giovedì 22 febbraio 2007

LA PROFEZIA DI DON GIUSSANI

Lo psichiatra Borgna: «A due anni dalla scomparsa affiora l'attualità delle sue intuizioni, soprattutto sul rischio educativo e sulla ragionevolezza del cristianesimo»


La profezia di don Gius
AVVENIRE 21 FEBBRAIO 2007
Dal Nostro Inviato A Borgomanero (No) Marina Corradi

«Ciò che colpiva immediatamente di lui era una prodigiosa capacità di ascoltare, di guardare e intuire l'umanità di chi aveva davanti. Da un incontro con Giussani si usciva ogni volta cambiati: era ogni volta, con lui, un dialogo in cui ti riscoprivi rinnovato dalla semplicità folgorante e dolorosa delle sue parole. In Giussani una profonda conoscenza degli aspetti razionali della vita si univa alla coscienza che, senza la percezione di ciò che egli chiamava "cuore", non si comprende nulla dell'uomo. Diceva: se il cuore non riempie anche lo sguardo che gettiamo su uno sconosciuto passante, non comprendiamo nulla della vita, e del mistero».
A due anni dalla morte di Luigi Giussani il professor Eugenio Borgna, psichiatra, torna sulla memoria di un uomo che ha conosciuto e stimato. Nel silenzio della casa di Borgomanero parla adagio: «Senso, mistero: sono le strutture portanti dell'uomo, oggi nascoste dall'incrostazione dell'indifferenza e dell'opacità dei cuori. Con Giussani, queste parole riemergevano nella loro straordinaria intensità originaria. Mi congedavo da lui con la percezione di avere ricevuto una testimonianza che invadeva l'anima al di là delle parole».
Rileggendo oggi le pagine in cui Giussani rievoca il suo ingresso in un'aula del liceo Berchet a Milano si rimane colpiti. Descrive una fede già svuotata delle sue autentiche motivazioni, già irrilevante nella vita quotidiana: e questo nel 1954, quando apparentemente l'Italia era un Paese trionfalmente cattolico.
«L'intuizione in quell'aula del Berchet fu profetica. Sotto le apparenze di un cattolicesimo monolitico Giussani vide le brecce aperte dal pensiero avanzante del marxismo, ma più ancora dell'indifferentismo, proliferante - diceva - come un tumore. La incrinatura si faceva strada all'interno di un cristianesimo a volte ridotto a formalismo o a astrazione, che non sapeva più rispondere alle domande del cuore dei ragazzi. Il motivo per cui in tanti hanno seguito Giussani sta prima di
tutto in una proposta educativa non pedagogicamente "neutra", ma carica invece dell'esperienza vissuta di un uomo appassionato di Cristo, e capace di contagiare questa passione. In quella testimonianza di sé che è poi, a mio parere, l'unica autentica possibilità di educare. Se il maestro non è testimone di una proposta che l'alunno possa vagliare, e rifiutare o accogliere con la sua libertà, se non c'è questo rischio e questa sfida, non c'è nemmeno educazione».Una proposta chiara e appassionata che interpelli la libertà dell'altro, invece della «corretta» indifferenza a valori tutti uguali, con cui si pensa oggi di dovere porgere l'insegnamento. Ma un'altra «profezia» in quell'aula di liceo di 50 anni fa pare la tensione di Giussani a risanare quella frattura della modernità, secondo cui fede e ragione sarebbero mondi incompatibili.
«Ai suoi ragazzi il fondatore di Cl dimostra la ragionevolezza della fede negata dalla cultura tardo-positivista, ma anche che - come dice Pascal, la ragione - pure nella sua più vertiginosa ascesa, da sola non basta a comprendere il senso della vita e a salvarci dalla violenza e dall'indifferenza che ci assediano. Altra intuizione fondante, il cristianesimo che Giussani propone è una "comunione"; non un fatto privato, un intimismo, ma lo sbocco verso l'altro, necessaria conseguenza dell'ascolto appassionato del Vangelo. Una "comunione", quella fra i credenti, che sola porta alla "liberazione" dall'isolamento in cui viene costretto l'uomo, quando domini la logica dell'appagamento individuale e quindi dell'indifferenza verso il prossimo. Solo nel dialogo con un altro ci si libera - nello sguardo con cui sappiamo guardare l'altro, Questa è la cifra essenziale per capire il rifiorire tra i giovani e l'allargarsi in 70 Paesi, con Comunione e liberazione, di una fede che pareva, in un'aula di un liceo borghese, già sottilmente insidiata e corrosa dal fiume carsico della modernità».
Giussani però si confronta intensamente con il pensiero della modernità, e anche con molte sue voci apparentemente distanti dalla tradizione cristiana. Ai suoi ragazzi legge Dostoevskji ma anche Rilke, Leopardi, Kierkegaard...
«E nelle loro pagine trova e indica una nostalgia di infinito. Magari anche declinata nella asprezza dello "sperare contro ogni speranza". Ma sempre riconoscendo nella più alta letteratura l'eco di quelle stesse domande che da sempre gli adolescenti si pongono; domande che, rifiutate di senso dal relativismo avanzante, rischiano di degenerare nel cinismo.
Dentro, dunque, a un crescente oblio collettivo sul senso della vita dell'uomo, Giussani ritrova il filo di una domanda originaria, cui il mondo attorno dà risposte sempre più limitate. E rileggendo Kierkegaard o Leopardi dimostra che niente di umano è escluso dalla coscienza cristiana».
Quell'intuizione di un prete in una scuola milanese, vecchia di 50 anni, pare tuttavia così attuale in un'Italia secolarizzata dove ogni giorno si manifestano anche drammaticamente i segni di una incapacità degli adulti non solo di educare, ma prima ancora di trasmettere un significato per cui valga la pena di lavorare, avere figli, continuare.
«L'intuizione di Giussani è oggi di una straordinaria attualità. I figli di famiglie cui non manca niente, negli sbandamenti raccontati dalle cronache, dimostrano il fallimento di un'educazione che non sappia dare risposta agli interrogativi profondi della adolescenza. Una fede cristiana riproposta nei suoi radicali contenuti, una fede cui nulla dell'umano sia estraneo, è la sfida possibile a un'emergenza educativa che insorge quando ai figli si dia tutto, tranne un senso per vivere. Ciò che riempie le brecce aperte in un'umanità che creda di esaurire il problema del significato su un piano positivistico è l'apertura a un mistero non astratto, ma riconoscibile ogni giorno nel volto dell'altro».

Nessun commento: