sabato 26 maggio 2007

RECENSIONE: FIGLIA DEL SILENZIO

Tante le vicissitudini dell’una e dell’altra vicenda familiare che ci vengono presentate in parallelo e con gli inevitabili intrecci. Una storia che mostra quanto la vita segua strade imprevedibili, quanto l’amore materno sia una conquista e non solo un fatto genetico, quanto questa società (anche se la duplice nascita è datata 1964) sia crudele e ingiusta e quanto possa condizionare anche le scelte di genitori meno consapevoli.Un’altra delle doti di questa scrittrice è l’aver saputo presentare una storia emotivamente molto coinvolgente senza mai cadere nella retorica e senza utilizzare espedienti narrativi che esasperino la drammaticità della vicenda. E ancora. Kim Edwards sembra invitare a non giudicare mai i comportamenti altrui: è troppo difficile conoscere le motivazioni profonde che spingono un uomo o una donna a compiere azioni che, chi non è coinvolto in prima persona, spesso condanna con severità. Insomma una di quelle letture che restano, che segnano e che finiscono con l'appartenere al bagaglio di esperienze umane oltre che culturali, di ogni lettore.




Tante le vicissitudini dell’una e dell’altra vicenda familiare che ci vengono presentate in parallelo e con gli inevitabili intrecci. Una storia che mostra quanto la vita segua strade imprevedibili, quanto l’amore materno sia una conquista e non solo un fatto genetico, quanto questa società (anche se la duplice nascita è datata 1964) sia crudele e ingiusta e quanto possa condizionare anche le scelte di genitori meno consapevoli.Un’altra delle doti di questa scrittrice è l’aver saputo presentare una storia emotivamente molto coinvolgente senza mai cadere nella retorica e senza utilizzare espedienti narrativi che esasperino la drammaticità della vicenda. E ancora. Kim Edwards sembra invitare a non giudicare mai i comportamenti altrui: è troppo difficile conoscere le motivazioni profonde che spingono un uomo o una donna a compiere azioni che, chi non è coinvolto in prima persona, spesso condanna con severità. Insomma una di quelle letture che restano, che segnano e che finiscono con l'appartenere al bagaglio di esperienze umane oltre che culturali, di ogni lettore.


Nella vita di tutti sono presenti momenti particolari, dove la scelta appare cruciale per il nostro destino. Così anche David, il protagonista del romanzo, si ritrova a dover decidere in brevissimo tempo cosa fare della sua vita e della vita della sua famiglia.
Siamo nel 1964 e Norah, la moglie di David, sta per partorire. Inaspettatamente il parto si scopre essere gemellare, oltre al primo figlio nasce infatti anche una sorella che però presenta, agli occhi di David che è un medico, le caratteristiche tipiche di un handicap grave: è infatti affetta dalla sindrome di Down. Nel 1964 questo rappresentava un elemento molto forte di discriminazione. Le battaglie per integrare le persone con questo handicap sono infatti ancora da venire.
David decide allora in un brevissimo lasso di tempo di abbandonare la figlia malata in un istituto e racconta alla moglie che la figlia è nata morta. La decisione, inspiegabile per noi, assunta così in tutta fretta e nella convinzione di agire per il bene della famiglia, David ha avuto infatti l’adolescenza segnata dalla morte per malattia della sorella, si rivela in realtà essere la decisione sbagliata che segnerà l’esistenza di tutta la famiglia.
Dalla tristezza per questa scomparsa nasceranno infatti i problemi di depressione e di alcoolismo della moglie, la crescita sempre più forte del senso di colpa di David e un disagio profondo per il figlio sano.
La storia si sviluppa dal 1964 fino a quasi i giorni nostri e racconta la storia di questa famiglia, ma per estensione racconta anche l’evolversi dell’America a partire dai pregiudizi degli anni 60 prima e di tutti gli anni a seguire fino al finale nel 1989.

Negli Stati Uniti questo libro ha venduto più di 2 milioni di copie senza avere alle spalle una grande spinta commerciale. Questo risultato è stato possibile grazie al passaparola dei lettori che o di persona oppure tramite internet l’hanno fatto diventare un best seller. In generale questo vuol dire una sola cosa: che il libro sa parlare ai lettori. Ed in effetti ci sa parlare molto bene. E’ infatti molto difficile non entrare nella storia; i drammi vissuti e le storie personali sono reali, i personaggi sono vivi e questo è già di per se un elemento importante nell’economia del libro. A mio parere un libro vale la pena di essere letto quando alla fine ci domandiamo come sarebbe continuata la vita dei personaggi se lo scrittore avesse deciso di continuare la storia. In questo caso la domanda mi si è posta naturalmente non appena letta la parola fine.

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