giovedì 26 marzo 2009

FLORILEGIO PER ELUANA

.....Ignazio Genna - Il calvario vissuto, pur comprensibile, non ha avuto il coraggio di trasformarsi in passione per la vita. Il dolore, la sofferenza, la solitudine, l’incapacità di attendere, il dramma che ci prende ci impedisce di guardare al di là della siepe ove l’immagine si concretizza nella visione dell’Altro, che ha già valore per il solo fatto di esistere. Purtroppo l’incapacità di attendere, di aspettare, di accogliere il diverso, tutto ciò che non rientra nei canoni del bello, del sano, del normale, conduce spesso questa società a preferire la morte alla vita. Eluana è una martire della società odierna immolata ai nuovi idoli che si annidano all’interno di una visione egocentrista della vita....



Redazione mercoledì 25 marzo 2009


È ormai passato più di un mese dalla morte di Eluana. Molti commenti di lettori sono arrivati in quel frangente e non sono stati pubblicati. Con una scelta del tutto soggettiva, e ponendoli in ordine alfabetico, ecco le frasi che più mi sembrano centrali e che vorrei riportare in questo SussiDario, come testimonianza del segno e del ricordo commosso che Eluana ha lasciato, e come una preghiera per lei e a lei.



Gianfranco Amato - Cara Eluana, sei volata via improvvisamente, cogliendoci tutti alla sprovvista e lasciandoci la bruciante ferita di una domanda. Che senso ha avuto quella vita che ti ha costretto a restare inchiodata ad un letto per diciassette anni? La nostra ragione umana è incapace di abbracciare un mistero così grande, ma pur con i suoi limiti essa è capace forse di cogliere un barlume di significato. Tu, cara Eluana, compiendo quasi un miracolo, hai consentito a ciascuno di noi, per un attimo, di tornare ad essere una pascaliana canna pensante. Questa è una di quelle grazie capaci di scaturire da un fatto drammatico come la morte, che noi apparentemente non comprendiamo ma che risponde ad un disegno misterioso e positivo. In fondo, è sempre vera la parabola evangelica del chicco di grano che deve morire per poter trasformarsi in una fruttifera spiga. Il secondo miracolo che sei riuscita a compiere è quello di aver illuminato, con uno spietato raggio di luce, quel cono d’ombra in cui silenziosamente vivono la propria sofferenza migliaia di persone in stato vegetativo persistente insieme a propri cari, con tutto il loro carico di bisogni, di difficoltà, ma anche di immenso amore, che il torpore della nostra coscienza era riuscito a rimuovere.



Domenico Bonvegna - Il nostro Paese che propugna l’abolizione della pena di morte per i colpevoli anche dei più efferati delitti, ora sta per emettere una sentenza di morte per una povera e indifesa ragazza. Eluana è innocente e attraverso una lunga agonia, verrà negato il fondamentale diritto all’alimentazione e all’idratazione. Fa bene monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro che ha deciso di far suonare le campane a morto per tre giorni in tutta la Diocesi, invitando altresì tutte le comunità religiose e le famiglie a recitare il Santo Rosario.



Nerella Buggio - Il ricordo di un episodio di molti anni fa non mi vuole lasciare. Eravamo in campeggio con i nostri tre figli; il più piccino sgusciava dal sacco a pelo, iniziando a dire senza sosta: “mammallatte, mammallatte”, impossibile ficcare la testa sotto il cuscino, bisognava alzarsi e placare quel suo bisogno primario. Mi è tornato in testa quel ritornello, pensando ad Eluana e al nostro mettere la testa sotto il cuscino per fingere che si stia compiendo un gesto pietoso e non un orribile e devastante gesto mortifero. Perdonaci Eluana, se puoi perdonaci, perché la tua agonia ci fa tutti più cinici, il tuo lento morire cambia lo sguardo con cui guardare ai nostri figli. Nessuno sa fino in fondo, nemmeno i luminari della scienza, se tu nel tuo profondo non stia implorando “mammallatte” e non hai che un colpo di tosse che tutti ignorano, per cercare di far uscire dalla prigione del tuo corpo quel grido, nessuno lo sa, ma nel dubbio, lasciarti morire è un'atrocità che ci rende tutti meno uomini.



