a cura di Giorgio Razeto
PARTE SECONDA - SPERANZA
Cap. IV - La Speranza
I. La speranza è il frutto della fede
"per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo...abbiamo anche ottenuto attraverso la grazia di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Cristo" (San Paolo, Rom. 5, 2).
II. il contenuto della speranza è la gloria di Dio, il riconoscimento di Dio: la fede ci fa capire, vantare di capire e sperare che è per la gloria di Dio che tutto il mondo si muove, che tutto il mondo riconoscaDio, che Dio si faccia riconoscere da tutti
reale. “ E’ il reale che grida Egli c’è “ . L’eccezionale è dentro la normalità della vita. Tutti guardiamo il reale ma solo alcuni si accorgono a cosa rimanda la realtà, in cosa consiste.
"lo scopo di tutto questo moto per cui ti alzi al mattino ed è una cosa piccola - pensate al vostro lettino, quel piccolo lettino da cui fuoriesci come un topolino; pensate al sole che sorge, da che lettone immenso! - tutto ciò che si muove, la fede ci fa capire e vantare di capire che è per la gloria di Dio. La fede ci fa sperare di vedere che tutto quanto si muove, si muove per la gloria di Dio"
III. il primo modo di vedere questo è capire non vederlo
"Avverrà in California...un terremoto per cui metà California...precipiterà in mare: capire questo è molto più che vederlo, tanto è vero che comprendendolo si può incominciare a mettere i piloni in mare, cioè incominciare a prepararsi"
IV. la speranza è il secondo fattore descrittivo di una personalità nuova; secondo perché deriva dal primo, la fede: senza fede non c'è speranza, con la fede ci può essere speranza
1. Certezza sul futuro
I. La speranza
A. è riconoscere una certezza per il futuro che nasce dalla fede: dal riconoscere una Presenza certa
B. nasce dalla memoria: dalla coscienza di una Presenza che comincia nel passato ed è giunta fino a te
"...la certezza di un presente ti rende certo di un futuro. Per essere certo del futuro, devi essere allora certo di un precedente al futuro, di qualcosa che precede il futuro. La speranza come certezza in una cosa futura poggia su tutto il passato cristiano...perciò non si può far memoria di Cristo come Presenza senza in qualche modo interessarti, meravigliarti, stupirti, vantarti, inorgoglirti, essere contento di tutto ciò che è accaduto in questi duemila anni..."
C. nasce in un modo che noi non vediamo ma possiamo saperlo sulla base della fede: a Dio nulla è impossibile!
"...capisco la vostra difficoltà: la certezza del futuro...non si appoggia sul presente come una pietra...su un'altra pietra...nasce in un altro modo che non vediamo, non possiamo vedere. La certezza della mia fede nasce da ieri, dall'altro ieri, da San Gregorio Magno millecinquecento anni fa, nasce da sant'Ireneo milleottocento anni fa, nasce da San Policarpo millenovecento anni fa, nasce da san Giovanni, nasce da sant'Andrea, nasce da Simon Pietro. Come fa a nascere e giungere fino ad ora? Non possiamo vederlo, possiamo saperlo però! Perché a Dio nulla è impossibile".
D. la ragione, coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori, mostra che io ho la fede, anche se non si capisce come avviene; anche se non si capisce sei costretto ad ammettere che c'è un fenomeno che si chiama fede
"Io ho la fede, io credo. Tu sai che io credo...Ma non puoi saere come avviene in me la fede, non posso saperlo neanch'io. E tu, ché anche tu ha la fede (spero!), non puoi sapere neanche tu come fai ad averla. Anzi, sarà uno degli spunti più belli della tua vita, se sarà pensierosa: come mai a me sì e a tanti altri no? E ti commuoverai di fronte al fatto che Dio abbia scelto te, abbia prediletto te su tanti altri...anzi, da un un punto vista molto banale...ti frega! Dio ti frega perché, se ti dà la fede, te la dà perché tu la attui, la comunichi ad altri, cioé ti rende strumento della sua missione.
II. In sintesi, le parole più importanti sono
A. la fede, riconoscere con certezza una presenza
B. la parola certezza che riguarda il futuro
C. il nesso tra il primo ed il secondo punto
III. La speranza nasce da una grande grazia (Peguy, Il portico del mistero della seconda virtù): la certezza della fede, che è il seme della certezza della speranza
A. la fede, certezza di un presente, di un significato nel presente, nel tempo, dà luogo ad una certezza nel futuro
"C'è un periodo che sembra di incertezza, perché non è ancora delineata la figura del futuro: tu conosci la pianta di tamerice, tiri via un semino, lo pianti sotto terra...chissà cosa nascerà di lì? Chissà che forma avrà? Per capire che forma avrà, devi aspettare del tempo".
