lunedì 17 marzo 2008

CORDES "LA VERA ELEMOSINA? RENDERE DONO LA NOSTRA VITA


di Salvatore Mazza
AVVENIRE del 15 marzo 2008

Non solo dare. Perché nel­l’aiutare chi è nel bisogno il cristiano «deve dare se stes­so ». E, così, «trasmettere l’amore ri­cevuto da Dio».
Quasi alla fine della Quaresima, con il cardinale Paul Jo­sef Cordes, presidente del pontificio Consiglio Cor Unum, torniamo al cuore della riflessione proposta da Benedetto XVI per questo tempo li­turgico. Il porporato, in questa inter­vista ad Avvenire, sottolinea l’impor­tanza di guardare al «fare il bene» con gli occhi del cuore, perché l’indigen­te spesso «si trova nella porta accan­to ». E, alla vigilia della Giornata loro dedicata, esorta i giovani a non la­sciarsi «corrompere dall’egoismo spietato della nostra società».


Perché è importante tornare a par­lare del valore dell’elemosina?

Oggi l’elemosina a chi è nel bisogno, per fortuna, fa parte della cultura oc­cidentale. Collette come quella avve­nuta in occasione dello tsunami rag­giungono importi impressionanti. U­gualmente cresce nella nostra società il materialismo.

Nella vita della mag­gior parte dei nostri contemporanei quasi tutto gira attorno al vestiario, la casa, i viaggi e il conto in banca. Per il cristiano però aiutare il bisognoso deve avere più che un significato me­ramente materiale.

Il cristiano attra­verso l’elemosina deve dare se stesso – soprattutto se essa viene trasmessa di persona. Nella Deus caritas est il Papa indica che nel dono il povero ri­ceve qualcosa del cuore di chi dà. Co­sì si evita di cadere nell’errore che me­diante il denaro si può sostituire la partecipazione personale. Il cri­stiano è chiamato piuttosto a trasmettere a ogni biso­gnoso che gli sta vicino l’amore rice­vuto da Dio.

Non si può dire che oggi sia molto diffusa la consapevolezza che «non siamo proprietari, bensì ammini­­stratori dei beni che possediamo». Anzi. Come si può oggi proporre u­na pedagogia della carità?

Tanti fattori della nostra vita di oggi facilmente fanno venir meno l’aper­tura verso il fratello e la sorella: lo stress, la competizione nel mondo del lavoro e nella vita di tutti giorni, le tante notizie sulla miseria nel mon­do che quotidianamente arrivano fin dentro le nostre case. Una scuola efficace di carità potrebbe osteggia­re tutti quegli ele­menti che induri­scono il nostro cuore. Essa consi­ste nel prendersi cura del «Lazzaro che bussa alla pro­pria porta». Chi a­pre gli occhi dell’a­more scopre che gli altri hanno biso­gno di lui. L’uomo indigente si trova nella porta accanto. Chi lo individua, cercherà volentieri la compagnia di altri «volontari»; è una soddisfazione constatare che questo avviene spes­so nelle nostre comunità parrocchia­li dove i volontari si trovano in gran numero. In questo modo non si con­tribuisce solamente ad alleviare la mi­seria, ma si fa anche sperimentare la gioia che il donare suscita in colui che dona.

Il Papa, non solo nel Messaggio per la Quaresima, ha sottolineato l’im­poverimento che si sta diffondendo anche nei Paesi ricchi, chiedendo in sostanza un «cambio di rotta» del processo di globalizzazione. Come può determinarsi?
Il Santo Padre non ha menzionato la globalizzazione nel Messaggio. Cio­nonostante ne parla nell’enciclica


Deus caritas est e la nomina nel suo «aspetto incoraggiante», perché met­te a nostra disposizione innumere­voli strumenti per prestare aiuto u­manitario ai nostri fratelli bisognosi. Economisti realisti, anche quelli non provenienti dal mondo del capitali­smo, attestano che la ruota della glo­balizzazione non può più tornare in­dietro.

Perciò in questo ambito le grandi concentrazioni finanziarie e gli azionisti si devono confrontare con la dottrina sociale della Chiesa, e ga­rantire un potere di equilibrio dello Stato rispetto alle imprese, senza ces­sare di educare queste stesse, come già è accaduto, anche con il boicot­taggio di alcuni prodotti significativi.

Domani sarà la Giornata della gio­ventù. Che cosa, in particolare, può dire ai giovani questo richiamo alla preghiera, al digiuno e all’elemosina che viene dalla Quaresima?

L’entusiasmo della gioventù non ces­sa di suscitare speranza. Tanti tra di essi nel loro impegno contro la mise­ria e nella loro disponibilità ad aiuta­re sono esempi per noi più anziani, che giriamo attorno a noi stessi, che per esperienze negative abbiamo non raramente perso lo slancio e siamo diventati stanchi. Per questo il mio primo augurio a questa gioventù è: non lasciatevi corrompere dall’egoi­smo spietato della nostra società. Tuo fratello ha bisogno di te. Ha bisogno della tua speranza. Ancora di più ha bisogno della tua fiducia in Gesù Cri­sto. Lui può togliere all’uomo di oggi l’angoscia e aiutarlo a trovare il signi­ficato della vita. E vuole fare di voi gio­vani suoi testimoni. Preghiera, digiu­no ed elemosina allora sono i mezzi per fare sì che sia lui a dominare so­pra di voi, che sia lui a trascinare il vo­stro entusiasmo. Questa è la strada dell’autenticità.


Nessun commento: