lunedì 26 marzo 2007

IL PAPA PARLA AI PARTECIPANTI DEL CONGRESSO"I CINQUANTA ANNI DEI TRATTAMENTI DI ROMA




Le radici e il futuro
LA CIVILTÀ EUROPEA NON PRESCINDE DAI PROPRI VALORI

di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA

DIMENTICANDO i valori del cristianesimo, l’Europa rischia l’apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio. Questa frase del discorso di Benedetto XVI ai vescovi europei contiene e suscita una doppia eco. La prima evoca la lunga storia della civiltà europea, la seconda l’incidenza della fede in Dio negli atteggiamenti degli europei del nostro tempo.
Lasciamo da parte la diatriba sulla mancata citazione delle radici cristiane nel Trattato che contiene la Costituzione dell’Europa, perché si rischierebbe di essere irrispettosi verso coloro che quel testo ispirarono o scrissero, evidentemente preoccupati di risvegliare ricordi di antiche guerre di religione o di ostacolare, con la rivendicazione di una identità religiosa, la pacifica convivenza di cittadini e di gruppi professanti fedi diverse o nessuna fede. Il tema non è questo, è altro. L’Europa è un’associazione di Stati, o anche e soprattutto una delle grandi civiltà del mondo? E allora, perché tacere sui caratteri di questa civiltà, come si è andata costituendo ed evolvendo, quali fattori hanno agito in essa e con quali esiti, e infine perché ne siamo oggi turbati al punto che l’appartenervi obbliga a un confronto pericoloso con civiltà di altri popoli e continenti?
L’Europa non nasce da eventi interni alle aree abitate o invase dai tanti popoli esistenti nel suo spazio geografico. Dalla Palestina il cristianesimo, da Bisanzio il diritto romano furono gli assi lungo i quali si andò svolgendo la civilizzazione dei popoli europei. La predicazione del Vangelo insegnò ai barbari le virtù della mitezza, dell'amore del prossimo e dei lontani, finanche dei nemici.
Le opere di pietà alleviarono la povertà, le sofferenze delle malattie, le sfortune e le ingiustizie dell’esistenza. La grande eredità della cultura greco-romana fu preservata e tramandata, insieme al lascito particolarmente prezioso nelle scienze esatte di quella araba.
La logica occidentale si costruisce nelle università francescane della Sorbona e di Oxford. San Tommaso accoglie Aristotele nel pensiero cristiano insegnando dalle cattedre di Parigi e di Napoli. Le abbazie benedettine facevano rinascere la conoscenza perduta degli attrezzi e delle tecniche evolute dell’agricoltura romana e con essa restituivano alla fertilità terre desertificate, o sommerse da paludi o coperte da foreste. La vita cittadina risorse in quei luoghi che la regressione barbarica aveva devastato e ridotto in rovina.
Alla riorganizzazione amministrativa, giuridica, politica degli Stati, come a quella economica e domestica dei privati contribuì il diritto romano, anch’esso annodato al cristianesimo, come svela il proverbio medievale, che del diritto autore è l’uomo, della giustizia Dio. Finché non si giunge allo scisma che divide l’Europa in due, luterana a Nord, cattolica a Sud. E poi alla reattività cattolica al pensiero scientifico e filosofico moderno, con errori che la Chiesa stessa oggi ha riconosciuto. La secolarizzazione della mente, dei costumi sociali, la laicità dello Stato sono svolgimenti, che chiamano in causa il cristianesimo, lo avversano, ma ne derivano. Non si dà identità alla storia d’Europa, prescindendo dal cristianesimo.
Oggi temiamo che la condizione umana più libera, insieme alla vita materiale più prospera in questa parte del mondo, se riconosciuta superiore a quella realizzata in altre civiltà, conduca al conflitto alimentato da fondamentalismi religiosi. Il rimedio sembra essere quello di comportarsi come se Dio non esistesse. Ecco la seconda eco della frase di Benedetto XVI, l’abdicare da Dio. Se altri uccidono, invocando la grandezza di Dio, il nostro esorcismo sta nel tacere di Dio. Se continuassimo a vivere la nostra civiltà nei valori cristiani che l’hanno costituita, senza professare la fede, o professandola in segreto, questo basterebbe?
Anche la fede vive nella storia, e la storia va ricordata e vissuta insieme. Un Dio nascosto nell’intimità di una coscienza muore con quella e a poco a poco non abiterà più nella società che lo ha dimenticato.

