lunedì 5 febbraio 2007

LO STATO RISPETTI LA POLIZIA

LIBERO 4 FEBBRAIO



LO STATO RISPETTI LA POLIZIA
Libero 4 febbraio 2007

di VITTORIO FELTRI
Immaginavo avrebbero dato la colpa a Moggi. Per adesso invece lo hanno lasciato stare ed è una magra consolazione. In compenso se la prendono con il pallone e ne bloccano i balzi e i rimbalzi per un numero imprecisato di settimane. Campionato nel surgelatore in attesa che i noti incompetenti decidano di non decidere. Poi scioglieranno il ghiacciolo e tutto tornerà come prima tra fumogeni e moviole, rigori negati e rigori pretesi, grida belluine e zuffe. I burini nemici delle divise non guariscono mai: chiaro, la fanno sempre franca. La violenza negli stadi è la stessa violenza dominante nelle città, città del Sud e città del Nord, soprattutto del Sud dove l'illegalità è una consuetudine, una pianticella coltivata con cura anche nelle famiglie borghesi e piccoloborghesi, ormai difficile da estirpare, essendosi radicata in ogni strato sociale grazie anche al letame ideologico della sinistra radicale. La butto in politica? Sì, la butto in politica perché i governi, centrale e periferici, hanno tollerato se non incoraggiato manifestazioni e cortei immancabilmente sfociati in battaglie urbane in cui l'avversario da battere era l'ordine costituito nonché i suoi tutori. Basti ricordare Genova nei giorni ubriachi del G8. Vi confluirono migliaia di giovani (anche dall'estero), guerriglieri con tanto di regole di ingaggio: creare casino con ogni mezzo, mettere a soqquadro la metropoli, sfondare vetrine, rovesciare vetture, incendiare pompe di benzina; soprattutto spaccare la faccia al maggior numero possibile di poliziotti e carabinieri. A missione compiuta, combattenti e reduci furono portati in trionfo dai comunisti in grisaglia: ragazzi, siete stati all'altezza dell'Idea che ci accomuna. Applausi. Però la vittoria meritava una celebrazione più solenne. Ci voleva un morto da piangere. Eccolo. Il suo nome era Giuliani. Un eroe che aveva dato il suo contributo alla guerriglia con un gesto temerario degno della miglior tradizione rivoluzionaria: con sprezzo del pericolo si lanciò, con una bombola fra le mani, verso una camionetta dell'Arma e, nell'atto di scagliarla, venne freddato dal carabiniere Placanica comodamente seduto nella macchina assediata dai noglobal. I quali non erano cattivi, si erano limitati a simulare un tentativo di linciaggio del militare e, sempre a scopo ludico, con innocui bastoni avevano semplice mente rotto i vetri della Jeep accingendosi a ribaltarla. Sciocchezze. Placanica per queste banalità routinarie una bombola destinata a fracassargli la fronte e un'orda di goliardi in procinto di maciullarlo - sparò un colpo di pistola. Processato, fu assolto perché la Corte gli riconobbe la legittima difesa. Non importa, sciocchezze anche queste. Ciò che contava era rendere onore al compagno caduto. A Giuliani recentemente è stata dedicata una sala a Montecitorio. Cerimonia commovente alla presenza delle più alte autorità dello Stato. Fantastico. Placanica assolto perché agì per necessità. Il suo aggressore promosso martire: lapide e una stanza alla Camera. Quale insegnamento si trae da questa storia paradossale? I guerriglieri di piazza sono da ammirare e lodare; i carabinieri sono bischeri. Volete la prova del nove? Ancora Genova, G8. I poliziotti impegnati a contenere i disordini hanno beccato un sacco di botte e, quando hanno avuto l'opportunità, si sono abbandonati alla replica. A freddo. Risultato. Alcuni di loro sono ancora nei guai (giudiziari) e perderanno il posto, senon l'hanno già perso. I gladiatori noglobal viceversa vanno in giro con le medaglie appuntate al petto. La mentalità corrente, prodotta dalla diseducazione civica e dall'inciviltà della protesta, tende a giustificare i violenti con il disagio sociale, l'emarginazione, la