mercoledì 26 marzo 2008

LA VITTORIA E' DELLA PASQUA E DELL'IMMORTALITA'...

La fedeltà a Cristo è la fedeltà al fatto che il senso della vita c’è, è svelato, è rilevante e svelato per ognuno di noi, dove è impressionante che la condizione della vita sia positiva comunque. Io sono nelle condizioni di poter “calcolare” anche l’apporto che la mia esperienza potrà dare al destino per cui siamo stati fatti, cui siamo stati ordinati. Non è un atto particolare, non è una vittoria particolare, ma è la vera vittoria, che è il gridare la positività della nostra vita, perché la vittoria di Cristo, nella sua morte, viene da questo: la sua lettura della vita non dominata dal male, non dominata dalla difficoltà del linguaggio, non descritta dalla novità di un vocabolario, ma determinata in un modo infallibile - sì, in modo infallibile -, perché è infallibile questo modo, questa positività del nostro tempo, questa positività della nostra esistenza. Che anche un pagano sia chiamato a testimoniare la verità, la vittoria di Cristo nella sua vita, certamente è una cosa che ci occorrerà richiamare. Dobbiamo richiamarcela tutti i giorni tra di noi, tutti i giorni dobbiamo richiamarci la vittoria della sanità, la vittoria della vittoria, la vittoria della resurrezione di Cristo; la vittoria di Cristo, che piegherà il nostro cuore ad essere tramite di quella conoscenza che i nostri compagni di popolo, i nostri compagni di comunità, i nostri compagni di comunione avranno il diritto e il dovere di comunicarci, facendo della positività della vita la salvezza di quello che noi abbiamo sempre voluto. Il problema non è una vittoria come un rilievo dentro una morte, ma è il senso della morte dentro il fervore di una vita. Vi prego di chiamarmi, di darmi, appena potrete, l’occasione di ammirare la vostra fedeltà, la fedeltà della vostra decisione, la fedeltà nella vostra compagnia, la fedeltà nella nostra compagnia, perché questa è la compagnia che salva il mondo.

......Perciò ogni giorno che noi ci alzeremo dal letto - qualunque sia la nostra situazione immediatamente percepibile, documentabile, anche la più sofferente, inimmaginabile - è un bene che sta per nascere ai confini del nostro orizzonte di uomini
Ciò in cui dobbiamo aiutarci, ciò in cui noi dobbiamo sostenerci, ciò in cui noi dobbiamo essere fratelli è questa positività ultima di fronte ad ogni dolore: è una pacatezza che mette nella pace la nostra adesione.

Luigi Giussani
Appunti dagli interventi agli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Rimini, 24 e 25 aprile 2004

Sabato 24, pomeriggio
Questa lezione di Carrón è la miglior cosa che il Signore mi ha dato di capire in tutte le riunioni dei nostri Esercizi spirituali.
Io vi supplico di pregare i vostri preti, di pregare i vostri capi che diano il ciclostilato della dettatura del discorso che ha fatto padre Carrón. È la cosa più bella che io abbia sentita in vita mia, l’invito più chiaro, più bello, dove tutto quanto il soggetto della grazia che Cristo ci ha fatta è nel fatto di quel popolo che, davanti alle cose che accadono nella vita, farà la elargizione appassionata di una cosa grande, senza nessun paragone grande. Io spero che il Signore mi dia, poi, la grazia di partecipare a tutti i vostri raduni e di sentire in essi ridettare il senso delle cose che abbiamo sentito citare oggi. Perché, credetemi - io capisco che non riesco a dire bene, perché dovrei esser capace di fare subito quello che padre Carrón ha fatto così bene adesso -, noi vogliamo essere fedeli a Cristo. La fedeltà a Cristo è la fedeltà al fatto che il senso della vita c’è, è svelato, è rilevante e svelato per ognuno di noi, dove è impressionante che la condizione della vita sia positiva comunque. Io sono nelle condizioni di poter “calcolare” anche l’apporto che la mia esperienza potrà dare al destino per cui siamo stati fatti, cui siamo stati ordinati. Non è un atto particolare, non è una vittoria particolare, ma è la vera vittoria, che è il gridare la positività della nostra vita, perché la vittoria di Cristo, nella sua morte, viene da questo: la sua lettura della vita non dominata dal male, non dominata dalla difficoltà del linguaggio, non descritta dalla novità di un vocabolario, ma determinata in un modo infallibile - sì, in modo infallibile -, perché è infallibile questo modo, questa positività del nostro tempo, questa positività della nostra esistenza. Che anche un pagano sia chiamato a testimoniare la verità, la vittoria di Cristo nella sua vita, certamente è una cosa che ci occorrerà richiamare. Dobbiamo richiamarcela tutti i giorni tra di noi, tutti i giorni dobbiamo richiamarci la vittoria della sanità, la vittoria della vittoria, la vittoria della resurrezione di Cristo; la vittoria di Cristo, che piegherà il nostro cuore ad essere tramite di quella conoscenza che i nostri compagni di popolo, i nostri compagni di comunità, i nostri compagni di comunione avranno il diritto e il dovere di comunicarci, facendo della positività della vita la salvezza di quello che noi abbiamo sempre voluto. Il problema non è una vittoria come un rilievo dentro una morte, ma è il senso della morte dentro il fervore di una vita. Vi prego di chiamarmi, di darmi, appena potrete, l’occasione di ammirare la vostra fedeltà, la fedeltà della vostra decisione, la fedeltà nella vostra compagnia, la fedeltà nella nostra compagnia, perché questa è la compagnia che salva il mondo.