B. la grande grazia della fede, la certezza di un significato, rassicura un presente nel quale è innestato uno strano seme per cui fiorisce la speranza "del giorno che non muore" (Inno delle lodi del giovedì, Libro delle ore, pp. 140-141)
"L'uomo vive il presente e immagina il futuro proiettando il presente sul futuro e questo, o svaga il presente, lo rende vago, oppure lo storta, diventa un mostriciattolo...Invece la vita cristiana cosa fa? Ti fa vivere il presente con tale attenzione a tutt le cose del presente che facendo attenzione anche al mare che hai davanti, vedi sull'ultimo orizzonte un puntino; e non è una nave che se ne va, è una nave che viene. E' il destino che ti sta arrivando; ed è un grande giorno...come per Cristoforo Colombo: è stato un grande giorno quello in cui ha cominciato ad intravedere un piccolo lembo di terra"
Un possesso già dato
I. La speranza è la certezza di un possesso già dato, perché il presente non te lo dai tu, lo ricevi: "è una grande grazia"
"possesso, perciò rapporto stretto, profondo con la tua persona; già dato, che ti viene dato da un altro, non lo conquisti tu"
A. Pietro, Giovanni ed Andrea fondavano la speranza su Gesù, su una presenza, dovevano sentire di appartenere a quell'uomo perché potessero fondare una loro speranza nel futuro (Giovanni, cap. VI)
B. i parenti di Gesù (Marco, cap. III), invece, non riconoscevano niente in Lui, non erano in unità con Lui, perciò non potevano poggiare nessuna prospettiva per il futuro su di Lui
Sicuri del compimento
I. La speranza cristiana è certezza, una certezza che riguarda il futuro che si appoggia sulla certezza di qualcosa di presente (grande e grosso perché deve sostenere tutto il futuro)
"Colui che ha iniziato in voi questa opera buona, la porterà a compimento nel giorno di Cristo" (S. Paolo, lett. Filippesi, 1,6)... Essere sicuro che Lui porta a compimento quello che mi ha dato, vuol dire essere sicuro della mia felicità, essere sicuro del mio destino, essere sicuro del mio compimento, essere sicuro dello scopo della vita...è un bel respiro perché [la speranza] te l'ha data Lui, è evidente che te l'ha data Lui perché ce l'hai e non te la sei data tu; e se è anche Lui che la porta a compimento, quasi quasi puoi dormire tranquillo, in pace"
2. La dinamica della speranza
Il desiderio
I. la fede nasce come riconoscimento di una Presenza eccezionale
II. l'esperienza di una Presenza eccezionale fa scaturire nel cuore dell'uomo un desiderio che riguarda il futuro: che le esigenze fondamentali del cuore siano soddisfatte
"...passa uno, si ferma a parlare con loro, dicono: "E' meraviglioso quest'uomo"...l'esperienza di una Presenza eccezionale fa scaturire...il desiderio che quell'uomo lì rimanga, il desiderio che quell'uomo lì metta a posto le faccende di casa, metta a posto le faccende di casa, metta a posto la moglie impazzita, metta a posto il figlio..."
III. il desiderio diventa certezza del compimento solo se uno si fida e si abbandona alla Presenza che la fede ha indicato
"Le esigenze del cuore dicono che l'oggetto del cuore c'è, nel futuro c'è, perché l'uomo è destinato ad essere felice, giusto, vero...ma la certezza che questo accadrà non può essere sostenuta dal nostro cuore. La certezza...può derivare soltanto dalla Presenza che la fede riconosce. Solo questo può reggere la ragione di una certezza nel futuro...Il cuore dell'uomo...è spinto verso il futuro nella direzione di quelle esigenze ideali; non può essere sicuro che avvengano, non può essere sicuro di non tradirle, per esempio...Come può questo desiderio diventare certezza? Diventa certezza nella misura in cui realizza la sicurezza nel potere della grande Presenza"
La certezza dell'adempimento
I. La certezza dell'adempimento
A. non può venire dal cuore: il cuore desidera l'adempimento ma non sa
B. viene dalla certezza della risposta alla domanda del cuore, che la grande Presenza ha promesso
II. E' importante la distinzione tra sogno e ideale
A. le esigenze del cuore pretendono di essere soddisfatte
1. il cuore, quindi, sogna: immagina una forma che che esaudirà tali esigenze
"... senza la fede, questa certezza di felicità non può essere ragionevole, ma acquista la forma, una forma che le dà il cuore stesso, prendendo pretesto da qualche presenza che non è ancora la grande Presenza (l'uomo per la donna, il bambino per la madre, i soldi per chi ama i soldi, l'esito politico per chi fa politica) e questo si chiama sogno..."