disoccupazione e fregnacce del genere. Mentre gli agenti sono i soliti sbruffoni (terroni), servi del potere, un po' fascisti eccetera. Nemmeno il famoso articolo di Pier Paolo Pasolini sul Corriere, tanti anni fa, è servito a distruggere il luogo comune. La polizia continua a essere oggetto di critiche e di legnate alle quali le è vietato reagire (vedi Genova), e non è in grado di imporre il rispetto che merita. Anche la retribuzione è irrispettosa di chi indossa la uniforme e rischia la pelle ad ogni intervento. Il poliziotto non è un uomo, è una cosa; ubbidisca agli ordini e taccia. Durante le partite di calcio gli agenti allo stadio non possono guardare in campo; devono tenere gli occhi puntati sulle tribune, e "incassano" insulti per novanta minuti, sputi, pioggia di oggetti d'ogni tipo; se poi è un petardo, peggio per loro; e se è una bomba carta, come quella di Catania, si fa un bel funerale, chiusa lì. Il poliziotto è obbligato a subire e a sopportare ogni provocazione, per contratto. Se gli capita di accartocciare un parafango della Volante, paga personalmente la riparazione. La sua giornata di lavoro si sa quando inizia, non quando finisce; il servizio non si interrompe. E le ore straordinarie? Campa cavallo. Non sono ancora state liquidate quelle relative al 2006, e c'è chi ne ha accumulate 400/500. Sapete quanto vale un'ora extra? La bellezza di sei euro sei; non ci scappa nemmeno un tramezzino. Il primo a non avere rispetto della polizia e dei carabinieri è quindi lo Stato, che li tratta come stracci, e la magistratura spesso si adegua all'esempio proveniente dal Palazzo. Ho visto agenti deporre in Tribunale per questioni di servizio: certe toghe li considerano poco più che paria. E pretendete che la marmaglia degli stadi abbia nei confronti delle Forze dell'ordine quel rispetto negato loro dalle Istituzioni e da vari giudici? Poniamo il caso. Se a Catania anziché un ispettore fosse morto negli scontri un tifoso di 17 anni, quali discorsi ci tocche rebbe udire adesso? Tremo al sol pensiero delle invettive contro gli assassini di Stato e del pianto greco, delle elegie riservate al ragazzino innocente. Esagero? Ieri a Livorno sono comparse scritte murali che esprimono soddisfazione per l'ispettore ucciso. Uno di meno. A Livorno è noto il colore dominante. Prendiamo atto delle dichiarazioni di Amato, ministro dell'Interno: stroncheremo la violenza. Siamo d'accordo. Ma come? Da un paio di decenni, l'indomani di ogni incidente, il governo promette, si impegna, assume provvedimenti. Poi gli animi si placano e sugli spalti i comportamenti non mutano. Tra una legge e un'altra, al Meazza di Milano si inaugurano nuove forme per esternare disappunto: dalla tribuna precipita un motorino. Non stupisce che un cretino scaraventi al piano di sotto un ciclomotore; stupisce che un ciclomotore sia entrato nell'anello degli spettatori. L'ultimo sforzo legislativo fu di Pisanu, governo Berlusconi. Gli effetti si sono costatati: zero. Gli ultras in galera non vanno mai. Se ci vanno, il giorno dopo escono; la domenica successiva sono di nuovo in curva più scatenati di prima. L'impunità è un incentivo a delinquere. E l'impossibilità per la polizia di fare la polizia rende tutto tristemente grottesco. Invece di fermare i criminali, fermano i calciatori. Eccellente idea. E chi restituisce dignità agli agenti, Rifondazione comunista? Quanto prenderà di pensione la vedova dell'ispettore? Con quale somma sarà risarcita? Seguiremo la pratica. Non ci costringa, ministro Amato, a trasformare un lutto in uno scandalo.
VIOLENZA AL CIBALI Quattro momenti degli incidenti durante e dopo Catania Palermo. La polizia in assetto da sommossa, i fumogeni e gli incendi all'interno dello stadio, le auto della polizia circondate dai tifosi criminali. Infine i fiori lasciati nel uogo dove è stato ucciso Raciti Liverani


Nessun commento: