....ritengo che una chiara identità politica e culturale debba avere una rappresentanza nei partiti. Altrimenti tutto si attenua e se ne rischia la cancellazione. Da questo punto di vista sono critico sia nei confronti dei laici sia nei confronti dei cattolici, vedo del torbido in questo refrain su “le questioni etiche fuori dalla campagna elettorale”. Ma che vuol dire? è proprio su queste che è importante confrontarsi, sono il sale della democrazia. Oppure vogliamo espellerle con un decreto legge?»......
....oggi né il veltronismo né il berlusconismo aiutano i più a trovare una risposta esauriente.....
La Bindi chiede alla Bonino di essere ministro ma non radicale. Veronesi non vuol parlare di questioni etiche. A colloquio con Jannuzzi, Merlo, Bordin e Macaluso
di Emanuele Boffi
«Innanzitutto, bisognerebbe capire di quali laici stiamo parlando. Sa, esistono più tipi di laici che di cattolici». Lino Jannuzzi è un tipo di laico fatto tutto a modo suo, in effetti. Anticonformista per cromosoma, ha dato una mano, assieme a quell’altro mangiapreti di Alfredo Biondi, a Giuliano Ferrara per la sua lista Aborto? No, grazie. «E certo, mi sembra il minimo. E non starei nemmeno qui a scomodare Voltaire e la sua massima secondo cui “Non sono d’accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee”. In fondo io sono solo Lino Jannuzzi, mica Voltaire. C’era questa carognata che uno con delle idee nuove come Ferrara (idee che non condivido, tra l’altro) doveva raccogliere le firme. Non mi sembrava giusto, l’ho aiutato, tutto qui».
Di quali laici stiamo parlando, dunque? Di quelli alla Arturo Diaconale, il direttore dell’Opinione che il 26 febbraio ha pubblicato in prima pagina la fotografia di una bara e il titolo: “Un funerale per i laici. Chi è veramente laico, il prossimo 13 e 14 aprile è meglio che vada a fare una gita fuori porta”.
Oppure alla Piergiorgio Odifreddi, il matematico anticlericale, chiamato prima a scrivere la carta dei valori del Partito democratico e poi dimessosi perché, come ha spiegato a Repubblica il 29 febbraio, «in quel manifesto hanno scritto che il partito è laico, “ma” la religione deve avere una presenza nello spazio pubblico.
Questi non sono i miei valori». Oppure alla Giuliano Ferrara, uno che afferma una laicità tutta virgiliana, secondo cui si può, anche senza il catechismo in mano ma solo guardando un’ecografia, capire che un bambino in pancia è un bambino.
Il discorso, naturalmente, si complica, perché ci sono le elezioni e questa è una campagna elettorale in cui si dibatte più di come ragionano il cuore e le viscere che non il portafoglio. Si discute più di sindrome di Klinefelter che di Ici, più di Ru486 che del ponte di Messina. La faccenda non garba a Francesco Merlo, fantasioso editorialista di Repubblica, che dice a Tempi: «La campagna elettorale bisogna farla sulle cose noiose. Pil, ponte sullo Stretto, problemi del territorio. Sono vicende noiose? Sì, lo sono, però dobbiamo affrontarle, altrimenti l’Italia va a rotoli.
I cosiddetti temi sensibili vanno lasciati fuori. L’aborto è una disgrazia, ma non può essere il cuore della discussione». Con una diversa gradazione di termini, la medesima opinione è stata espressa dai leader dei due maggiori schieramenti politici, Silvio Berlusconi e Walter Veltroni. Il primo ha addirittura coniato una nuova via (una sorta di «anarchia etica») per definire la posizione del suo partito.
Il secondo ha accolto fra le sue fila i radicali assicurando che con la formazione di Pannella e Bonino «c’è stata un’operazione di coinvolgimento. Abbiamo chiesto loro di esercitare la cultura del dialogo, mettendosi in gioco, e di superare le identità separate».
Da questo punto di vista è stata ancor più ferocemente cristallina Rosy Bindi che, in un’intervista, ha chiesto a «Emma Bonino di essere più ministro che radicale e a Paola Binetti di essere più democratica che cattolica». «A dir la verità – spiega a Tempi Massimo Bordin, direttore di Radio radicale – so che poi la Bindi ha telefonato alla Bonino per assicurarle che il suo pensiero era stato frainteso dal giornalista. Anche perché, detta così, mi pare una cosa assolutamente imbecille».
Intanto, all’anarchismo etico dei due maggiori partiti, corrisponde una uguale e contraria insistenza dei piccoli su tali tematiche. L’Udc e la Rosa Bianca ne fanno la loro principale bandiera di qua, la Cosa Rossa di là, la Destra della Santanchè di qui, i socialisti di Boselli di lì.
Cercando il bandolo della matassa, Claudia Mancina sul Riformista del 29 febbraio ha scritto che «scegliere tra radicali e cattolici è roba vecchia». Ma certe categorie sono ormai superate? Non v’è alcuna contraddizione a candidare nel Pd – il partito di Fioroni, Carra, Rutelli – un uomo come Umberto Veronesi? Ha scritto Mancina: «è una scelta netta e chiara, altrettanto chiara di quella fatta sui temi economici (...). Chi chiede al Pd di scegliere o i radicali o i cattolici è fuori tempo e fuori registro. La scelta è per un soggetto politico capace di contenere posizioni diverse non perché è un caravanserraglio, ma per un’autentica incorporazione del pluralismo. L’obiettivo non è quindi una impossibile sintesi etica, ma l’autonomia della decisione politica».
La vicenda però non convince più di tanto Emanuele Macaluso, direttore delle Ragioni del Socialismo ed editorialista dello stesso Riformista: «Non sono per le guerre di religione – dice a Tempi – ma ritengo che una chiara identità politica e culturale debba avere una rappresentanza nei partiti. Altrimenti tutto si attenua e se ne rischia la cancellazione. Da questo punto di vista sono critico sia nei confronti dei laici sia nei confronti dei cattolici, vedo del torbido in questo refrain su “le questioni etiche fuori dalla campagna elettorale”. Ma che vuol dire? è proprio su queste che è importante confrontarsi, sono il sale della democrazia. Oppure vogliamo espellerle con un decreto legge?».
Tutto in svendita
Discuterne non è facile. Soprattutto in Italia, dove inevitabilmente un discorso sull’etica, o meglio, sulla laicità, immediatamente porta a ragionare per schemi precostituiti e per scelte nel segreto dell’urna. E così si fa molta fatica a delineare i termini della questione che, se correttamente intesi, dovrebbero vertere su che cosa si intenda per “ragione” e non per “fede”. Ma per Franceso Merlo sono questi «dibattiti costruiti sulla sabbia. La contrapposizione tra laici e cattolici non esiste. Sono stupidaggini italiane. Ognuno è laico a suo modo, ognuno crede in ciò che vuole credere. Laicità significa mettere una distanza tra sé e la cosa, non guardare da vicino, rispettare anche dissentendo. Per questo non mi piace una Chiesa che si militarizza. Il Gesù Cristo armato non fa per noi, per noi italiani intendo. Il nostro Gesù è il bambino, è la dolcezza, è la tolleranza. Il cattolicesimo italiano si fonda sulla natività, non sulla spada. Radicalizzare lo scontro, come fanno anche alcuni non credenti, porta solo alla creazione di minoranze rumorose». A proposito di minoranze rumorose sono in molti a chiedersi come possano convivere nello stesso partito la Binetti e la Bonino. La scelta di Veltroni è stata aspramente criticata anche da Famiglia Cristiana, il settimanale dei Paolini che l’ha descritta come un «pasticcio veltroniano in salsa pannelliana». Bordin, da par suo, ricorda pasolinianamente che «i radicali sono come gli ebrei, gli zingari e i napoletani: sono abituati ai pregiudizi. In realtà, il Pd sa benissimo di non poter chiedere ai radicali di essere qualcosa di diverso da quello che sono e sempre sono stati». Ma allora perché il partito di Pannella ha aderito al Pd? «Perché ci vuole anche realismo, e sappiamo assumerci le nostre responsabilità senza svenderci». Quindi nessun pericolo di ovattamento, di annacquamento della propria identità. «Assolutamente. D’altronde pensare che certe battaglie sulle questioni bioetiche possano rimanere fuori dall’agone politico è una sciocchezza. E di che parliamo, di come fare le fontanelle nel parco?». Umberto Veronesi ha dichiarato però che se diventerà ministro della Salute si occuperà di amministrazione e non di aborto o testamento biologico. «Non mi sono stupito – dice Bordin –. Sono dichiarazioni in linea col personaggio. Intransigente quando gli conviene, ma anche molto accomodante quando si tratta di decidere su questioni di bassa bottega politica».
Per Macaluso «sono tutti opportunisti. E Veronesi e i riformisti e i cattolici. Ma la verità la vogliamo dire sì o no? Il problema è Veltroni che deve stemperare tutto perché deve vendere tutto. Siamo alla camomilla delle ideologie. La fa bere Veltroni ai suoi, la fa ingurgitare Berlusconi ai suoi».
Che i cattolici dormano è indubbio, ma anche i laici non sono tanto svegli. Ernesto Galli Della Loggia si è lamentato sul Corriere della Sera (“Il conformismo ghibellino”, 12 febbraio) che «la cultura laica italiana si è perlopiù abituata oramai a sposare in modo sostanzialmente acritico tutto ciò che abbia a qualunque titolo il crisma della scienza (...). Una sorta di idolatria insaporita da un libertarismo cubiste è così divenuto la versione aggiornata e dominante del progressismo e del politicamente corretto nostrani.
Invano, da noi, si cercherebbe un Habermas, un Gauchet, un Didier Sicard che animano di dubbi e di domande la discussione in altri paesi». Per Jannuzzi «crollate le ideologie, la Dc e il Pci, si sente oggi l’esigenza, sia nel mondo cattolico sia in quello laico, di punti di riferimento.
E oggi né il veltronismo né il berlusconismo aiutano i più a trovare una risposta esauriente. Io rimango un berlusconiano convinto, ma capisco che c’è un rischio di qualunquismo generalizzato. Dobbiamo essere contenti della scomparsa delle ideologie, ma dobbiamo essere spaventati di aver scelto come surrogato il vuoto».
Nessun commento:
Posta un commento