2. la speranza si traduce in sogno
3. il sogno del cuore non può sostenere le ragioni della certezza che le esigenze siano esaudite
B. la speranza si traduce in ideale
1. quando il cuore dell'uomo riconosce la grande Presenza
2. capisce che è dalla grande Presenza che può venire la ragione della certezza che i suoi desideri si attuino
3. perciò domanda alla grande Presenza di attuare le esigenze del cuore, il desiderio di felicità
Una domanda che invade tutto
I. Le circostanze che l'uomo vive sono tentazioni di sogno oppure segni dell'ideale
A. sogno: quando l'uomo pretende lui stesso di dare una forma alla risposta alle esigenze del cuore
B. segni dell'ideale: quando le circostanze rimandano al Mistero, alla presenza di Cristo; alla forma di risposta che la grande Presenza ha scelto
1. per cui l'attrattiva data dalle circostanze è vissuta come qualche cosa di provvisorio che rimanda all'attrattiva definitiva
2. il desiderio è che Cristo venga, si riveli nelle circostanze
3. e questa domanda deve invadere tutto
II. La speranza è la prima caratteristica di un io, di una persona che cammina nel tempo e mette in luce
A. se le circostanze conducono alla delusione
B. ovvero rivelano la grande Presenza, per cui tutte le cose diventano segno e oggetto ultimo della sua domanda
3. Verso il possesso di un bene arduo
Certezza e desiderio
I. La speranza è la certezza nel futuro motivata dalla certezza di un presente
II. La certezza di un bene ancora assente, che avverrà nel futuro; quindi un attesa, un desiderio
Desiderio di un bene arduo
I. La speranza è desiderio di un bene arduo perché costa, esige una pena ed una fatica
L'inevitabile incertezza
I. Una premessa: fra la certezza della fede e la speranza, una certezza futura c'è un periodo che può sembrare di incertezza, nel senso che non si può immaginare come sarà questo futuro
"...non è vera incertezza, perché altrimenti non sarebbe più certezza...la certezza della fede genera la certezza della speranza, ma la modalità con cui questa certezza della speranza è suscitata in noi lascia come un disvagamento, lascia come una tribolazione, come un dubbio, che non è il dubbio, che è incertezza, perché non si riesce ad immaginare, a delineare in nulla come sarà questo futuro"
II. Non bisogna confondere l'immaginazione e la fantasia con la ragione
A. la certezza del futuro è fondata sulla ragione, dipende dalla certezza della fede
B. l'immaginazione
1. aiuta la ragione ma non ha la consistenza della ragione
2. è una capacità immaginativa che ha chi più e chi meno
III. Non si deve confondere l'incapacità che abbiamo a immaginarci il futuro con la certezza di questo futuro
"Non può essere che la difficoltà ad immaginarci, a delinearci come possa essere questo futuro diventi ragione per dubitare del futuro...se è nel futuro...non possiamo sapere come è! Ma che c'è, dipende dalla certezza della fede. Siamo sicuri che c'è, ma non siamo sicuri di come pensarlo, di come delinearne la figura del futuro. Ma questo è anche un vantaggio, perché ci si può sfogare in tanti modi, secondo il temperamento, secondo la fantasia. Come la prima volta che vi ho letto di Giovanni e Andrea: voi non avevate mai immaginato quello che io cervavo di dire, immaginandomi come è stato quel momento. Ma se siete stati attenti, dopo, anche voi avete cominciato a pensarlo così e avete cominciato a imparare a immaginare in quel modo anche altri pezzi del vangelo, per esempio la peccatrice che bacia i piedi di Gesù piangendo, Zaccheo rannicchiato sull'albero che si sente dire "Zaccheo" da Lui che passa".