Il Messaggero, 25 marzo 2007


LA DIFESA DEI VALORI TRA PASSATO E FUTURO

PIETRO SCOPPOLA

NON è stato certo un discorso di circostanza, formale o convenzionale, quello che Benedetto XVI ha pronunciato davanti ai vescovi europei riuniti per i 50 anni dei Trattati di Roma. È stato piuttosto un discorso i cui contenuti vanno ben al di là dell´uditorio cui era destinato, investono e provocano non solo i cattolici ma le classi dirigenti e la più vasta opinione pubblica europea. Solo un attento studio del testo integrale permetterà di coglierne tutte le implicazioni entro un magistero, come quello di Benedetto XVI, che si sviluppa di giorno in giorno con una sua rigorosa coerenza.
Ma anche dalle prime informazioni giornalistiche se ne possono cogliere alcuni aspetti salienti. Anzitutto la denuncia durissima della crisi dell´Europa che «sotto il profilo demografico» rischia «il congedo dalla storia» e il cui processo di unificazione sembra sia stato scritto «senza tener conto delle attese dei cittadini». Un distacco dai cittadini che il Papa collega al mancato esplicito richiamo alle radici cristiane. Ritorna dunque nelle parole del Papa il riferimento alle «radici cristiane» dell´Europa come risposta alla sua crisi di identità e come strumento per "avvicinarsi" ai cittadini. Ai governi dell´Unione il Papa chiede di non trascurare il cristianesimo nella costruzione della casa comune se l´Europa vuole evitare una «apostasia da se stessa».
Il riferimento ai valori cristiani si traduce, secondo lo schema mentale caro a Papa Ratzinger nel richiamo ad una «natura umana stabile e permanente fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano». L´Unione, chiede il Papa, salvaguardi il diritto alla obiezione di coscienza ogni volta che i diritti fondamentali fossero negati. Ai cristiani in particolare è richiesto di essere presenti in modo attivo nel dibattito pubblico europeo nella consapevolezza che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale.
Dunque un discorso di respiro nel quale è ben presente la consapevolezza, oggi condivisa da tanta cultura laica, di una crisi della democrazia che ha bisogno di attingere a fonti etiche che hanno nella esperienza religiosa una loro ricca e naturale riserva. Oggi il principio fondamentale di laicità non esclude anzi implica il libero apporto delle diverse esperienze religiose alla formazione di un tessuto etico comune. Da questo punto di vista l´intervento di Papa Ratzinger si colloca a pieno titolo fra i contributi rivolti ad un rilancio dell´Europa e del suo processo di unificazione.
Una discussione si aprirà sul richiamo alle radici cristiane dell´ Europa. Se n´è tanto discusso in occasione del dibattito sulla costituzione europea, poi fallita, e si disse allora, anche da parte di voci cattoliche, che le radici andavano colte nella loro complessità ed interdipendenza e che più del richiamo verbale ad esse contavano i frutti dell´albero raccolti in una storia densa di contraddizioni. Sembra oggi più che mai necessario che il richiamo ai valori fondanti dell´Europa superi ogni nominalismo e si misuri su una severa visione critica della sua storia e della sua politica. Della sua storia anzitutto, se è vero che avevano nomi cristiani le navi negriere che trasportavano gli schiavi neri, strappati alle loro terre per essere trasportati nel nuovo mondo e costretti al lavoro forzato; se è vero che nel nome delle diverse appartenenze cristiane gli europei si sono a lungo perseguitati e mandati al rogo a vicenda. Della sua politica, oggi, rispetto alle responsabilità che discendono dal passato coloniale: si pensi alla pace nel Medio oriente e ai problemi di dimensione planetaria che la chiamano e la sfidano.
Ebbene il discorso del Papa è aperto a questi sviluppi e a queste interpretazioni purché non lo si legga sul filo di una sofferta nostalgia per una cristianità perduta, e purché soprattutto quel richiamo alla dignità dell´uomo e ai diritti di natura, così insistito nei suoi interventi, sia premessa e condizione di dialogo con la tutte le culture che si riconoscono in questi diritti e non sia invece, come spesso è avvenuto in passato, rivendicazione da parte della Chiesa di una lettura in qualche modo privilegiata e garantita della natura umana e dei suoi valori. Non sembra possibile rifarsi oggi a un diritto di natura senza una piena consapevolezza del forte intreccio fra la sua stabilità e permanenza e la sua ricca storicità.
Così questo importante discorso di Benedetto XVI appare in bilico fra il passato e il futuro, fra la nostalgia e la speranza. Sarà tanto più utile all´Europa se su di esso, si aprirà una riflessione non prevenuta che coinvolga cattolici e laici. Siamo a un momento cruciale del rapporto fra la cultura laica e la cultura di ispirazione cristiana. Tutte le occasioni possono essere buone per approfondire un solco che si è indubbiamente creato. Tutte possono essere utili per colmarlo.

Repubblica, 25 marzo 2007

Caro Scoppola, questo editoriale e' molto interessante ma Le consiglio di leggere direttamente i discorsi del Papa e di non fidarsi delle sintesi giornalistiche.


Compromesso antistorico

di Massimo Introvigne

A sentire Romano Prodi viviamo nella migliore delle Europe possibili. L'Europa è un esempio per il mondo, cui pensa di poter dare lezioni in tema di pace, moralità e diritti delle minoranze. Il libro dei sogni di Prodi è stato subito seguito da un brusco risveglio. Benedetto XVI, ricevendo sabato gli episcopati dell'Unione Europea, ha ripetuto quanto aveva già detto a Natale: l'Europa «sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». Altro che magnifiche sorti e progressive.

Benedetto XVI è tornato sui tre punti centrali in cui vede la malattia mortale del continente europeo. Il primo è la «crisi demografica», che «causa enormi difficoltà alla coesione sociale» ma soprattutto rivela che l'Europa «sta perdendo fiducia nel proprio avvenire», né vede nei suoi governanti chi sia in grado di rassicurarla. Anzi, nota il Papa, «il processo stesso di unificazione europea si rivela non da tutti condiviso, per l'impressione diffusa che vari capitoli del progetto europeo siano stati scritti senza tener adeguato conto delle attese dei cittadini».

In secondo luogo, l'Europa vive una «singolare forma di apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio», nel senso che «dubita della sua stessa identità». La radice di questa apostasia è la paura non solo del cristianesimo, ma di una legge morale condivisa che s'imponga a tutti, credenti e non credenti. Persa nel relativismo, l'Europa dubita che i valori che emergono dalla sua storia siano - come per Benedetto XVI invece sono - «valori universali». Così, non è in grado di difenderli quando sono aggrediti da chi è portatore di altri valori opposti e incompatibili, e reagisce proponendo un «bilanciamento di interessi» o una «ponderazione» che si risolve in continue mediazioni: un «compromesso», che finisce per non difendere il bene comune ma procurare al continente aggredito da altre culture il suo esatto contrario, che il Papa chiama «il male comune». «Il pragmatismo, presentato come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale ed ideale, che è inerente alla natura umana»: parole su cui dovrebbero forse meditare anche i politici nostrani che teorizzano e praticano l'arte del compromesso perfino con i terroristi talebani.

Il terzo aspetto della crisi europea è il laicismo delle istituzioni e delle leggi che «nega ai cristiani il diritto stesso d'intervenire come tali nel dibattito pubblico». Né i cristiani vogliono tutelare presunti «ingiustificati privilegi». Il relativismo, dopo avere corroso la fede, oggi attacca anche la ragione e nega «l'esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano». Anche qui, l'appello ai cristiani presenti nella vita pubblica perché «difendano strenuamente» la verità, e la condanna di chi accetta «compromessi sui valori essenziali» come quelli sulla vita e sulla famiglia, presentandoli in modo «cinico» come «presunto male minore», vale certo in tutta Europa ma si applica in particolare a vicende italiane che riguardano l'eutanasia, la droga, la ricerca sugli embrioni e i Dico.

Il «pensiero forte» di Benedetto XVI colpisce al cuore ogni «cattolicesimo adulto» disposto a sacrificare i valori per mantenersi al governo: «Non piegatevi alla logica del potere fine a se stesso! Vi sia di costante stimolo e sostegno l'ammonimento di Cristo: se il sale perde il suo sapore a null'altro serve che ad essere buttato via e calpestato».

Il Giornale, 25 marzo 2007
PAPA: EUROPA RISCHIA APOSTASIA SE DIMENTICA I SUOI VALORI


UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO PROMOSSO DALLA COMMISSIONE DEGLI EPISCOPATI DELLA COMUNITÀ EUROPEA (COMECE)

Alle 11.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Congresso "I 50 anni dei Trattati di Roma - Valori e prospettive per l’Europa di domani", promosso dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Onorevoli Parlamentari,
Gentili Signore e Signori!

Sono particolarmente lieto di ricevervi così numerosi in questa Udienza, che si svolge alla vigilia del cinquantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, avvenuta il 25 marzo 1957. Si compiva allora una tappa importante per l’Europa, uscita stremata dal secondo conflitto mondiale e desiderosa di costruire un futuro di pace e di maggiore benessere economico e sociale, senza dissolvere o negare le diverse identità nazionali. Saluto Mons. Adrianus Herman van Luyn, Vescovo di Rotterdam, Presidente della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, e lo ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto. Saluto gli altri Presuli, le distinte personalità e quanti prendono parte al Convegno promosso in questi giorni dalla COMECE per riflettere sull’Europa.

Dal marzo di cinquant’anni or sono, questo Continente ha percorso un lungo cammino, che ha condotto alla riconciliazione dei due "polmoni" – l’Oriente e l’Occidente – legati da una storia comune, ma arbitrariamente separati da una cortina d’ingiustizia. L’integrazione economica ha stimolato quella politica e ha favorito la ricerca, ancora faticosamente in corso, di una struttura istituzionale adeguata per un’Unione Europea che, ormai, conta 27 Paesi ed aspira a diventare nel mondo un attore globale.

In questi anni si è avvertita sempre più l’esigenza di stabilire un sano equilibrio fra la dimensione economica e quella sociale, attraverso politiche capaci di produrre ricchezza e d’incrementare la competitività, senza tuttavia trascurare le legittime attese dei poveri e degli emarginati. Sotto il profilo demografico, si deve purtroppo constatare che l’Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia. Ciò, oltre a mettere a rischio la crescita economica, può anche causare enormi difficoltà alla coesione sociale e, soprattutto, favorire un pericoloso individualismo, disattento alle conseguenze per il futuro. Si potrebbe quasi pensare che il Continente europeo stia di fatto perdendo fiducia nel proprio avvenire. Inoltre, per quanto riguarda, ad esempio, il rispetto dell’ambiente oppure l’ordinato accesso alle risorse ed agli investimenti energetici, la solidarietà viene incentivata a fatica, non soltanto nell’ambito internazionale ma anche in quello strettamente nazionale. Il processo stesso di unificazione europea si rivela non da tutti condiviso, per l’impressione diffusa che vari "capitoli" del progetto europeo siano stati "scritti" senza tener adeguato conto delle attese dei cittadini.

Da tutto ciò emerge chiaramente che non si può pensare di edificare un’autentica "casa comune" europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. Tali valori, che costituiscono l’anima del Continente, devono restare nell’Europa del terzo millennio come "fermento" di civiltà. Se infatti essi dovessero venir meno, come potrebbe il "vecchio" Continente continuare a svolgere la funzione di "lievito" per il mondo intero? Se, in occasione del 50.mo dei Trattati di Roma, i Governi dell’Unione desiderano "avvicinarsi" ai loro cittadini, come potrebbero escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza di loro continua ad identificarsi? Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di "apostasia" da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità? Si finisce in questo modo per diffondere la convinzione che la "ponderazione dei beni" sia l’unica via per il discernimento morale e che il bene comune sia sinonimo di compromesso. In realtà, se il compromesso può costituire un legittimo bilanciamento di interessi particolari diversi, si trasforma in male comune ogniqualvolta comporti accordi lesivi della natura dell’uomo.

Una comunità che si costruisce senza rispettare l’autentica dignità dell’essere umano, dimenticando che ogni persona è creata ad immagine di Dio, finisce per non fare il bene di nessuno. Ecco perché appare sempre più indispensabile che l’Europa si guardi da quell’atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore. Tale pragmatismo, presentato come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale ed ideale, che è inerente alla natura umana. Quando, poi, su un tale pragmatismo si innestano tendenze e correnti laicistiche e relativistiche, si finisce per negare ai cristiani il diritto stesso d’intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, se ne squalifica il contributo con l’accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi. Nell’attuale momento storico e di fronte alle molte sfide che lo segnano, l’Unione Europea per essere valida garante dello stato di diritto ed efficace promotrice di valori universali, non può non riconoscere con chiarezza l’esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano. In tale contesto, va salvaguardato il diritto all’obiezione di coscienza, ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati.

