mercoledì 25 marzo 2009

IL BIOLOGO ANGELO VESCOVI SPIEGA PERCHE' IL NEW DEAL AMERICANO SULLE STAMINALI NON SERVE ALLA MEDICINA MA A WALL STREET

.....«Ma questo non è affatto vero», esclama Vescovi. «Sembra che abbiano finito gli argomenti: prima era “bisogna mettere da parte i problemi etici per il bene dei pazienti”, adesso, dopo che l’alternativa che risolve i problemi etici è stata trovata, si grida alla libertà di ricerca ad ogni costo. Ma la ricerca deve farsi in un contesto sociologico, etico e morale. Se no arriviamo a dire che siccome io faccio il ricercatore posso fare quello che voglio. È nella definizione di libertà il concetto stesso di limite. Non esiste una libertà assoluta, se no è il delirio di onnipotenza......


di Laura Borselli

TEMPI 16 Marzo 2009

Un goloso di dolci in una pasticceria piena di leccornie. Un paragone calorico è forse ardito ma adatto a descrivere come si deve sentire uno studioso di cellule al cospetto delle staminali. Veri e propri mattoni dei tessuti degli organi umani, indifferenziate all’origine, esse sono in grado, quando si riproducono, di trasformarsi nelle numerosissime varietà cellulari di una persona adulta.



Nel corso del tempo il loro ruolo resta quello di costituire materia prima pronta a rimpiazzare tessuti rovinati (per traumi o per degenerazioni) nelle varie parti del corpo. Una sorta di pronto soccorso cellulare, che si attiva quando l’organismo segnala la necessità di un intervento. E allora chi studia le malattie del corpo umano e si dedica alla ricerca cosa potrebbe volere di più che il poter disporre di quei “mattoncini magici”, così da studiarli, riprodurli e, perché no, trapiantarli all’occorrenza quando il naturale meccanismo di autorigenerazione del nostro corpo venga per qualche motivo compromesso?
La settimana scorsa Barack Obama ha abolito il divieto di utilizzo di fondi federali per la ricerca sulle staminali embrionali voluto nel 2001 dal suo predecessore. Il presidente liberal ha dunque aperto ai golosi scienziati le porte di quella pasticceria chiusa dal torvo conservatore Bush? Troppo facile addentrarsi ideologicamente in un terreno in cui prima di tutto parlano i fatti, le continue scoperte e i punti di domanda (ebbene sì, servono anche quelli) degli stessi ricercatori. Il dibattito etico si accende intorno a un particolare tipo di staminali, le embrionali, quelle che si trovano in ogni embrione nei primissimi giorni della sua vita, cellule che hanno un enorme potenziale di sviluppo e di moltiplicazione, una «pluripotenzialità – spiega il professor Angelo Vescovi – ossia la capacità innata, intrinseca, di generare un numero spesso enorme di cellule e di tessuti». Ricercatore di fama internazionale, oggi direttore del centro Brain Repair di Terni, docente di Biologia all’Università di Milano-Bicocca e direttore scientifico di Stem-Gen Spa, Vescovi è un cervello rientrato in Italia stabilmente nel ’99, dopo anni di studio negli Stati Uniti e in Canada, dove, nel 1991, ha partecipato alla scoperta dell’esistenza di cellule staminali cerebrali.Da anni il giovane professore milanese va ripetendo che il problema sulle staminali embrionali è uno e uno solo: quello della loro provenienza. «Immaginiamo – spiega – che io possa creare dal nulla una cellula embrionale staminale. Chiunque può prenderla e usarla, non c’è nessun problema di tipo etico. Il problema etico nasce perché per trovare quel tipo di cellula occorre andare a prenderla da un embrione e distruggerlo». Sicché, scriveva già nel 2005 Vescovi nel suo libro La cura che viene da dentro (Mondadori), il problema non è la cellula in sé, ma dove la si va a prendere e «se noi trovassimo un modo per ottenere una cellula con le stesse caratteristiche delle embrionali staminali ma senza distruggere un embrione allora il problema etico sarebbe risolto».