a) Un cammino che è fatica
I. Il cammino, il compimento del destino è fatica perché è una prova; in questo senso si dice che è arduo
b) La forza di Gesù
I. La forza di Gesù presente non ci abbandonerà mai ed è più forte di qualsiasi difficoltà o fatica
II. Gesù ci ha lasciato il suo Spirito: il suo io, l'energia del suo io in modo da mantenere la sua presenza e così ci aiuta
A. ci fa capire che la vita non è definita dalle prove
B. ci fa camminare attraverso le prove, costruendo la nostra vita
C. ci insegna la pazienza (la grande parola del cammino della speranza)
1. la pazienza è la capacità di portare tutte le circostanze con il ragionevole coraggio di non rinnegare nulla, di non dimenticare nulla, di non rifiutare nulla
a. rinnegare: negare quello che è evidente
b. dimenticare: è l'eludere, accantonare la cosa che non interessa al momento
c. rifiutare: quando si comprende una cosa, la sua importanza o necessità, ma le si sputa addosso
"La pazienza è molto di più "l'Atlante" che porta il mondo. Quella era un'immagine stoica, una presunzione, perché l'uomo non porta il mondo; se pretende di portarlo a un certo punto il mondo lo schiaccia...di fronte al peso delle cose - pensate alla morte, tutto finisce - l'uomo di tutti i tempi che cosa ha pensato? Due cose: dimentichiamo e intanto godiamocela...o invece, se erano uomini seri...la formula stoica: portare le cose sulle spalle, la magnanimità...Ma l'uomo che prende il mondo sulle spalle fa un passo e il mondo lo schiaccia, non può portare un peso del genere da solo"
c) La fedeltà dell'appartenenza
I. La fatica della speranza è rimanere in Cristo, nella fedeltà all'appartenza
II. La fedeltà nell'appartenenza si esprime con la domanda: la mendicanza a Cristo presente
III. I nemici di questa fedeltà nell'appartenza sono
A. la discontinuità (un giorno sù un giorno giù)
B. la fatica
C. il dolore
d) La domanda del perdono
I. L'aspetto più acuto di questa fatica è il perdono, la domanda del perdono, certi di essere perdonati
"la ripresa dopo lo sbaglio, non perché riusciamo noi a rimediare, ma perché, domandando a Cristo presente con il suo Spirito, mendicando da Lui perdono, ciò che abbiamo sbagliato è come se scomparisse e diventasse forza in noi, desiderio di fargli piacere"
II. Il perdono, il segreto mistero della speranza (Peguy), è la rinascita
"Il Battesimo è il principio di questa rinascita, principio che opera per cento anni se uno campa cento anni, per 103 se uno campa 103 anni, che opera 1299 volte se uno ha fatto 1299 peccati e che opera 10.003 volte se uno ha fatto 10.003 peccati"
L'opposto della pazienza
I. Non è l'impazienza: l'impazienza è un difetto dell pazienza
II. E' la tiepidezza: è seguire il cammino della speranza senza sperare
"seguire...col naso storto, con la testa storta...è chi ci sta senza starci...senza brillio, senza energia creativa, senza dolcezza, senza progetto: cioè senza speranza!"
La testimonianza
I. La testimonianza
A. è un pezzettino di morte per Cristo
B. concretamente si chiama missione: andar via
C. è accettazione del Mistero di Dio
La speranza - Assemblea
Il cuore dell'uomo è una promessa
I. Il cuore dell'uomo è una promessa di adempimento all'esigenza di felicità che lo costituisce
II. La promessa di Dio al popolo ebraico è cominciata con Abramo
III. La speranza di Abramo era ragionevole perché
A. corrispondeva al suo cuore
B. era fatta da Dio e Dio non può ingannare
IV. La vita che ci è data è speranza ragionevole perché ci viene da Dio
A. tante volte viene da rinnovare il lamento di Abramo ma è ingiusto
B. è ingiusto
1. perché rinnega il fatto che tu sei stato fatto con il cuore come esigenza di felicità
2. e questo è divino perché deriva da chi ti ha fatto
V. Fin qui è l'esperienza di tutti gli uomini
A. c'è il positivo della risposta al cuore
B. ma nella coscienza della vita privata prevale il dubbio "Chissà?"
C. infine non c'è risposta al problema del male
D. c'è la coscienza di un ente supremo, di un essere unico ma, in assenza di una risposta alla preghiera, si è ricorre agli idoli, agli dei sussidiari, a livello della vita quotidiana
E. il modo di concepire i rapporti scaturisce da come si concepisce la dipendenza ultima, il destino ultimo
F. negli spiriti più illuminati nasce l'esigenza della rivelazione: che il Mistero, Dio venga a farsi conoscere
VI. Dio, quando è venuto, è stato riconosciuto
A. da chi è rimasto "bambino", nell'atteggiamento con cui Dio lo ha fatto: questa è la moralità
B. da chi ha rinunciato alle proprie immagini sull'attesa che Dio ha destato nel cuore e Cristo ha rinnovato
"Soltanto chi è in questo atteggiamento riconosce la sua Presenza...Anche gli apostoli speravano qualcosa d'altro...però...c'era un attaccamento a Gesù che era più acuto di queste immagini a cui erano restati fedeli. Tant'è vero che quando Gesù risorto per la prima volta li incontra, loro dicono: "Maestro, allora, adesso fai il regno di Israele?"...ripetono la mentalità di tutti. E Gesù pacatamente risponde: "Non è così! Il tempo di questi avvenimenti lo sa solo il Padre". E loro sono così bambini vicini a Gesù che lasciano cadere, non stanno attaccati alla pretesa che Lui risponda alle loro questioni così come le immaginano, ma gli stanno attaccati più profondamente di quanto fossero attaccati alle loro opinioni, con una semplicità più grande".
