venerdì 14 settembre 2007

FALLACI QUEL PASSO CHE NON FECE SULL'ISLAM


Magdi Allam
CORRIERE DELLA SERA 13 settembre 2007

Quel caso, che ci fa sospettare della mano invisibile del Trascendente che attua i suoi piani senza voler lasciare la firma, ha fatto sì che la morte di Oriana venga commemorata in concomitanza con i due grandi eventi che segnano profondamente la nostra storia: l'11 settembre del 2001, il più significativo attentato terroristico nel cuore degli Stati Uniti, e il 12 settembre 2006, il discorso del papa Benedetto XVI a Ratisbona. Il primo segnala l'affermazione del terrorismo islamico globalizzato dei taglia-gola; il secondo la resa dell'Occidente al terrorismo dei taglia-lingua che ci hanno imposto l'arbitrio dell'«islamicamente corretto ».



Ebbene, una sorta di giustizia divina postuma ci ha costretto a prendere atto, il 15 settembre scorso, della giustezza della battaglia di Oriana contro l'efferatezza dei dissacratori della vita e contro la pavidità di chi rinnega i propri valori.

Una denuncia che nella sua indole irrequieta e focosa si compiva e si esauriva in testi che scalfiscono la certezza ideologica di chi si rifiuta di vedere, di sentire e di parlare. Ma che tuttavia non offre in positivo una proposta di come risalire la china dal baratro del nichilismo e del relativismo valoriale.

Un limite, quello della critica radicale e a tratti spietata che non si accompagna a un progetto di costruzione di un'alternativa umana e civile, che oggi va segnalato con affetto e correttezza, per valorizzare appieno il patrimonio ideale che Oriana ci ha lasciato in eredità e evitare che esso possa essere invece svilito e liquidato da quanti nutrono un pregiudizio se non un'ostilità aperta nei suoi confronti.
Io stesso, nel mio «Vincere la paura» pubblicato nel 2005, riservai una «Lettera aperta» a Oriana, in cui traspare la determinazione a controbattere la condanna sommaria che lei fece dei musulmani e dell'islam e la critica rivoltami nella sua «L'Apocalisse» senza mai citare il mio nome. Perché resto assolutamente convinto che la denuncia dello status quo, di cui Oriana è stata la massima interprete, debba essere sempre seguita dalla costruzione dell'alternativa che realizzi pienamente il bene comune e l'interesse dell'umanità.
La denuncia è doverosa perché ci fa prendere consapevolezza della mistificazione della realtà e dell'aberrazione etica in cui siamo precipitati. Ma essa deve essere finalizzata a promuovere in ciascuno di noi la capacità di diventare protagonisti della realizzazione di un mondo migliore.

E di conseguenza l'intervento dell'intellettuale che si erge a Cassandra dei nostri tempi non può esaurirsi nella pura denuncia che ci lascia con il senso del vuoto e del pessimismo. È un lusso che non possiamo permetterci nel bel mezzo di una guerra scatenata dal terrorismo e dall'estremismo islamico globalizzato e di cui l'Occidente fatica a prendere atto persino della sua esistenza, non ne comprende comunque la natura aggressiva e rifiuta persino di prendere in considerazione la prospettiva di un mondo sottomesso ai taglia-gola e ai taglia-lingua islamici.

Oriana è stata la voce che più di altre ci ha illuminato di fronte a questa minaccia tragicamente reale. Di ciò gliene saremo eternamente grati.

Ora tocca a noi andare oltre la denuncia per riscattarci dalla paura e vincere la nostra guerra per la verità, la vita e la libertà di tutte le persone di buona volontà.

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