Gloria Capuano - A me accade, o meglio è accaduto da un pezzo, d’essermi convinta che la ragione umana è di una presunzione impressionante. Mi è accaduto di supporre che quando la mente dell’uomo si avventura in evenienze avvolte nel mistero e le vuole risolvere razionalmente in osservanza ora alla scienza ora all’etica compie un atto d’inconsapevole superbia. Noi umani dovremmo raccoglierci in silenzio e lasciare libero corso ai sentimenti di coloro che sono e sono stati direttamente coinvolti in questa tristissima storia. Sentimenti inoltre tutt’altro che liberi, essendo state queste provatissime creature - per aver condiviso anno su anno giorno per giorno la sorte della ragazza - di certo a loro volta a lungo divorati dal dubbio nella traumatizzante cernita tra doveri e paure. Doveri derivati dal per loro tassativo presupposto che la ragazza avrebbe scelto sicuramente una soluzione definitiva in coerenza alla sua ben esplicita personalità, paure per la consapevolezza che questa scelta avrebbe potuto precludere un evento straordinario, il ritorno di Eluana.



Concetta Carruba Toscano - La “sete di Dio”, il bisogno di Dio è ciò che contraddistingue l’uomo in quanto tale, in quanto consapevole della sua provenienza da un Altro, che è stato fatto da un Altro e che, per tanto, è assoluto bisogno di un Altro. Quest’atteggiamento di “bisogno” consapevole, mai è stato messo in discussione come in questi tempi laddove, il bisogno è dei bigotti, degli stupidi, degli illusi, mentre l’uomo veramente uomo è assoluta affermazione di sé e del suo destino. Ecco perché alla pietà popolare, intesa come descritta, si sostituisce un vago senso di pietismo di massa che, con sentimenti volti al “bene” dell’uomo (buonismo) ne snatura la sua vera immagine. Eluana Englaro è stata giudicata da questo pietismo “onnipotente”, e per questo è morta di fame e di sete come nessuno vorrebbe morire.



Michele Castelli - L’aspetto più drammatico di questa vicenda mi pare risieda nella presunta volontà di indipendenza assoluta e autodeterminazione che sembrano essere la stella polare della vita di un uomo, che in questo caso portano a preferire la morte rispetto alla vita. Si diffonde una cultura per cui il limite, la sofferenza e la fatica sono obiezione alla scoperta di un significato per sé, come fossero un ostacolo insormontabile che pesa come un macigno sulla possibilità di essere felici nella vita. Al di là dei discorsi, l’esperienza di tante persone che soffrono (e dei parenti che condividono la vita con loro) dimostra invece il contrario, che è possibile in qualunque circostanza scoprire che si è amati, che la vita ha un senso, che non si è al mondo per nulla, che c’è un destino buono a cui ciascuno di noi, misteriosamente, è chiamato. Nessuno vorrebbe vivere ciò che ha vissuto Eluana e la sofferenza e il dolore di suo padre, ma questo giustifica il fatto che sia lasciata morire?



Nicola Currò - Le Suore Misericordine della casa di cura “Beato L. Talamoni” di Lecco per 17 lunghi anni, nel silenzio più assoluto, lontano dalle telecamere, senza mai rilasciare un’intervista, hanno assistito amorevolmente Eluana. Non chiedevano nulla in cambio, solo poter vivere la loro vocazione assistendo i più bisognosi tra di noi. Gliela hanno voluta strappare a tutti i costi Eluana, di notte in modo furtivo, quasi a voler nascondere un misfatto. Perché hanno voluto compiere questa azione? Per andare contro la carità, per violentare la carità, perché la carità e possibile solo se c’è Cristo e Cristo nel volto delle suorine era troppo evidente. Un’evidenza, una presenza quella di Cristo che per il mondo in cui viviamo è una presenza sempre più insopportabile. Viene in mente una canzone dell’indimenticato Claudio Chieffo: “lo vorrei vedere Dio, vorrei vedere Dio ma non è possibile: ha la faccia che tu hai, il volto che tu hai e per me è terribile”.