C. il prevalere della propria immaginazione è realmente la grande tentazione contro la fede in Gesù, quindi contro l'obbedienza a Dio
D. Due alternative
1. l'abbandono e la certezza in Cristo che conducono ad una vita di
a. letizia
b. tenerezza: una sensibilità alla gioia dell'altro, tesa ad augurare la gioia dell'altro
2. l'attaccamento alla propria immagine sul cammino, sul destino, che conduce al lamento
"...il lamento che ingombra il cuore e l'orecchio di chi sente, rende pesante la vita di tutti coloro che ci circondano...la vita è lamentosa...non conosce né la letizia né, tanto meno, la gioia che un fiore della letizia"
Il nesso tra fede e speranza
I. L'uomo desidera e si muove per desiderio della felicità, perché la sua natura è sete di soddisfazione totale, di verità, di felicità, di giustizia (le esigenze del cuore)
II. L'uomo è autocosciente, è cosciente di sè, per cui conosce le cose principali di cui è fatta la sua natura
"...anche un cane, venuta l'ora del pasto si muove...ha desiderio di qualcosa, ma non della felicità...L'uomo desidera, si muove...perché la sua natura è sete di soddisfazione totale...Per il cane basta che segua l'istinto, per l'uomo non si può parlare di istinto, si deve parlare di conoscenza o di coscienza. L'uomo ha coscienza che è fatto "per qualcosa di"..."
A. la natura ti fa conoscere la sete di soddisfazione totale alle esigenze del cuore
"il termine della sicurezza naturale è la parola "Chissà?" (chissà mai, chissà cosa sarà, sarà quel che sarà)..."
B. La fede è la coscienza di una Presenza, più potente della natura, che ti chiarisce lo scopo della vita e ti rende sicuro raggiungere ciò per cui sei fatto
III. La speranza "tira" la fede nel senso che mette in moto il desiderio, fa "fremere", fa camminare verso il destino
"...l'accorgersi di sé, la riflessione introduce al giardino fatato dell'essere. La fede ti rende certo del destino per cui sei fatto e te lo fa conoscere, incomincia a fartelo conoscere; allora tu ti muovi, allora è la speranza che tira la fede...La speranza è come un fuoco che tira la fede, tira la conoscenza. La fede può essere faticosa; la speranza la rende meno faticosa, tira la fede..
A. la fede
1. è la misura della serietà
2. fissa il cammino
B. la speranza
1. è la misura del gusto e del fascino
2. si esprime nel fremito, rende viva la curiosità della fede
"Mi ricordo col mio papà quando per la prima volta sono andato al mare, avevo nove anni: dopo via Pergolesi, al semaforo, ero lì che picchiavo i piedi perché volevo vedere il treno che era in alto. La speranza è come il bambino che pesta i piedi, freme..."
La speranza
I. è legata ad una presenza, a qualcosa di presente
"...per sè sarebbe un controsenso: l'attesa di qualche cosa che deve venire è legata ad un presente! Arrivare in cima alla montagna per il bambino è legato ad una presenza: quella del papà che guida..."
II. si poggia su una presenza che tu possiedi, una presenza che ti appartiene e alla quale tu appartieni
"Dove uno appartiene ad un altro è sempre vero l'inverso, che l'altro appartiene a lui, altrimenti è una terribile bugia"
III. questa presenza è Gesù che ti rivela ciò per cui sei fatto e ti dà la forza di arrivare, di compiere il tuo destino
"...Presenza, qualcosa di presente: perciò c'entra con la penna con cui scrivi, c'entra col naso che guardi, c'entra con il sonno che hai, c'entra, c'entra: qualunque cosa guardi o qualunque cosa tocchi, c'entra. Se Cristo non c'entra con quel che tocchi e con quel che guardi, non è vero che tocchi, non è vero che guardi. Non è vero che non c'entra, è che non è vero che guardi, tocchi, ami, non è vera la tua umanità...Manca l'umano: nel nostro dubbio non è Critso che manca, ma è l'umanità nostra che manca"
IV. la prima virtù morale di chi segue Cristo è la semplicità o meglio la sincerità, perché la sincerità è la semplicità che passa attraverso la libertà. Semplice può essere un carattere, sincero è una virtù
Parole chiare ed astratte
I. Non vi è contraddizione: chiaro ed astratto possono stare insieme
II. Una cosa è chiara oppure non ti è chiara o prendi dei pretesti per dirla non chiara quando invece ti sarebbe chiara
A. nel secondo caso bisogna svolgere la cosa
B. nel terzo, dipende da te: se la cosa è chiara, la senti astratta esclusivamente se a te non interessa
"Quanto più uno è amico e vicino, tanto più le cose chiarissime in lui non le capisci, sono astratte perché non permetti ad esse che c'entrino con te. Se non permetti che c'entri con te una cosa chiara che noti in persone legate a te, quella cosa chiara scivola via in fretta, non ti rimane niente, tutt'al più la dici in senso contrario, dici una bugia su di essa, perché non ti interessava. Per esempio, se hai un fratello che gioca a football e a te il football sta qui, mentre tu del basket sei innamoratissimo, quando tuo fratello parla di calcio...a te non interessa minimamente, sei perfettamente indifferente. Mentre all'annuncio che il basket di Philadelphia ha perso con il basket di Boston, tu ti rendi incandescente subito..."
