di Antonio Gaspari
Tratto dal sito Ragionpolitica.it il 4 marzo 2009
Piergiorgio Odifreddi ha scritto un libro per dimostrare che Charles Darwin è un genio, e il Verde Giorgio Celli ha dichiarato a Il Messaggero (28/11/2005) che «a 15-16 anni scoprii Darwin: non un maestro, un santo protettore». Eppure, c'è chi sostiene che nelle scienze sociali Darwin abbia fornito le argomentazioni per sostenere e diffondere il razzismo e l'eugenetica.
A questo proposito un'autorità in materia come George Mosse nel suo libro Il razzismo in Europa: dalle origini all'olocausto (Laterza. 1994), scrive che i pensatori illuministi, basandosi proprio sulle teorie di Darwin, avevano concepito una nuova forma di razzismo, il «razzismo scientifico». E non è il solo, anche gli storici, Michael Burleigh e Wolfgang Wippermann nel libro Lo stato Razziale - Germania 1933/1945 (Rizzoli 1992), scrivono che «fu Darwin e non Gobineau l'involontario progenitore dell'ideologia razzista. A lui si deve infatti la teoria della selezione naturale come meccanismo dell'evoluzione, che sarebbe stata al centro di tutte le successive elaborazioni razziste». Insomma, proprio nell'anno in cui si festeggia il bicentenario della nascita e i 150 anni della pubblicazione delle «Origini delle specie» di Charles Darwin, emerge che il problema non è solo se la teoria evoluzionista nega la teoria dell'esistenza di un Creatore, ma, questione ben più scottante, se la teoria di Darwin applicata alla sociologia porta a gravi derive quali il razzismo, l'eugenetica e la soppressione dei più deboli. Secondo alcuni autori però, l'orrore conosciuto come «darwinismo sociale», sarebbe da attribuire ai suoi seguaci piuttosto che a Darwin.
Per cercare di chiarirci le idee siamo andati a leggere esattamente cosa Darwin ha scritto nel libro L'origine dell'Uomo nell'edizione pubblicata da Editori Riuniti nel 1983, e siamo rimasti inorriditi. In un capitoletto intitolato «Selezione naturale operante nelle nazioni civili» Darwin spiega perché l'uomo civilizzato ha uno svantaggio rispetto al selvaggio, e scrive: «Fra i selvaggi i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati; e quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute. D'altra parte, noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione; costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli storpi e per i malati; facciamo leggi per i poveri; e i nostri medici usano la loro massima abilità per salvare la vita di chiunque fino all'ultimo momento. Vi è ragione di credere che la vaccinazione abbia salvato migliaia di persone, che in passato sarebbero morte di vaiolo a causa della loro debole costituzione. Così i membri deboli della società civile si riproducono. Chiunque sia interessato dell'allevamento di animali domestici non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso alla razza umana. E' sorprendente come spesso la mancanza di cure o le cure mal dirette portano alla degenerazione di una razza domestica: ma, eccettuato il caso dell'uomo stesso, difficilmente qualcuno è tanto ignorante da far riprodurre i propri animali peggiori» (pag. 176).
«Dobbiamo perciò sopportare - continua Darwin - gli effetti indubbiamente deleteri della sopravvivenza dei deboli e della propagazione delle loro stirpe» (pag. 177). Abbiamo capito bene? Aiutare i deboli, curare i malati, vaccinare salvare migliaia di persone con è un «effetto deleterio» per l'evoluzione della specie? Ma l'autore inglese non ha dubbi, per favorire la selezione naturale in cui il debole deve essere soppresso a favorire del più forte Darwin ha scritto: «Eppure l'uomo potrebbe mediante la selezione fare qualcosa non solo per la costituzione somatica dei suoi figli, ma anche per le loro qualità intellettuali e morali. I due sessi dovrebbero star lontani dal matrimonio, quando sono deboli di mente e di corpo; ma queste speranze sono utopie, e non si realizzeranno mai, neppure in parte, finché le leggi dell'ereditarietà non saranno completamente conosciute. Chiunque coopererà a questo intento, renderà un buon servigio all'umanità» (pag. 255). Ed ancora «Il progresso del benessere del genere umano è un problema difficile da risolvere; quelli che non possono evitare una grande povertà per i loro figli dovrebbero astenersi dal matrimonio, perché la povertà non è soltanto un gran male, ma tende ad aumentare perché provoca l'avventatezza del matrimonio. D'altra parte, come ha notato Galton, se i prudenti si astengono dal matrimonio, mentre gli avventati si sposano, i membri inferiori della società tenderanno a soppiantare i migliori» (pag. 256).
Capito? Per Darwin se sei povero e debole non dovresti avere diritto a sposarti. In conclusione c'è da chiedersi, ma i grandi estimatori dell'autore inglese, coloro che stanno riempiendo saggi, riviste e libri su Darwin, hanno mai letto quello che ha scritto?
Nessun commento:
Posta un commento