Cari amici, so quanto difficile sia per i cristiani difendere strenuamente questa verità dell’uomo. Non stancatevi però e non scoraggiatevi! Voi sapete di avere il compito di contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo. Per questo siate presenti in modo attivo nel dibattito pubblico a livello europeo, consapevoli che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale, ed affiancate a tale impegno un’efficace azione culturale. Non piegatevi alla logica del potere fine a se stesso! Vi sia di costante stimolo e sostegno l’ammonimento di Cristo: se il sale perde il suo sapore a null’altro serve che ad essere buttato via e calpestato (cfr Mt 5,13). Il Signore renda fecondo ogni vostro sforzo e vi aiuti a riconoscere e valorizzare gli elementi positivi presenti nell’odierna civiltà, denunciando però con coraggio tutto ciò che è contrario alla dignità dell’uomo.

Sono certo che Iddio non mancherà di benedire lo sforzo generoso di quanti, con spirito di servizio, operano per costruire una casa comune europea dove ogni apporto culturale, sociale e politico sia finalizzato al bene comune. A voi, già coinvolti in diversi modi in tale importante impresa umana ed evangelica, esprimo il mio sostegno e rivolgo il mio più vivo incoraggiamento. Soprattutto vi assicuro un ricordo nella preghiera e, mentre invoco la materna protezione di Maria, Madre del Verbo incarnato, imparto di cuore a voi ed alle vostre famiglie e comunità la mia affettuosa Benedizione.


NOTIZIE DI AGENZIA:

Ratzinger parla ai vescovi europei in occasione dei cinquanta anni dei Trattati
"Le correnti laicistiche negano la parola ai cristiani, che devono partecipare alla vita politica"

Il Papa: "Ue rischia congedo dalla Storia
Il rifiuto dei valori cristiani è apostasia"

ROMA - Benedetto XVI saluta i cinquanta anni dell'Europa senza dimenticare la Storia, la sua Germania e ricordando che "serve equilibrio tra economia e società altrimenti rischia sotto il profilo demografico il congedo dalla Storia". L'Europa, dice il Pontefice nell'udienza ai vescovi riuniti a Roma per un Convegno sui Trattati europei, "ha percorso un lungo cammino" con la "riconciliazione" tra Est e Ovest, "arbitrariamente separati da una cortina di ingiustizia".

Equilibrio fra dimensione economica e sociale. Oggi, però, ha osservato ancora Benedetto XVI, "è sempre più avvertita l'esigenza di stabilire un sano equilibrio fra dimensione economica e sociale, attraverso politiche capaci di produrre ricchezza e di incrementare la competitività, senza trascurare le legittime attese dei poveri e degli emarginati".

Inoltre, "sotto il profilo demografico" l'Europa rischia il "congedo dalla Storia". Mentre quando cerca il "rispetto dell'ambiente o l'ordinato accesso alle risorse e agli investimenti" fa "fatica" a incentivare la "solidarietà".

"Se si dimentica Cristo si fa apostasia". Benedetto XVI ha anche parlato dei valori cristiani in Europa. Dimenticando i "valori" e il cristianesimo l'Europa rischia una ''apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio", ha detto, chiedendo ai "governi dell'Unione", mentre celebrano i 50 anni dei Trattati di Roma di non trascurare il cristianesimo nella "costruzione della casa comune europea".

Salvaguardare l'obiezione di coscienza. L'Ue salvaguardi "il diritto all'obiezione di coscienza ogni qualvolta fossero violati i diritti fondamentali", ha chiesto ancora il Papa affermando che l'Unione per essere "garante dello stato di diritto" e "promotrice di valori universali" deve "riconoscere con chiarezza" una "natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano".

I cristiani partecipino alla politica per una nuova Ue. Il Papa invita i cristiani ad essere "presenti in modo attivo" nel dibattito pubblico a livello europeo, consapevoli che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale, e ad "affiancare a tale impegno una efficace azione culturale". "Non piegatevi - li esorta - alla logica del potere fine a se stesso".

Correnti laicistiche negano la parola ai cristiani. In un'Europa che sembra voler negare la propria identità, "si inseriscono tendenze e correnti laicistiche e relativistiche, si finisce per negare ai cristiani il diritto stesso di intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, se ne squalifica il contributo con l'accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi", ha detto ancora ai vescovi europei il Papa, esortandoli poi ad essere "presenti in modo attivo nel dibattito pubblico a livello europeo". "Voi sapete - li ha incoraggiati - che avete il compito di contribuire a edificare con l'aiuto di Dio una nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d'ideali e libera di ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo".