Domenica 25, mattina
Permettetemi di salutarvi ancora. Quanto più ci rifletto tanto più mi viene da ringraziare il Signore e ognuno di voi, perché il tema degli Esercizi di quest’anno è il tema più bello e sconfinato che si possa immaginare. Perché la vittoria di Cristo è una vittoria sulla morte. E la vittoria sulla morte è una vittoria sulla vita. Tutto ha una positività, tutto è un bene così invadente che, quando il Signore ci darà avviso e termine, formerà la grande suggestività per cui questo mondo è stato fatto. Perciò c’è il coraggio che ognuno di noi deve portare per la positività del vivere, tanto che qualunque contraddizione o qualunque dolore hanno, nel “veicolo” di questa vita, una risposta positiva. E come esempio particolare io spero che possiamo metterci bene d’accordo col Signore, che ci illumini in tutto quello che ci metterà nelle “nuove” condizioni di fare, perché abbiamo a vedere come la vita dell’uomo è tutta positiva, profondamente positiva nel suo finale intento. Perché la vita è bella: la vita è bella, è una promessa fatta da Dio con la vittoria di Cristo. Perciò ogni giorno che noi ci alzeremo dal letto - qualunque sia la nostra situazione immediatamente percepibile, documentabile, anche la più sofferente, inimmaginabile - è un bene che sta per nascere ai confini del nostro orizzonte di uomini. E dovremo cercare di tradurre questo anche in una consonanza storica. Dobbiamo far sì che sia riguardata la stessa storia della nostra vita come della vita di tutti i popoli del mondo, da quella iniziale fino all’estremo confine - dicevamo prima -, all’estremo confine della nostra, di quella realtà che è la vita dell’uomo. Perché essa esige un’attenzione nuova, un’attenzione che porti dentro di sé il grande premio - il grande premio! -, che porti dentro di sé già il grande premio che sta alla fine di ogni cosa per ogni uomo. Ciò in cui dobbiamo aiutarci, ciò in cui noi dobbiamo sostenerci, ciò in cui noi dobbiamo essere fratelli è questa positività ultima di fronte ad ogni dolore: è una pacatezza che mette nella pace la nostra adesione. E “studiare” la storia dell’umanità con questo intento dimostrativo sarà un mezzo nuovo per ringraziare chi ci fa scoppiare di gioia davanti alla bontà di Dio, davanti alla Sua bontà. Auguri a tutti perché ognuno sulla strada della sua vita trovi emergenza del bene che è Cristo risorto, trovi l’aiuto di ciò che desta per gli uomini la positività che rende ragionevole il continuare a vivere. Sia lodato il Signore vittorioso sulla morte e su di noi! Saluti a tutti!

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