mercoledì 30 maggio 2007

INTERVISTA A CLAUDIO RISE'


«L’invio dei Nas nella scuola? Ben venga». Non ha tentennamenti Claudio Risé, psicoterapeuta e autore di un recente libro sulla Cannabis (edito dalla San Paolo), nell’appoggiare la proposta del ministro Turco. «Finalmente anche il nostro Paese forse apre gli occhi su quella che da molto tempo è una bomba a orologeria pronta ad esplodere».


Si riferisce alla sottovalutazione dei pericoli nell’uso della cannabis?

L’Italia è l’unico dei grandi Paesi occidentali a non aver realizzato negli ultimi anni una grande campagna informativa sui danni della cannabis, al contrario di quanto avviene negli altri Paesi.

Nel suo libro afferma che la cannabis è la droga più diffusa.

Sono le statistiche a dirlo. Le stesse che da molto tempo avvertono dei pericoli connessi all’uso di questa che ancora impropriamente continuiamo a definire droga leggera. L’Istituto Superiore di Sanità, fin da un documento del 2003, ha messo in guardia sui pericoli di questa sostanza, ponendosi in linea con le ricerche internazionali che presentano i gravissimi danni causati alla mente e all’organismo. Soprattutto quando si comincia l’assunzione sotto i 15 anni.

L’entità del fenomeno?

Secondo i dati diffusi, circa il 30% degli studenti fuma o ha fumato spinelli. Un dato rilevante, ma che è ancora più drammatico se si pensa che al di sotto dei 15 anni è molto alto il rischio di psicosi negli anni successivi.

Lei parla di sottovalutazione del fenomeno. Come si spiega questo atteggiamento?

Posso dire di aver osservato una grande reticenza ad affrontare l’argomento e persino a diffondere le ricerche internazionali che avvertono del pericolo. Noto che le persone che hanno fatto uso di cannabis negli anni ‘70 e ‘80 sono restie a sviluppare una visione aggiornata sugli effetti di questa sostanza, probabilmente perché li obbliga a mettersi in discussione. E allora preferiscono mantenere questa “leggenda rosa” di una sostanza che non fa male e di cui non si muore. Peccato che non sia affatto così.

Lei è d’accordo sui controlli dei Nas. Ma è davvero lo strumento più efficace?

Ovviamente, non può essere l’unico. Non vedo in contrapposizione l’informazione e la prevenzione, che vanno potenziate, e i controlli e il monitoraggio dello spaccio. Serve tutto. E soprattutto occorre intraprendere una campagna informativa seria sullo spinello. Un compito che spetta alla scuola, al governo e anche ai media, che troppo spesso hanno taciuto.
Enrico Lenzi

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