domenica 23 settembre 2007

VE LA DO IO LA BIOETICA CONDIVISA

Politica - sab 22 set
Buone intenzioni ma esiti scontati del manifesto lanciato su Europa

Tratto da:IL FOGLIO del 22 settembre 2007
Nell’affrontare i temi legati alla vita e alla scienza, scrivono, bisogna uscire dalla logica della contrapposizione tra laici e cattolici, che blocca “ogni tentativo legislativo di affrontare i problemi etici”.


Nasce come “contributo alla bioetica italiana ma anche al Partito democratico che si sta costruendo”, il manifesto proposto ieri dalle pagine di Europa da un gruppo di filosofi di diverso orientamento e firmato, tra gli altri, da Claudia Mancina, Roberta de Monticelli, Sebastiano Maffettone e Salvatore Veca.

Nell’affrontare i temi legati alla vita e alla scienza, scrivono, bisogna uscire dalla logica della contrapposizione tra laici e cattolici, che blocca “ogni tentativo legislativo di affrontare i problemi etici”. Un nuovo metodo di discussione, a differenza di laceranti “vittorie numeriche” sulle posizioni differenti, può impedire che, una volta fatte le leggi, le coscienze continuino a rimanere “divise”. E’ il metodo della “ragione pubblica” che può “utilmente attingere alla ricchezza simbolica delle tradizioni religiose e ai loro contenuti, nella misura in cui questi rispettino i criteri della ragionevolezza e della reciprocità e possano poi tradursi pubblicamente”. E può infine produrre le auspicate “soluzioni condivise”.

Se la tesi è che in sede politica le tesi debbano essere argomentate con la ragione e non con la dottrina, è davvero difficile non essere d’accordo. Rimane però il fatto che in politica, a un certo punto, dei numeri bisognerà pur tener conto, se non altro perché si tratta di una regola basilare della democrazia. E quando il manifesto passa dall’empireo dei principi generali – in larga parte condivisibili – alla concretezza dei problemi, finisce per dare per scontato quello che non lo è. Corollario del riconosciuto diritto di avere o rifiutare cure non è, per esempio, la necessità di “una appropriata legislazione sulle direttive anticipate”, che garantisca il diritto di rifiutare trattamenti “giudicati sproporzionati o futili”. Qui laici e cattolici “l’un contro l’altro armati” c’entrano poco o niente. Che una legge sulle direttive anticipate possa esporre i malati a più abusi rispetto a quelli che eviterebbe, infatti, non è soltanto convinzione di molti cattolici ma anche di moltissimi laici.

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