III. l'astratto è lo sfuggente se tu prima ne hai scartato l'interesse, se non ti interessa nella vita vissuta e sentita, se tu hai prima deciso di interessarti ad altro
IV. In questo caso occorre che tu fissi quella parola che senti astratta, devi ripeterla, dire: "Spiegami questa parola", devi fissare quella parola in tutti i modi: "Che c'entra con gli ineressi che io vivo, ora?". Allora puoi, a un certo punto, iniziare a capirla, a sentirla
Sogno e ideale
I. Il sogno è la realtà come la immagini tu, la forma in cui la pieghi tu
"...di fronte ad un oggetto, tu hai una ripulsa o un'attrattiva...questo è il tuo sogno, cioè la realtà come la pieghi tu, nella forma in cui la pieghi tu, che interessa a te, invece che farti interessare alla realtà come è".
II. L'ideale è il desiderio ultimo del cuore, che l'uomo cerca di raggiungere fidandosi della grande Presenza, che riconosce possibile solo con l'aiuto della grande Presenza
Vivere il presente con attenzione
I. Quando l'uomo guarda le cose con verità, nell'ideale, allora tutte diventano segno del suo destino e così non gli sfugge niente della realtà
"Se il destino è Presenza, vivendo il rapporto con questa Presenza tutte le cose diventano un segno di essa. Segno di essa come il puntino in fondo all'orizzonte è segno del destino che sta per arrivare. Se viviamo il rapporto con la presenza di Gesù, tutte le cose diventano segno...Dio incarnato che cosa vuol dire? Destino fatto presenza".
Speranza e vocazione
I. La vocazione
A. è la Presenza del destino che ti chiama
B. reclama la speranza, esige la speranza
II. la speranza è che il destino si compia: "Colui che ha iniziato in voi questa opera buona, la porterà a compimento" (S. Paolo, Fil., I, 6)
III. il problema più grave è che la parola è chiara ed è astratta; il rimedio è guardarla in faccia, continuamente guardarla
"Guardarla vuol dire anche domandare a Mario: "Mario, spiegami questa cosa qui. Rispiegami questa cosa qui. Ma per te cosa è questa cosa qui? Perché è concreta questa cosa qui?...Quanto più tu fissi questa cosa, quanto più fai queste domande, tanto più la chiarezza comincai a coincidere con la densità di qualcosa di presente e con la suggestività di qualcosa di sentito"
I nemici della speranza: discontinuità, fatica e dolore
I. I nemici della speranza sono
A. la discontinuità, la non linearità nel mantenere l'atteggiamento giusto: è un errore, una debolezza di carattere
B. la fatica, che é la messa alla prova del carattere
C. il dolore: è l'aspetto più acuto della fatica; se non ha nessuna speranza di risposta vince tutto
"...di fronte al dolore uno bestemmia. Come la madre dell'adolescente che portavano al cimitero, che Gesù ha incontrato in quei campi appena fuori il paese di Nain, mentre gridava nel suo dolore. Per lei il dolore era in quel momento opposto alla speranza..."Donna non piangere". Come si fa a dire a una madre che segue il feretro del figlio, dell'unico figlio, morto, "Non piangere", incominciando così a ricondurla a prendere considerazione di sè? Lei dopo quell'avvenimento si sarà sentita come stranita; avrà sospeso un istante le sue grida e in quell'istante Gesù le risuscita il figlio"
II. Discontinuità, fatica e dolore sono nemici della speranza perché tentano di impedire la fedeltà alla speranza
L'aspetto più acuto della fatica di permanere nell'appartenenza è il perdono
I. Il perdono è la cosa più difficile da accettare perché vuol dire tagliare alla radice la presunzione, la pretesa che abbiamo di possedere noi stessi e di realizzare noi la nostra vita
II. Non siamo capaci e perciò sbagliamo sempre
"...tutte le cose che facciamo non stanno in piedi, non sono giuste: i rapporti con le persone, con le cose, con se stessi non sono mai giusti e non non riusciamo a mettere a posto"
