martedì 20 febbraio 2007

I DICO? INUTILI

Avvenire 17.2.2007

Il giudizio del tutto laico di un avvocato specializzato in diritto di famiglia. Che parla di un progetto di legge macchinoso, per molti versi superfluo e controproducente «Meglio incentivare una presa di coscienza dei singoli»




Bernardini De Pace: ecco come ci si può già «autotutelare» Un progetto che rivela la sua natura ipocrita di compromesso normando convivenze del tutto eterogenee E invece basterebbe ritoccare appena il Codice civile.Il testo si presta a essere sfruttato per compiere truffe ai danni dello Stato e abusi a carico delle persone È prevedibile anche che nasca una mole enorme di contenziosi
Di Francesco Riccardi
«Inutile, in parte controproducente, destinato ad alimentare un enorme contenzioso legale». Annamaria Bernardini De Pace allarga le braccia: il disegno di legge sui Dico non la convince. Peggio: lo trova dannoso proprio per quei soggetti che vorrebbe tutelare, i conviventi. Per i quali, invece, basta sfogliare il Codice civile e un repertorio di giurisprudenza per rintracciare una serie di diritti già sanciti. E poi utilizzare tutti gli strumenti che il diritto privato offre: dai contratti di convivenza al testamento, alle polizze private.
Avvocato specializzato in diritto di famiglia, divorzista tra le più rinomate, autrice di diversi libri, Annamaria Bernardini De Pace ha uno sguardo del tutto laico al problema delle convivenze etero e omosessuali. «Ma questo disegno di legge rivela subito la sua natura ipocrita di compromesso. Ci hanno messo dentro di tutto: dalle coppie gay allo zio con la nipotina, fino al vecchietto con badante in nero, senza assicurare davvero diritti a ciascuno di questi soggetti e invece aprendo le porte a truffe, ingresso di clandestini, rapporti che si allacceranno e si scioglieranno nell'incertezza, dando tanto di quel lavoro ad avvocati e giudici, che neanche i divorzi...».Eppure i sostenitori del disegno di legge dicono che così le tutele sono finalmente esigibili.
In realtà di immediatamente esigibile qui leggo ben poco. È tutto un rinviare ad altre regolamentazioni, un «si vedrà», come per le pensioni. Prendiamo poi l'assistenza in ospedale al convivente, già oggi possibile. Nel Ddl sui Dico ci si limita a dire che «gli ospedali disciplinano le modalità di esercizio» del diritto. E così pure per l'assegnazione degli alloggi popolari. È scritto che le Regioni «tengono conto delle convivenze per l'assegnazione degli alloggi». Ma questa è già materia di competenza delle Regioni. E infatti in Valle d'Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche i conviventi già concorrono all'assegnazione con diversi punteggi. Le Regioni continueranno a decidere in maniera autonoma e quindi il disegno di legge si dimostra inutile. Anzi è addirittura controproducente.
Addirittura, perché?
Esaminiamo il subentro nel contratto d'affitto: coi Dico il diritto spetta dopo almeno 3 anni di convivenza "registrata". Ma come? Già dal 1988 la Corte costituzionale lo ha previsto come diritto all'abitazione, pur senza riconoscere le coppie di fatto. Ci sono fior di sentenze e pronunciamenti che stabiliscono il subentro del convivente senza limiti di tempo. E ora che fa il governo? In pratica fa compiere un passo indietro ai conviventi.
Molti giuristi segnalano incongruenze, incertezze interpretative, possibili strumentalizzazioni...
Peggio. Se approvato in questi termini, il Dico finirebbe per favorire truffe ai danni dello Stato e delle persone. Basti pensare all'anziano assistito dalla badante in nero. Con un po' d'astuzia può approfittare della debolezza - o della complicità - dell'anziano per assicurarsi con un Dico permesso di soggiorno, subentro nell'affitto e, infine, eredità di metà patrimonio e pensione di reversibilità. Un bel colpo! Perfino all'interno delle coppie si potranno consumare abusi. Molti scelgono la convivenza proprio perché non intendono assumersi alcuni doveri e impegni futuri. Scelta non condivisibile ma legittima. Cosa potrà avvenire coi Dico? Che il convivente spedisce una bella raccomandata al proprio domicilio, indirizzata al partner. La fa ritirare al portinaio o lo fa lui stesso. Poi, all'insaputa del suo compagno, va all'anagrafe, sventola la ricevuta della raccomandata e fa registrare l'unione. Passano gli anni e, senza che l'altro convivente nemmeno se ne renda conto, il primo si ritrova titolare di un bel po' di diritti.
Compreso quello al mantenimento dopo la rottura.
No, il mantenimento riguarda il divorzio. Nei Dico è previsto solo l'obbligo alimentare: un assegno minimo per il partner che versi in stato di bisogno.
Ma chi deciderà in questi casi: si va dal giudice? Basterà un accordo tra le parti?
Bella domanda, senza risposta. Prevedo una mole enorme di contenzioso: sull'obbligo alimentare e sull'eredità, sulla veridicità della registrazione, la sua esatta datazione e tanti altri aspetti.
Eppure, a sentire i promotori, di una legge c'è assoluta necessità.
Al contrario. Anche chi non si sposa, può autotutelarsi utilizzando strumenti come le polizze assicurative, la co-intestazione della casa o del contratto d'affitto. E poi ci sono i cosiddetti "Contratti di convivenza" che i partner possono sottoscrivere per definire ad esempio la gestione delle spese e la creazione di un fondo comune da dividere in caso di rottura. Infine, per essere del tutto sicuri in materia sanitaria, basta sottoscrivere una procura per poter rappresentare il compagno in caso di grave malattia.
Qualcuno potrebbe obiettare che è tutto un po' macchinoso, mentre con i Dico...
Direi il contrario: la legge è macchinosa. Per queste tutele bastano delle scritture private. Ci si può far consigliare da un avvocato o rivolgersi a un consultorio familiare. Si può pensare a uno schema-tipo, eventualmente da far omologare in tribunale, come si usa per le società.
Potremmo dire che basta il «fai da te»? Anche per le convivenze omosessuali?
Certo. Ciò che conta è il principio della responsabilizzazione personale. Piuttosto che una legge di stampo assistenzialista - un "paracadute" per convivenze davvero eterogenee - sarebbe meglio incentivare una presa di coscienza da parte delle persone. Gli strumenti ci sono, chi desidera tutelare il partner li sfrutti!
Rimane, però, il nodo dell'eredità.
Già oggi è possibile lasciare al proprio convivente la quota disponibile (nel caso ci siano eredi legittimi è il 25%) redigendo testamento. Se si vuole aumentare la quota, personalmente propongo un intervento limitato sul Codice civile. Eliminando il coniuge separato e/o i g enitori dall'asse ereditario e inserendovi il partner con il quale si sia concluso e registrato un contratto di convivenza privato. Senza bisogno né di riconoscimenti pubblici né di leggi sulle coppie di fatto.

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