di Cristiano Gatti
Tratto da Il Giornale del 5 marzo 2009
Per tante volte, giustamente, un sacrosanto silenzio l’ha chiesto lui. Adesso, dovrebbe trovare la forza di imporlo anche a se stesso.
Di concederselo, come un calmo e pacifico riposo, dopo tanti anni di clamori e di furori. Invece Beppino Englaro non si placa: da quel silenzio che in diversi momenti ha drammaticamente preteso, continua ad uscire in modo volontario e provocatorio. Come se non gli bastasse l’immane catasta di citazioni, di codici, di udienze, di ricorsi, di pronunciamenti, come se non ne avesse fin sopra i capelli di esperti, di perizie e di azzeccagarbugli: niente, per il suo dopo-Eluana ha scelto ancora carte bollate.
Querelerà quelli che l’hanno definito assassino per ricavarne risarcimenti in denaro. Ovviamente, non c’è bieco cinismo, non c’è niente di spregevole nella finalità dell’azione: tutti abbiamo capito benissimo che i soldi eventualmente incassati non entreranno nei suoi conti bancari, nessuno - neppure i più avvelenati avversari - oserebbe insinuare questo, tutti cioè credono ciecamente che andranno a finanziare una fondazione nel nome di Eluana, per sostenere battaglie di civiltà. Ma nemmeno il nobile scopo riesce a spazzare via da questa nuova mossa un senso gelido di fastidio.
Per tutto quello che ha passato, che ha subìto, che gli è toccato, Beppino ha sempre raccolto la compassione, il più nobile dei sentimenti, di tutta una nazione. A parte qualche demente ultrà, componente fisiologica in qualunque corpo sociale, tutti hanno quanto meno compreso, immedesimandosi, gli stati d’animo e le devastazioni di questa incredibile vicenda familiare. Anche coloro che hanno combattuto dall’altra parte, comunque in nome del principio, non hanno mai calpestato l’aspetto umano e intimo della prova. I toni si sono alzati, le parole si sono inasprite, la polemica è persino degenerata in squallido schiamazzo da trivio, qualche volta. Ma troppa passione, troppa angoscia, troppa emozione ha sollevato la storia di Eluana, perché si potesse pensare che sessanta milioni di italiani, tutti quanti impassibili, restassero allineati e composti alla finestra, in attesa degli eventi. Da questo punto di vista, vale la pena ripeterlo: in generale, al netto di dementi e degenerazioni, la lunga agonia di Eluana è servita all'Italia per guardarsi dentro, per ragionarci sopra, per riscoprire una volta tanto la sua sopita capacità di pensiero.
Dopo le esequie, sembrava logico e doveroso dare un certo seguito, in un certo modo, al penoso epilogo. La discussione sul testamento biologico, un dovere primario e assoluto - fra tante chiacchiere - per la nostra classe politica, appare finora la risposta più edificante a una simile prova. Eppure, a Beppino non basta. Manifestare, come da Fabio Fazio, tutta la sua opposizione ad un progetto di legge che non condivide sta nel suo pieno diritto. Magari contrasta con la pretesa di silenzio che ha più volte avanzato, ma resta nel suo pieno diritto. Diversa, molto diversa, la scelta di avviare un’altra guerra mondiale dentro i palazzi di giustizia, a colpi di querele. Se è un modo per continuare la battaglia nel nome di Eluana, ha tutte le sembianze del modo più sgradevole. Da Eluana potrebbe scaturire un flusso di buone idee e di nobili sentimenti: così si finisce nuovamente nella bassa macelleria degli insulti, dei veleni e delle carognate. Per quanto benefico sia lo scopo finale, non è questo il dopo-Eluana che merita Eluana. Cosa se ne fa, la creatura che tutti abbiamo amato, di una fondazione fondata sul rancore?
È fin troppo evidente che dietro la mossa di Beppino ci sia la solerte e indefessa consulenza degli avvocati. Brava gente, gli avvocati: finché fanno gli avvocati. Finché esercitano la nobile professione dei tecnici giudiziari. Ma molti di loro, quando si accende un riflettore, quando fiutano l’aroma della notorietà, non esitano un attimo a inventarsi consiglieri, promotori, sobillatori. Vivono in un mondo tutto loro, pensano che con un codice si possa regolare agevolmente la complessa materia chiamata vita. Sembra di sentirli. Beppino, amico caro, hai tutte le ragioni del mondo. Ti hanno offeso e diffamato. Dammi retta: preparo un dossier e li facciamo neri.
Consiglio per consiglio, caro Beppino: può pure darsi che dopo lunghe e cruente battaglie legali, dentro e fuori i tribunali, in quel tritacarne che ormai ben conosce, alla fine lei vinca e si porti a casa un gruzzolo per la fondazione. Ma a quale prezzo? Voleva il silenzio, avrà un’altra guerra. Nella precedente, almeno, ha sempre sostenuto di parlare in nome di Eluana, rimasta senza voce. Permetta il dubbio: anche questa volta, davvero, può dire d’essere Eluana?
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