martedì 18 marzo 2008

GENOCIDIO STRISCIANTE

Medio Oriente - lun 17 mar
di Luigi Geninazzi
Avvenire del 16 marzo 2008

Chi s’interessa di loro? Chi di­fende i nuovi perseguitati a causa della fede? Chi si preoccupa della sorte dei cristiani in Medio Oriente?
Sono domande non più eludibili all’indomani della tragica morte del vescovo iracheno di Mo­sul che ci ha messo sotto gli occhi il martirio quotidiano della Chie­sa caldea, una delle comunità cri­stiane più antiche ed ora più du­ramente messe alla prova.



«I cristiani iracheni rischiano di scomparire»,
è l’allarme lanciato dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardina­le Leonardo Sandri, nell’intervista pubblicata ieri dal nostro giorna­le. E le cose non vanno meglio nel resto della regione medio-orien­tale. «Qui la comunità cristiana soffre sempre di più» ammette pa­dre Pizzaballa, custode francesca­no della Terra Santa che ricorda la drastica riduzione dei fedeli, sce­si dal 20 al 2% della popolazione negli ultimi quarant’anni. «I cri­stiani del Libano sono vicini all’a­bisso », ha dichiarato pochi giorni fa il Patriarca Sfeir, la più alta au­torità della Chiesa nel Paese dei cedri dove l’esodo di maroniti, or­todossi e latini ha subìto una for­te accelerazione a partire dall’e­state del 2006, in seguito al recen­te conflitto con Israele.

Fino al 1960 i cristiani erano la maggioranza in Libano, oggi sono circa un terzo. In Iraq erano 800 mila fino al 2003, in cinque anni se ne sono andati più della metà. Ad Aleppo, la città della Siria luogo storico della Chiesa dei primi se­coli, fino a pochi anni fa un abi­tante su due era cristiano. Oggi i fedeli sono poche migliaia, il 6% della popolazione. È un fatto: la maggioranza dei cristiani del Me­dio Oriente vive ormai all’estero, in Europa, negli Stati Uniti, in A­merica Latina. Ci sono più catto­lici palestinesi a Buenos Aires che non a Betlemme.
Se ne vanno per sfuggire alla po­vertà, alla crisi economica, al caos sociale e alle discriminazioni po­litiche che spesso assumono un carattere persecutorio. Circonda­ti da un clima di crescente ostilità, minacciati e ricattati dai fonda­mentalisti islamici, molti imboc­cano la via dell’emigrazione. Per i cristiani dell’Iraq si tratta di una scelta quasi obbligata, costretti da bande di jihadisti ad abbandona­re case e negozi sotto la minaccia delle armi. Chi resiste si candida alla morte.

Così ci si avvia al genocidio stri­sciante, alla pulizia etnica della mi­noranza cristiana in Medio O­riente. Una tragedia davanti a cui l’Occidente preferisce chiudere gli occhi. Nel grande scontro di civiltà 'tra democrazia e islam' i cristia­ni medio-orientali rappresentano un terzo attore guardato con so­spetto dai due protagonisti. In quanto cristiani sono visti come una quinta colonna del nemico, simpatizzanti nascosti dell’Occi­dente e dell’America. In quanto a­rabi sono considerati troppo o­rientali, incapaci d’intendere le ra­gioni della civiltà occidentale.

I cristiani del Medio Oriente sono il punto cieco della nostra visione del mondo. Ragioniamo e discet­tiamo senza tener conto della lo­ro drammatica esistenza. È ora di cambiare prospettiva, mettendo al centro di ogni discorso sull’i­slam e di ogni analisi sul Medio O­riente il ruolo fondamentale del­la minoranza arabo-cristiana co­me fattore di dialogo e di e di ponte tra culture e religioni diverse. Ne va della loro sopravvivenza. Ma, a ben vedere, anche della nostra ci­viltà.

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