domenica 9 settembre 2007

Si torna in classe: elogio della libertà


Una sfida che interpella studenti, insegnanti e genitori

....Un’équipe di gente di buona volontà, di buone intenzioni. Perché le buone intenzioni non si discutono. E nemmeno la buona volontà. Ma essendo la scuola una faccenda viva, un corpo vivo, è normale, è giusto, che si discutano i programmi, i provvedimenti.....
.....Il ragazzo, il bambino, persino il più piccolo, non è lo spettatore di una scuola "pensata" su misura per lui. Non è nemmeno il fruitore, il cliente o il partecipante. La sua libertà ne fa il protagonista......

Davide Rondoni



Dicono: gli obiettivi. E dicono: nuove regole. O il recupero di antiche. Un fermento ogni volta che si avvicina l’inizio. Per migliorare la scuola. Un precisare metodi, un focalizzare programmi. Un sacrosanto indaffararsi. Tra Ministero, Presidi, e autorità competenti. Per vedere come si può fare, cosa si può aggiornare. E cosa recuperare. Come un nugolo di chirurghi attorno al tavolo della scuola, sempre malata e sempre da risanare. Sempre necessaria, e viva. Un’équipe di gente di buona volontà, di buone intenzioni. Perché le buone intenzioni non si discutono. E nemmeno la buona volontà. Ma essendo la scuola una faccenda viva, un corpo vivo, è normale, è giusto, che si discutano i programmi, i provvedimenti. Le ingessature o i rivestimenti, le operazioni in profondità o i maquillage. Una cosa però è indiscutibile. Una cosa, per meglio dire, è tremenda. Nel senso degli antichi, fa tremare. La protagonista vera di tutta la faccenda, la vera prima attrice. Che – mi perdonino – non sono né il ministro, né la legge, né il provvedimento, né il programma. La prima attrice di questo inizio è lei, la libertà dei ragazzi. Quando entra in scena, quando varca la soglia del giorno primo di scuola, è lei la regina incontrastata della scena. Anche se sembra la meno appariscente. Quella di cui si parla meno, poiché è più facile, è più professionale, è più tranquillo parlare delle regole. L’attrice primaria, senza della quale ogni comparsa, ogni suggeritore ed ogni regista, ogni effetto speciale e ogni maschera sono inutili. La libertà di ogni singolo ragazzo, quella sua energia che può essere educata a stare davanti al reale, a studiare, letteralmente a prendersi cura della realtà, o respinta, mortificata e impacchettata. Lei è l’attrice principale. Il ragazzo, il bambino, persino il più piccolo, non è lo spettatore di una scuola "pensata" su misura per lui. Non è nemmeno il fruitore, il cliente o il partecipante. La sua libertà ne fa il protagonista. Se ogni regola, ogni provve dimento, ogni attenzione non è rivolta a che la sua libertà sia educata, tratta più grande nell’avventura di conoscere e di farsi carico della realtà, tutto sarà inutile. E tutti sappiamo – per esperienza sappiamo – che la libertà di un uomo, anche di un piccolo uomo, non è mai veramente e adeguatamente sollecitata se non dalla libertà di un altro uomo. Non sarà la legge, il programma o l’obiettivo a provocare, a far diventare più grande la libertà dei nostri ragazzi. Ma la nostra libertà, ovvero la libertà di noi adulti, e di quelli che a scuola in un certo senso ci rappresentano, gli insegnanti. In genere, col gergo a metà tra politichese e burocratico, si parla di libertà dell’insegnante intendendo lo spazio di arbitrio, di autonomia o forse pure di rischio di irresponsabilità rispetto a programmi e norme. Ma la libertà che conta, la vera libertà del docente si misura, e per così dire, si attiva prima ancora di declinarsi in scelte professionali o didattiche. Come la libertà del ragazzo è la prima attrice, la libertà del docente dev’essere la genialità del drammaturgo, di colui che stende il copione che ogni interpretazione possa vivere trovando compimento e soddisfazione. Un docente veramente libero è quello che pesca dentro di sé i motivi per servire la libertà del ragazzo, per rischiare un rapporto educativo e non solo "istruttivo" nei suoi confronti. Che coltiva in sé quella stessa energia di apertura e di cura del reale che deve far crescere nel giovane a cui è chiamato a insegnare le dure bellezze della matematica o le altrettanto dure bellezze dell’arte. Come coltivare la vera libertà dei docenti, degli adulti? Senza l’incontro di queste due libertà, la scuola che inizia si riduce ad essere il triste sogno di buoni provvedimenti, il cimitero delle buone intenzioni. Per questo, iniziando, più che ai programmi, onore alla libertà dei docenti, degli adulti e a chi li aiuta. Specie a quelli che pur in presenza di difficoltà hanno scelto ancora di insegnare i nelle scuole di stato e non. Più che nelle carte della necessaria burocrazia, il segreto del loro buon lavoro è scritto oggi come sempre nei risvolti del cuore, nella passione della loro ragione.









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