III. Ma c'è una forza che ci abbraccia anche se siamo cattivi, la nostra agitazione si calma e riconosce Colui a cui apparteniamo
"Allora, a questo punto, uno cede. Come un bambino che fa i capricci e la mamma invece di sculacciarlo, lo abbraccia: quello che si agita un po' tra le braccia, ma dopo un po' piange"
IV. Il perdono è la tentazione di umiliazione più forte perché l'uomo pretende di essere padrone di se stesso; il dovere essere perdonato è l'opposto più terribile, perciò è la fatica più grande
V. Essere perdonati vuol dire capire che veramente si appartiene ad un Altro ed è questo Altro che ci fa essere quel che dobbiamo essere, che toccandoci di dà la forza per riprendere il cammino
I fattori della personalità: fede e speranza
I. Il primo fattore della personalità è la fede, perché ti fa conoscere che per potere essere, stare in piedi e camminare occorre la presenza di un Altro
"la ragione non tiene, tutta l'energia della sua forza non tiene, non basta, neanche a compiere un gesto giusto, diceva Ibsen nel Brand"
II. la speranza è il secondo fattore costitutivo perché la personalità si costituisce per andare verso qualche cosa d'altro che è nel futuro e la chiarezza e la forza per andare verso il futuro è data da un Altro
Il ruolo della libertà
I. La libertà consiste nell'accettare o rifiutare la speranza: l'aiuto di un Altro che dona la capacità di affrontare con chiarezza e forza il futuro, vincendo le tentazioni del dolore, della fatica, della discontinuità o della prova
II. la forma più elementare e più decisiva dell'accettazione è la domanda
"Nella domanda uno partecipa al gesto che lo aiuta, perciò nella domanda incomincia la libertà piena. Se uno viene lì per aiutarmi a tirarmi fuori dalla macchina, io posso dire di no, posso tentare di uscire da solo; posso a malincuore dovere accettare la mano che mi sostiene; ma posso desiderare la mano che mi sostiene, accettare di chiederla: è qui, è nella domanda che la libertà si pone nella sua pienezza"
"Chiaro", "giusto", "astratto"
I. Chiaro vuol dire che il discorso è logico, tiene.
"...mi metto di fronte alle parole, alle frasi, ai nessi logici che il discorso fatto dal Gruppo Adulto ci propone. Questa è l'analisi, resta tutto astratto, chiaro, chiarissimo, "non ho niente da obiettare", ma è astratto
II. Giusto vuol dire che il discorso è pertinente alla vita, aiuta, sostiene la vita, che riconosco che mi è necessario per vivere
"bisogna raggiungere il concetto di giusto, cioè la mia vita senza destino è una vita da cani ed è una vita che va a finire in marciume"
III. Astratto vuol dire che riconosco che ci vuole una cosa giusta per la mia vita, che mi è necessaria ma non lo capisco ancora, non lo sento ancora, non lo vedo ancora
IV. Per rendere il "giusto" concreto e non astratto occorre fare la fatica di stabilire rapporti, di vivere dei rapporti: occorre una compagnia
"Nel rapporto, lentamente, il giusto...incomincia a diventare concreto. L'amore come gratuità e come tenerezza lo impari da una persona che vive l'amore come gratuità e tenerezza, non lo impari teoricamente. La vita la impari nel concreto, non teoricamente...E' nei rapporti che l'Essere si cala"
La speranza del mondo e la nostra speranza
I. La speranza del mondo, istintiva e naturale;
A. è la speranza che domani sia diverso da oggi, da quello che oggi ha di faticoso, che cambi qualche cosa
B. è frammentaria, frammenta la vita
II. la nostra speranza è che io, domani, abbia la forza di abbracciare quello che accade, che "riaccade" grazie ad un Altro presente già oggi, che io possa renderlo costruttivo
Domanda dell'uomo e risposta di Dio
I. Dio, per farsi conoscere, doveva fare un passo Lui e dire:"Eccomi sono qui": ed è stato un caso unico nella storia
"I pigmei che sono i più grandi espressivi dell'umano...che si chiamano gli uomini più pensosi. Nessuno ha avuto risposta, nessuno ha risposta..."