Repubblica (sito)


«Salvaguardare obiezione di coscienza, quando diritti umani violati»
Il Papa: l'Europa rischia l'apostasia da se stessa se rinuncia alle radici cristiane
«Se dimentica i valori cristiani che hanno contribuito a forgiarla» La ha detto il Pontefice nella ricorrenza dei Trattati di Roma

CITTA' DEL VATICANO - L’Europa rischia la «apostasia» se dimentica quei «valori universali» che «il cristianesimo ha contribuito a forgiare»: ha ammonito il Pontefice ricevendo i rappresentanti degli episcopati europei a poche ore dall’apertura del vertice Ue di Berlino. «Se, in occasione del cinquantesimo dei trattati di Roma, i governi dell’Unione desiderano avvicinarsi ai loro cittadini, come potrebbero escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il cristianesimo, in cui una vasta maggioranza di loro continua ad identificarsi?», si è domandato il Papa. «Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di apostasia da se stessa prima ancora che da Dio - ha aggiunto Papa Ratzinger - non la induce forse a dubitare della sua stessa identità?». Il Papa non ha chiesto - come aveva fatto in passato da cardinale - la menzione esplicita delle radici giudaico-cristiane nel trattato costituzionale Ue. Benedetto XVI si è limitato a dire che «non si può pensare di edificare un’autentica casa comune europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica. Un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa».

CONGEDO DALLA STORIA - «Sotto il profilo demografico, si deve purtroppo constatare che l'Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». Benedetto XVI ha aperto con questa preoccupata denuncia il suo discorso per il 50esimo dei Trattati di Roma. «Ciò- ha spiegato - oltre a mettere a rischio la crescita economica, può anche causare enormi difficoltà alla coesione sociale e soprattutto favorire un pericoloso individualismo, disattento alle conseguenze per il futuro». Secondo il Papa, «si potrebbe quasi pensare che il Continente Europeo stia di fatto perdendo fiducia nel proprio avvenire».

OBIEZIONE DI COSCIENZA - «Il diritto all'obiezione di coscienza va salvaguardato ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati». È quanto ha detto questa mattina Benedetto XVI nel corso dell'udienza concessa in Vaticano ai partecipanti al congresso «I 50 anni dei Trattati di Roma - Valori e prospettive per l'Europa di domani», promosso dalla Commissione degli episcopati della comunità europea. «Nell'attuale momento storico - ha affermato Benedetto XVI -e di fronte alle molte sfide che lo segnano, l'Unione europea per essere valida garante dello stato di diritto ed efficace promotrice di valori umani universali, non può non riconoscere con chiarezza l'esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano». «In tal contesto - ha aggiunto - va salvaguardato il diritto all'obiezione di coscienza, ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati».

Corriere (sito)


UE: PAPA, EUROPA ATTENTA AD 'APOSTASIA' CHE MINACCIA LA TUA ANIMA

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 24 mar - L'Europa, nel suo sforzo di costruzione della 'casa comune', deve guardarsi da un risorgente rischio di ''apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio'' che la induce ''a dubitare della sua stessa indentita'''. Una identita' nella quale ''un elemento essenziale'' e' costituito dal cristianesimo. E' quanto ha affermato stamane papa Benedetto XVI ricevendo in Vaticano i vescovi della Comece, la Commissione degli episcopati della Comunita' europea riuniti in questi giorni a Roma. Ricordando la firma dei Trattati di Roma del 25 marzo del 1957, il papa ha messo in guardia dal diffondere oggi ''la convinzione che la 'ponderazione dei beni' sia l'unica via per il discernimento morale e che il bene comune sia sinonimo di compromesso. In realta' - ha subito aggiunto - se il compromesso puo' costituire un legittimo bilanciamento di interessi particolari diversi, si trasforma in male comune ogni qualvolta comporti accordi lesivi della natura dell'uomo''. Il papa, nel suo discorso, ha insistito sull'importanza di non perdere ''l'identita' propria dei popoli europei'' definendola ''storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica''. Un'identita', ha poi insistito, ''costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo cosi' un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell'Europa''. ''Tali valori, che costituiscono l'anima del Continente - ha poi proseguito Benedetto XVI - devono restare nell'Europa del terzo millennio come 'fermento' di civilta'. Se infatti essi dovessero venir meno, come potrebbe il 'vecchio' Continente continuare a svolgere la funzione di 'lievito' per il mondo intero? Se, in occasione del 50.mo dei Trattati di Roma, i governi dell'Unione desiderano 'avvicinarsi' ai loro cittadini - si e' ancora chiesto il papa - come potrebbero escludere un elemento essenziale dell'identita' europea qual'e' il cristianesimo?''.


