esperienza qualcuno tornava a fare il percorso due volte…Certo non deve essere gente del tutto indifferente!
Sta a noi creare il clima adatto, far capire i contenuti e che essi siano aderenti alla vita, concreti, non astratti. Ci vuole sempre la coppia accanto al sacerdote: io facevo la parte teologica e gli sposi la vita vissuta. Bisogna mettersi insieme: anche se aiutiamo una sola coppia di fidanzati noi faremo una cosa meritoria; tutto ciò che facciamo è fondamentale perché quella coppia sarà capace di resistere alle tempeste, alle difficoltà…Bisogna lavorare sul piano dell'evangelizzazione!

2- E' una fatica, qualche volta, parlare di preghiera alla coppia, come di lettura della Bibbia insieme.
Questa spiritualità è dentro la vita di coppia, in un certo senso non è solo del cristiano, è della coppia dove c'è l'amore. Qualche volta ci sono coppie di non cristiani che però sono esempio di una vita di amore. Lo Spirito agisce dove vuole…

Rocchetta: Ma noi, intanto, facciamolo agire in casa nostra! se poi va anche al di là, benissimo, non dobbiamo rammaricarci… intanto facciamolo spirare nella vita delle nostre coppie
Preghiera non vuol dire recitare delle preghiere, solo, io oserei parlare di contemplazione: esperienza interiore di incontro con l'assoluto di Dio.
Nella vita di copia, più la coppia ama Dio, più impara ad amarsi reciprocamente, più si ama, più ama Dio, non c'è dualismo. Non c'è l'amore di Dio da una parte,l'amore di coppia dall'altra, come due realtà separate. Se la coppia fa una forte esperienza di Dio, impara a vivere l'amore reciproco.
Una coppia di sposi raccontava che , quando si sposarono il sacerdote che celebrava il matrimonio, fece fare una promessa: ogni sera avrebbero detto una qualche preghiera insieme.
Il fatto di avere questa preghiera da dire insieme aveva costretto loro a non prolungare più di 12 ore i litigi, perché era impossibile pregare da arrabbiati…Uno doveva fare il primo passo!
La preghiera ha anche questo effetto terapeutico: non posso accettare di vivere l'orgoglio, la presunzione…I litigi duravano dalla mattina alla sera.
La preghiera se fosse vissuta nella sua bellezza, nella sua straordinaria ricchezza di incontro con Dio, coniugata con la Parola di Dio non ci sarebbero difficoltà.
Quante coppie finiscono fallite: siamo già arrivati al 50%dopo di che c'è terra bruciata, dietro, anche per i figli! Tutto quello che facciamo per il fidanzamento, per la coppia, per la famiglia è assolutamente indispensabile. La famiglia è l'ultima diga: se si rompe io non so che cosa succederà:
dove cresceranno i figli? La famiglia è il luogo proprio dove il bambino deve crescere, impara a conoscere se stesso, l'altro.
In Italia, oggi non si usa più nemmeno parlare di famiglia : si usa "nucleo familiare" . E' un piccolo giochetto per dire tutto: famiglie omosessuali, di fatto…
La famiglia è fondata sul matrimonio, riconosciuto pubblicamente, anche sul piano civile. C'è un tentativo molto subdolo per annullare la realtà della famiglia, estendendo il concetto di famiglia a qualunque tipo di unione. Per noi matrimonio ha delle specifiche caratteristiche: l'indissolubilità, il tutto e il per sempre…Bisogna annunciare la bellezza di ciò che abbiamo, sia con le parole, sia con la vita : già quello è una predica ,è un contro-annuncio ad un annuncio diverso.
Dipende da noi!Tra i fidanzati rimane il desiderio di un amore vero, profondo, puro, autentico. Rimane questa nostalgia, bisogna farli volare in alto.

3- Lei ha parlato molto di coppia; qui in Romagna siamo più abituati a parlare di famiglia, di figli.
Non lavoriamo per costruire per la coppia , allevarla, nutrirla, invece lei ha parlato molto di coppia e io la ringrazio tanto.
Un chiarimento sulla santità: lei ha detto che il matrimonio è la via per la santità: E' una via o io, sposata in chiesa, sono chiamata a diventare santa attraverso questa via? Se è questo,veramente io devo mettere in testa che io posso diventare santa solo vivendo la relazione col mio marito, col mio sposo. Normalmente ciò non è nella nostra testa, magari si è sempre pensato di diventare santi facendo molte cose, volontariato … questa strada del matrimonio vorrei che lei la spiegasse meglio.

Rocchetta. Prima si deve parlare della coppia, poi della famiglia. La coppia è la spina dorsale che regge la famiglia, è la base. Dal punto di vista teologico, anzitutto c'è la teologia della coppia, come teologia del Sacramento del matrimonio, poi c'è la teologia della famiglia, che è agli inizi. E' importante partire dalla coppia, dalla spiritualità coniugale, i due coniugi che si vogliono bene…
Il matrimonio è una via della santità de realizzare in se stessa. Gli sposi si santificano l'uno con l'altro, l'uno per l'altro, attraverso un cammino a volte faticoso, però è quella la via della santità, della fedeltà.
Pensate a Santa Monica: ha vissuto fino in fondo il suo essere moglie e madre .Bisogna affermare con forza che il matrimonio non è una via secondaria, ma è una via propria, come c'è una via della consacrazione a Dio c'è la via del matrimonio per la santità, come dice il Concilio Vaticano II.:" Tutti i battezzati, in qualunque stato di vita sono chiamati alla santità"
Non si deve chiudere nel proprio guscio, deve aprirsi agli altri, nel limite del possibile…
Poi ci sono anche le varie stagioni: quando i bambini sono molto piccoli, occorre dedicarsi a loro, poi quando crescono si sarà più spazio per gli altri…La santità non è da cercare al di fuori della famiglia, ma nella famiglia, attraverso la famiglia, grazie alla famiglia in tutte le forme.
Famiglia come luogo di santità e di santificazione.

4- L'atto di Cristo che consegna l'uomo alla donna è un concetto bellissimo, ma sembra così lontano: perché Cristo non si manifesta maggiormente nella vita di coppia? Perché sembra così lontano? Questa spiritualità perché non si rende più visibile?

Rocchetta: Il problema è di avere gli occhi per vedere, si tratta di avere gli occhi della fede per vedere questa presenza attraverso questi segni perché il Cristo ormai è glorioso, è vissuto su questa terra per un certo periodo poi è glorificato e continua a parlarci attraverso la Chiesa, i suoi ministri, i Sacramenti, il Vangelo, l'amore verso gli altri…e nella vita coniugale attraverso l'incontro, il volersi bene: non c'è da andare a cercarlo nelle nubi, è presente in tutti questi segni, a volte anche nella sofferenza: la perdita di un caro, la malattia. In tutti gli avvenimenti bisogna leggere la presenza di Cristo: nel dolore e nella gioia.
Dio non è qualcuno che sta sulle nubi del cielo, lassù, se noi viviamo Dio ci ama; non c'è un momento lontano da Dio: noi siamo in Dio e Dio è in noi.
E' un problema di occhi, gli occhi della fede, al di là dei segni non c'è niente che sia puramente umano, è già un fatto di grazia, anche il ritrovarsi qui stasera è un fatto di grazia.
Cristo ci aiuta a riflettere sulla sua parola .Tutta la vita è in Cristo: solo il peccato ci allontana da Cristo, come atto volontario, intenzionale di offesa , di rifiuto di Dio:
Dio non è nell'Olimpo: questa è la visione greca! Nel momento in cui Dio è presente nei sacramenti,
Dio è in mezzo a noi, si tratta di saper cogliere! Ci sono mille modi per riconoscere la presenza di Cristo. Il problema è essere educati a leggere con gli occhi la presenza: tutto è grazia!
"Tutto è grazia" è una espressione che si trova sia negli scritti di Santa Teresa di Lisieaux, sia nel libro di Bernanos "Diario di un curato di campagna". Io non so chi l'ha detta per primo questa affermazione bellissima: sapere che tutto è grazia, che ogni momento, che niente è inutile.
Nella vita di coppia questo vuol dire che qualunque momento è dono di Dio e devo viverlo come rendimento di grazia. Questo in fondo è contemplazione, non una cosa astratta dunque, ma saper vedere ogni circostanza come una presenza di Dio, un sua parola. E così tutto si trasforma.

(Relazione trascritta da nastro e non rivista dal relatore)

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