sabato 5 maggio 2007

ZESLAW MILOSZ IL FILOSOFO





”Questo filosofo era ateo, ovverosia non scorgeva nell'esistenza dell'universo alcun segno che rimandasse a una causa prima. Le ipotesi scientifiche potevano farne a meno, e quelle, e non altro, egli aveva eletto a fonte di conoscenza sulla natura delle cose, malgrado i dubbi che nutriva sul loro metodo. In verità, nonostante la considerazione in cui teneva la scienza, non apparteneva alla schiera di sognatori convinti che un giorno la ragione avrebbe consentito all'uomo di edificare una società perfetta.


zeslaw Milosz, da( Il cagnolino lungo la strada, Adelphi.)

Il filosofo


”Questo filosofo era ateo, ovverosia non scorgeva nell'esistenza dell'universo alcun segno che rimandasse a una causa prima. Le ipotesi scientifiche potevano farne a meno, e quelle, e non altro, egli aveva eletto a fonte di conoscenza sulla natura delle cose, malgrado i dubbi che nutriva sul loro metodo. In verità, nonostante la considerazione in cui teneva la scienza, non apparteneva alla schiera di sognatori convinti che un giorno la ragione avrebbe consentito all'uomo di edificare una società perfetta.

L'unica occupazione che reputava degna di un filosofo era la riflessione sul senso della religione. A chi gli obiettava che, così facendo, cadeva in contraddizione, replicava che l'uomo è un essere contraddittorio in sé; dunque occupandosi di religione, agiva in modo conforme alla sua natura di uomo.

Nella religione era racchiusa, a suo avviso, tutta la magnificenza e tutta la dignità dell'uomo. Che un essere così insignificante, così irreparabilmente mortale, avesse creato il bene e il male, l'alto e il basso, i cieli e gli abissi, gli appariva inesplicabile e degno della più alta ammirazione. In tutto l'universo, in tutta la sua inimmaginabile vastità, non vi era un solo briciolo di bene, di pietà, di compassione, e le domande dettate da un intimo bisogno del cuore umano non trovavano risposta alcuna. I fedeli delle principali religioni non rivolgevano, a parere del filosofo, sufficiente attenzione alla condizione di totale solitudine cui era condannata la coscienza dell'uomo sotto il cielo stellato. E ancor meno propensi a farlo erano i seguaci delle varie specie di sciamanismo, che umanizzavano la Natura e cancellavano il confine fra l'uomo e l'animale.

Notevoli difficoltà creava al filosofo il bello, soggetto alla sovranità della dea Venere, ossia la forza stessa della Natura. Aveva scritto un libro in cui argomentava che il bello esiste solo là dove le forme e i colori chiamati in vita dalla dea Venere incontrano la vista e l'udito dell'uomo, due sensi dotati di un magico potere trasfigurativo.

Non tutte le religioni erano poste sullo stesso piano dal filosofo. Più in alto collocava quelle in cui l'opposizione tra l'uomo e l'ordine naturale delle cose era più netta, e in cui affrancandosi da quest'ordine l'uomo poteva ottenere la Salvezza. La religione somma era per lui il cristianesimo, e subito dopo il buddismo, poiché entrambe santificavano un tratto esclusivo dell'uomo, la compassione, a dispetto del volto di pietra del mondo. Cosa può esserci di più umano del Dio del cristianesimo, che si incarna sapendo che il mondo di pietra lo punirà con la morte? Poiché il Figlio regnava prima dei secoli, e in nome Suo fu creata ogni cosa, ne consegue che la forma e il cuore dell'uomo dimoravano nel grembo stesso di Dio, e soffrivano vedendo il mondo, originariamente buono, corrotto dalla morte a seguito della Caduta.

La deferenza del filosofo era rivolta innanzitutto alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, i cui due millenni di storia rappresentavano da soli un valido argomento. Nel suo secolo aveva assistito ad attacchi furiosi lanciati contro quella roccaforte dalle potenze infernali. Come umanista, avrebbe dovuto rallegrarsi per l'indebolimento dei divieti che inibivano le innate pulsioni umane, e invece chinava la fronte dinanzi al papa, che aveva il coraggio di porre, apertamente e a gran voce, contro il mondo intero, il "segno di contraddizione".

Persuaso che la civiltà sia minacciata dallo sfacelo se le viene a mancare il vincolo di un'unica verità, nei suoi discorsi in pubblico il filosofo si schierava sempre dalla parte dei moniti provenienti dal Vaticano. Non nascondeva che, sebbene gli fosse negata la grazia della fede, avrebbe voluto essere annoverato fra gli operai della vigna del Signore.”

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