sabato 29 settembre 2007

VERONESI GARANTISCE GENI RIPULITI E BUONA SALUTE PER 120 E PER 150 ANNI


I miracoli annunciati dai profeti della nuova religione
di Nicoletta Tiliacos

Tratto da IL FOGLIO del 28 settembre 2007

Roma. Se la smettessimo di trattare gli scienziati con la deferenza riservata a ministri di un culto intoccabile, e li vedessimo per ciò che sono, rispettabili ma fallibili agenti in uno scenario che è sempre, necessariamente, politico?




La provocazione di Michael Schrage, editorialista del Financial Times ed enfant terrible del Mit Media Lab, non dice soltanto che “lo scienziato è nudo”. Mette in discussione un sistema autoreferenziale che coinvolge in uguale misura l’accademia, l’informazione, le scelte politiche. Schrage non è un bacchettone. Non si scandalizza delle commistioni scienza-industria, non pensa che i laboratori debbano essere santuari immuni dagli interessi economici e politici. Ma allora, dice, i giochi siano chiari, e gli scienziati, quasi sempre in disaccordo tra di loro, non si appellino all’insindacabilità del loro operato da parte dell’opinione pubblica ma accettino un confronto vero e non paternalistico.

Alcuni scienziati sono d’accordo. Quelli che come Jacques Testart ammettono che “poiché gli stessi esperti riconoscono l’esistenza di una zona di incertezza… sembra incoerente riconoscere alla valutazione scientifica lo statuto di conoscenza incontestabile e considerarla sufficiente all’elaborazione delle decisioni politiche”. Gli scienziati hanno il dovere di farsi capire e di portare alla luce i loro dissensi, perché, dice ancora Schrage, i dibattiti più interessanti e più importanti sulle decisioni pubbliche emergono dove gli scienziati non sono d’accordo. E’ vero anche il contrario. Dove una richiesta argomentata dell’opinione pubblica pone problemi alla scienza – pensiamo al dibattito sull’uso di embrioni umani per la ricerca – avviene (è avvenuto in questi giorni, con la scoperta delle staminali pluripotenti nei testicoli) che la scienza, “costretta” ad attenersi a certi limiti, trovi per questo strade scientificamente più promettenti.

Al contrario, un esempio di come funziona il circolo poco virtuoso criticato da Schrage lo abbiamo potuto apprezzare in occasione della recente conferenza governativa sul clima dove il nostro ministro dell’Ambiente ha sostenuto senza vergogna, appellandosi ai soliti autorevoli studi, che in Italia il riscaldamento è di quattro punti superiore al resto del mondo. Il professor Franco Prodi, il fratello fisico del premier, ha dato dell’asino a Pecoraro Scanio e ai suoi autorevoli consiglieri. Ma a far concorrenza al barone di Münchhausen non c’è solo il ministro verde. Quando l’esperto di turno, per esempio, è come il professor Umberto Veronesi, circonfuso da una giustificata aura di grande studioso, le cose possono non andare meglio. Sempre un paio di settimane fa, l’illustre oncologo annunciava sul Corriere della Sera che le bambine nate quest’anno in Italia e in Germania potranno contare su un’aspettativa di vita di 103 anni. Due giorni fa ha rincarato la dose, in occasione della presentazione del “Manifesto della lunga vita”, manuale della sicura longevità, in libreria dal 2 ottobre per Sperling & Kupfer. L’obiettivo di rimanere in buona salute “per 120-150 anni”, ha detto Veronesi, non è lontano. A garantirlo, ci saranno gli sviluppi della medicina predittiva, che passerà al setaccio tutti i nostri geni, scoverà quelli mutanti o minacciosi e interverrà prima che facciano danni. Identica certezza – dicono alla Stampa – nutrono il neurobiologo Delio Mercanti e il genetista Andrea Angius, del Cnr, chiamati a dare man forte a Veronesi. Poi, però, leggiamo le parole del grande genetista Lucio Luzzatto, che sull’ultimo domenicale del Sole 24 Ore avverte: “Potrebbe essere erroneo estrapolare, dall’aumento di vita media dell’ultimo secolo, che lo stesso avverrà in questo. Non è inconcepibile inventare interventi, farmacologici o non, che possano raggiungere questo obiettivo: ma non ci sarebbe da stupirsi se gli effetti collaterali fossero inaspettati e anche gravi”. E un altro genetista, il Nobel John Sulston, se la prende con “i titoloni sui miracoli del codice genetico” che “contribuiscono a creare sconcerto, dal momento che, anno dopo anno, la gente continua ad ammalarsi di cancro, di malattie vascolari o di demenza senile”. Potremmo continuare. Non passa giorno senza che uno scienziato annunci la scoperta di un nuovo elisir, e senza che altri scienziati mettano in guardia dalle illusioni. Naturalmente ci sono le vere scoperte, i veri avanzamenti che migliorano la vita, a volte ci guariscono, a volte ci aiutano solo un po’. Ma criticare la vocazione di certi scienziati a promettere quello che non possono mantenere piuttosto che a spiegare quello che possono ragionevolmente ottenere, resta, almeno da noi, l’ultimo reato di lesa maestà

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