«Ecco, oggi ci siamo arrivati», spiega. «Io alla fine del libro ipotizzavo che l’avremmo fatto in cinque anni, invece ce ne sono voluti molti meno». La scoperta («gli varrà il Nobel e se lo merita», sottolinea il professore con l’ammirazione e il pizzico di invidia di un goloso che vede un altro avanzare verso una torta) è del giapponese Yamanaka che nel 2006 ha preso delle cellule dell’epidermide, vi ha inserito dei geni molto semplici e ha ottenuto che quelle cellule si riprogrammassero diventando in tutto e per tutto delle staminali embrionali. «In pratica le ha regredite allo stadio di staminale embrionale». Eureka. Le cellule del desiderio al netto delle complicazioni etiche. «Di più, perché questo tipo di cellule, a differenza delle embrionali, si possono clonare, il che fa la vera differenza in termini terapeutici, tanto che moltissimi grandi laboratori americani che lavorano sulle embrionali staminali si sono messi a lavorare sulle cellule indotte pluripotenti».
E allora perché la decisione di Obama? «Sugli embrioni umani si lavora da tanto tempo e la tecnologia sviluppata per le embrionali staminali è una tecnologia che riguarda l’utilizzo di cellule staminali embrionali estratte da embrioni umani. Ma la tecnologia di Yamanaka (per cui i giapponesi stanno litigando con i tedeschi che dicono di aver depositato un brevetto prima) i brevetti sugli embrioni li scavalca a pie’ pari. Il mondo anglosassone e quello americano che per trent’anni hanno lavorato su questo ora si trovano con prodotti che rischiano di essere invalidati.

Dunque quella di Obama è una scelta pragmatica su cui pesano, come è stato scritto, le lobby che hanno appoggiato la sua elezione, e anche una sorta di protezionismo economico americano». Sconcertante e anacronistica, allora, secondo Vescovi, la scelta del presidente americano, salutata come una boccata d’ossigeno alla ricerca soffocata da George Bush. «Ma questo non è affatto vero», esclama Vescovi. «Sembra che abbiano finito gli argomenti: prima era “bisogna mettere da parte i problemi etici per il bene dei pazienti”, adesso, dopo che l’alternativa che risolve i problemi etici è stata trovata, si grida alla libertà di ricerca ad ogni costo. Ma la ricerca deve farsi in un contesto sociologico, etico e morale. Se no arriviamo a dire che siccome io faccio il ricercatore posso fare quello che voglio. È nella definizione di libertà il concetto stesso di limite. Non esiste una libertà assoluta, se no è il delirio di onnipotenza.

Machiavelli non diceva che il fine giustifica i mezzi sempre, ma che in alcune situazioni particolari è possibile che il fine giustifichi dei mezzi che possono non sembrare leciti. Cito Machiavelli, veda a cosa sono ridotto...»

Via da don Verzè
E fosse soltanto Machiavelli. Nei tempi del referendum sulla procreazione assistita Vescovi si è speso senza riserve per l’astensione, sposando da non credente le tesi sostenute dalla Chiesa. Allora era ancora ricercatore al San Raffaele di Milano. «Me ne sono andato un anno e mezzo dopo il referendum», spiega. E non è malizia pensare che vi sia un collegamento tra la militanza nel fronte astensionista alla consultazione sulla legge 40 e l’abbandono dell’Istituto di don Verzè. «Il referendum mi ha complicato molto la vita, non solo dentro al San Raffaele, ma dappertutto. Io rispetto profondamente le diverse visioni di ogni singolo ricercatore e mi sarebbe piaciuto che questo atteggiamento fosse reciproco, ma non lo è stato».
Resta da capire perché un laico si debba spendere in favore della vita e un ricercatore porre degli scrupoli. «La credenza che me lo impone è una sola e si chiama illuminismo, l’uso della ragione. La ragione mi dice che quando valuto una situazione devo cercare di integrare tutti gli elementi di cui sono a conoscenza. Come ricercatore in particolare. Per me non esiste una scienza che si possa dire tale che non sia composta da tecnologia sommata a regole etico morali che, piaccia o meno, sono quelle della nostra specie naturale».

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