II. La domanda di chi non conosce Cristo è utile perché Cristo è la risposta a tutta la domanda dell'umanità
"...Leopardi...chiedeva alla Bellezza di rendersi visibile e di farsi amare. Era una domanda, la domanda di una cosa che era già accaduta milleottocento anni prima, e non lo sapeva"
III. Dio risponde in un modo preciso: si chiama Cristo. Dio si può conoscere soltanto se si rivela
"Questo è analogicamente vero per noi. Una persona non la si conosce se non si rivela, se non si dice. Un grande psicologo o un grande conoscitore di uomini, un grande penetratore di coscienze può capire tante cose in quanto, senza accorgersi, l'altro svela; ma deve svelare l'altro, altrimenti se non rivela non si capisce"
IV. I pigmei che non conoscono Cristo, a loro modo, chiedevano di conoscere Dio, anzi chiedevano che al Dio che li aiutasse
V. Dio risponde sempre ma con un disegno che è suo: non può coincidere con la dinamica del nostro pensiero
"Esigenza di felicità, esigenza di giustizia, esigenza di amore, che immagini hanno? Sono angoli aperti all'infinito...tutti gli amori, tutte le verità, tutte le giustizie non bastano. Arrivato lì, arrivato sulla cima della collina - direbbe Thomas Mann in Giuseppe e i suoi fratelli-, arrivato in cima alla collina, vedi un'altra collina...e avanti all'infinito, indefinitamente...E' un bel paragone; la vita traduce questo paragone in atto...E' per questo che la von Speyr dice...che Dio fa accadere le cose sempre in modo tale da generare una svista: tu chiedi la salute, ti fa venire il cimurro...e allora tu dici: "Dio è stato malevolo con me". No, tu perché chiedevi la salute? Chiedevi la salute per dare gloria a Dio...bene, per ottenere questo, Dio capisce che deve darti il cimurro..."
La moralità
I. La moralità è permanere nella posizione in cui originalmente Dio ti crea, e questa è grazia
II. l'educazione è necessaria per mantenersi in questa posizione originale
"Se l'educazione del bambino non opera una insistenza sugli atteggiamenti originali cui è stato creato, per esempio sulla sincerità, per esempio sulla dipendenza, per esempio sullo stupore... se non sono sottolineate queste caratteristiche originali, il tempo come tale le svapora, toglie loro la luce che hanno... E così tutti crescono senza educazione e perdano le percezioni originarie; hanno il coraggio di dire: «Ma per me questo non è virtù, non la sento»"
III. ciò che è stato dato all'uomo come Grazia è dato come libertà, e perciò l'uomo lo può accettare o no, o accettare di corrispondervi o no
"Uno che sta nella strada è obbligato ad avere il coraggio e la sincerità di dire: «Ho sbagliato», e dire: «Signore, ho sbagliato» brucia lo sbaglio, perché fa subentrare subito la verità, fa subentrare la verità allo sbaglio"
La fatica
I. Il cuore ci è stato dato come esigenza di felicità
II. quindi noi pensiamo che dovremmo trovarla a buon mercato
III. invece Dio è morto in croce per far vedere a tutti ottenerla deve costare, deve implicare un sacrificio
IV. questo, però, è comprensibile, diventa ragionevole solo se passa nell'esperienza
"Perciò anche la tribolazione delle tentazioni, le prove degli affetti, la fatica della purità, la fatica della coerenza, della giustizia, sono tutte esperienze attraverso cui l'uomo è condotto da Dio per essere più Cristo, per essere più compiuto"
L'arduo e la semplicità
I. arduo non si contrappone a semplice: semplice indica la modalità con cui puoi affrontare l'arduo
"... se tu guardi l'arduo senza semplicità, dici: «Ma, se, però, forse, chissà», che sono tutte le parole più sordidamente e satanicamente nemiche della percezione del vero. Anche se tu fossi davanti a una faccia bella, se non l'ami, trovi tutti pretesti per dire: «Qui, ma, però, ha il puntino qui, ha il puntino nero lì, ha il puntino giallo là, ha il naso leggermente spostato sinistra, leggermente spostato a destra, eccetera.»"
II. La pazienza cristiana e la magnanimità stoica
A. La pazienza cristiana è vicina a quella stoica in quanto deve patire, cioè sopportare
B. ma si distingue dalla magnanimità stoica in quanto è diverso da essa, in quanto è umile sicurezza della forza di un Altro
"«Di tutto sono capace in Lui perché con Lui è la mia forza», diceva San Paolo. Questa è una frase che toglie qualsiasi pretesto che possiamo portare contro la strada ed è la risposta che toglie qualsiasi pretesto di desolazione o di scoraggiamento di fronte a qualsiasi errore. Perciò salva la strada e salva dagli errori"
III. Tutto lo sforzo che stiamo facendo è quello di portarci a percepire la semplicità originale del rapporto tra Dio e l'uomo
"Quando Cristo ha guardato la Maddalena con uno sguardo furtivo per la strada, era una cosa semplice: era un richiamarla con una semplicità ad una semplicità in cui la purità dominava, ridominava; contraria alla sua storia, ma non contraria alla sua possibilità presente
a cura di Giorgio Razeto
Nessun commento:
Posta un commento