Ignazio Genna - Il calvario vissuto, pur comprensibile, non ha avuto il coraggio di trasformarsi in passione per la vita. Il dolore, la sofferenza, la solitudine, l’incapacità di attendere, il dramma che ci prende ci impedisce di guardare al di là della siepe ove l’immagine si concretizza nella visione dell’Altro, che ha già valore per il solo fatto di esistere. Purtroppo l’incapacità di attendere, di aspettare, di accogliere il diverso, tutto ciò che non rientra nei canoni del bello, del sano, del normale, conduce spesso questa società a preferire la morte alla vita. Eluana è una martire della società odierna immolata ai nuovi idoli che si annidano all’interno di una visione egocentrista della vita.



Angelo Rossi - Non so se Eluana doveva continuare a vivere in maniera vegetale o morire, ma, circa la sua fine, per usare un'espressione di Dante: "Il modo ancor m'offende". "Conoscere per deliberare" diceva saggiamente Einaudi in tempi molto diversi. In questo caso, invece, tutti volevano testardamente affermare la loro verità come se conoscessero la reale situazione interna di quella povera ragazza. Ciò che le accadeva dentro, ciò che eventualmente poteva percepire nell'intimo non lo sapevano nemmeno i medici, ma tutti volevano dire la loro senza averla mai vista. Ogni partito sembrava una élite dotata del possesso esclusivo della verità. Che vergogna cadere in questo caso nella interpretazione materialista o religiosa del mondo con le sue aberrazioni statali.



Riccardo Secchi - Sull'altare dell'audience, senza il minimo rispetto per quella cosa ormai sconosciuta che viene denominata "persona", tutto si può e si deve sacrificare. Ci troviamo davanti a qualcosa che va ben oltre una bancarotta etica. Perché un'etica fiorisce da una cultura dell'uomo, da una civiltà, cioè da una concezione di rapporti tra gli uomini che ha come fine la valorizzazione della persona, il servizio alla persona. Ed è questa che è propriamente esiliata dal panorama italiano ed europeo, la civiltà che fu creata nei secoli dal popolo cristiano. Ma esiste ancora in Italia, quasi senza voce mediatica e senza strumenti di potere, un popolo ben presente, ben radicato che non guarda al dolore e alla morte come uno spettacolo da Colosseo e che ha fatto sentire il suo richiamo nella voce di Enzo Jannacci o in quella di Margherita Coletta.



Alfredo Sparaventi - Andrej Tarkoskij fa dire a un suo personaggio nel film Nostalghia: “Perché l’umanità possa avanzare, e non rimanere sospesa sull’orlo del baratro, dobbiamo camminare mano nella mano, i cosiddetti sani con i cosiddetti pazzi. Ehi! “Sani”! Che cosa significa la vostra salute?! ... Dovete rassegnarvi, finalmente, a dire a voi stessi: “Dobbiamo vivere con loro, mangiare con loro, bere con loro, dormire con loro”. A cosa vi serve la libertà se non avete nemmeno il coraggio di guardare negli occhi la verità: con la vostra cosiddetta “salute” avete portato il mondo sulla soglia della catastrofe. … L’umanità è giunta a un punto vergognoso! ….per salvare voi stessi e salvare i vostri figli, la vostra discendenza, il vostro futuro, dovete tornare al punto dove vi siete persi, dove avete imboccato la via sbagliata! … Che cosa vale questo mondo, che cosa vale la sua giustizia, quando un povero malato....., come ci chiamate, vi dice: vergognatevi! Fino a che siete in tempo: vergognatevi! …” (in A. Tarkovskij, Racconti cinematografici, Milano, 1994, pp. 265-266). Eluana è questo grido inespresso di felicità, che deve gridare attraverso il vostro cuore di padre e di madre.



Claudio Torri - Che silenzio ! Che orrore di silenzio dentro il vostro cuore ! ………pezzo di carne e non più cuore , ………se non ci fosse l’eterno cuore, ….presente ! presuntuosi come sempre . pretestuosi come sempre, - senza l’imbarazzo di null’altro- . Come sempre sprezzanti, giusti giudici incorruttibili. E Che silenzio acceso di vita qui , dentro di me e al di fuori di me , Che intravedo guardarmi e che intuisco amarmi. Certo, Sì ! esile. e Fragile, già forse davanti all’oscurata pienezza , come un sospiro che non si esaurisce. Come un cuore puro, conosciuto dal tutto. Non possiamo parlarci, non sapete che il rumore delle parole ! Non potete capirmi, nascosti davanti a voi stessi !





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