UE: PAPA, CON CALO DEMOGRAFICO RISCHIA CONGEDO DALLA STORIA

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 24 mag - L'Europa deve sentire sempre piu' l'esigenza ''di stabilire un sano equilibrio fra la dimensione economica e quella sociale'' sviluppando la prima senza pero' trascurare ''le legittime attese dei poveri e degli emarginati''. Una Europa ''casa comune'' che, pero', non puo' mancare di interrogarsi sul suo costante calo demografico che ''potrebbe portarla al congedo dalla storia''. Lo ha detto stamane papa Benedetto XVI ricevendo in Vaticano i vescovi della Comece, la Commissione degli espicopati della Comunita' europea. Una denatalita' costante, ha sostenuto il pontefice, che oltre a provocare inevitabili ''rischi di crescita economica, puo' anche causare enormi difficolta' alla coesione sociale e, soprattutto, favorire un pericoloso individualismo, disattento alle conseguenze per il futuro''. Tra i problemi citati dal papa e che interpellano, in primo luogo proprio l'Europa, c'e' anche il ''rispetto dell'ambiente'' e ''l'ordinato accesso alle risorse ed agli investimenti energetici, la solidarieta' - ha detto - viene incentivata a fatica, non soltanto nell'ambito internazionale ma anche in quello strettamente nazionale''. ''Il processo stesso di unificazione europea si rivela non da tutti condiviso - ha quindi notato il papa - per l'impressione diffusa che vari 'capitoli' del progetto europeo siano stati 'scritti' senza tener adeguato conto delle attese dei cittadini''.


UE: PAPA, SALVAGUARDARE DIRITTO OBIEZIONE COSCIENZA

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 24 mar - ''Ogniqualvolta i diritti fondamentali fossero violati'' gli Stati, ma anche comunita' come l'Unione europea, debbono ''salvaguardare il diritto all'obiezione di coscienza''. Lo ha detto papa Ratzinger ricevendo in Vaticano, in occasione delle celebrazioni del 50.mo anniversario della firma dei Trattati di Roma, i vescovi della Commissione degli episcopati della Ue. ''Nell'attuale momento storico e di fronte alle molte sfide che lo segnano - ha detto il papa nel suo intervento - l'Unione europea per essere valida garante dello stato di diritto ed efficace promotrice di valori universali, non puo' non riconoscere con chiarezza l'esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano''. Da qui la necessita' di inserire nelle normative il diritto di obiezione se questi 'diritti naturali' fossero violati.


UE: PAPA, CATTOLICI IN POLITICA MA NON PER IL POTERE

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 24 mar - ''Una comunita' che si costruisce senza rispettare l'autentica dignita' dell'essere umano, dimenticando che ogni persona e' creata ad immagine di Dio, finisce per non fare il bene di nessuno. Ecco perche' appare sempre piu' indispensabile che l'Europa si guardi da quell'atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori essenziali, come se fosse l'inevitabile accettazione di un presunto male minore''. Lo ha detto stamane papa Benedetto XVI ricordando i 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma. Contro questo ''pragmatismo'' che nega ''valori e ideali'' pur venendo presentato come ''equilibrato e realista'', ha detto ancora il papa, devono opporsi i cristiani. ''Per questo - ha detto rivolgendosi a vescovi e uomini politici della Comece, la Commissione degli episcopati della Ue - siete presenti in modo attivo nel dibattito pubblico a livello europeo, consapevoli che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale''. Un impegno, quello dei cattolici in politica, che pero', ha ammonito Benedetto XVI, ''non deve mai piegarsi alla logica del potere fine a se stesso'' ma deve servire a ''valorizzare gli elementi positivi presenti nell'odierna civilta', denunciando pero' con coraggio tutto cio' che e' contrario alla dignita' dell'uomo''. Il papa ha, quindi, criticato quelle ''correnti laicistiche e individualistiche'' che finiscono, ha detto, ''per negare ai cristiani il diritto d'intervenire come tali nel dibattito pubblico o, per lo meno, che ne qualifica il contributo con l'accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi''.


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