Mons. Massimo Camisasca lunedì 16 marzo 2009
Nella lettera del papa a tutti vescovi della Chiesa Cattolica vi sono due fuochi. Il primo riguarda i fatti più recenti, l’incomprensione del suo atto di misericordia verso i quattro vescovi lefebvriani e tutte le polemiche che ne sono seguite. Amaramente il papa nota di essere stato più capito da alcuni ebrei che da certi suoi figli. C’è una sottile distanza in alcuni settori della Chiesa dallo spirito che muove le decisioni del papa.
Vi è poi un secondo fuoco, ancora più importante, in tutta la lettera. Riguarda la realtà intera della Chiesa e del mondo, la realtà dell’uomo. È una lettura in questo momento storico dei segni dei tempi, come aveva invitato a fare papa Giovanni, riprendendo peraltro una indicazione di Gesù. Può sembrare una lettura pessimista. Nasce invece dalla accorata sollecitudine del padre che vuole guidare la Chiesa verso una nuova pagina della sua missione.
Due mi sembrano le affermazioni centrali: «La fede è nel pericolo di spegnersi, come una fiamma che non ha più nutrimento»; «Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini», e così l’umanità cade in una totale mancanza di orientamento.
Non c’è nessuna preoccupazione di parte in queste parole, non uno spirito clericale, una tesi dogmatica, ma la pura e semplice passione per l’uomo. Il cuore dell’uomo si è raffreddato e il papa desidera che esso possa tornare a riscaldarsi, cioè ad aprirsi a quegli orizzonti che possono illuminare il cammino e permettere di affrontare i drammi del dolore, della morte, della solitudine, ma anche che permettono di gioire della creazione e degli altri doni di Dio.
Il cuore del papa è certamente ferito, ma non vuole rassegnarsi al male. Non ha comandamenti da imporre, censure da operare: vuole riaprire i cuori degli uomini alla promessa, indicare ai cristiani il dovere di testimoniare anche attraverso la loro unità il volto di quel Dio che li ha scelti.
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