domenica 11 febbraio 2007

SCOMUNICATI

Libero 10 febbraio 2007
di DREYFUS

La legge chiamata "Dico" è fiacca? D'accordo, c'è poca roba. I diritti che si aggiungono a chi sceglie di non sposarsi sono vicini allo zero? Forse. Ci sono pareri diversi sul tema. Ma è probabile siano scarsini. E allora perché per il Papa cambia poco o nulla, e resta «preoccupato»? Perché non ha spento la sirena dell'allarme che ha acceso appena eletto Pontefice? Qui proviamo a sintonizzarci un po' sulle sue preoccupazioni. Di certo Ratzinger non è uno sprovveduto incapace di vedere le differenze tra la legislazione fatta approvare da Zapatero in Spagna e il ddl che il governo italiano propone per la discussione in Parlamento. A Madrid ci si può sposare anche tra gay. Non si può scrivere sul certificato anagrafico padre e madre. A Roma, se le cose andranno come prevedono le ministre Bindi e Pollastrini, senza ritocchi di Camera e Senato, le coppie omosessuali potranno timidamente far sapere di esistere, senza cerimonie né confetti, e avranno, dopo nove anni, la possibilità di vedersi riconosciuta l'eredità. Sì, il contratto di affitto, la possibilità di assistere in ospedale. Piccoli diritti per altro già praticati. Perché non va bene neanche questo micro-Pacs? Innanzitutto chiariamo: Benedetto XVI ha richiamato la Colombia e non l'Italia, almeno apertis verbis. Ma è ovvio che quanto vale per Bogotà, data la tempistica, si ripercuote a Roma. Perché il no pontificio a questa legge? La "Dico" contiene poco, è vero, ma è un manifesto. La sinistra, i radicali, le organizzazioni di lesbiche, omosessuali e transgender versano amare lacrime, ma sanno bene che in realtà intanto portano a casa una vittoria morale. Tanto più reale quanto più truccata da mezza sconfitta e da faccenda quasi da volontariato cattolico. Davvero? Ma certo. La Bindi e la Pollastrini sono state chiamate a spiegare agli italiani, tramite Porta a Porta, di che cosa si tratta. Invece di raccontare come questa faccenda riguardi le convivenze alternative al matrimonio, di qualunque genere sessuale siano, si sono messe a parlare di anziane sorelle conviventi, di un fratello e di una sorella che si sostengono abitando nella stessa casa, o di un nipote che cura il nonno. La "Dico" sarebbe stata fatta per loro. Per le convivenze che si reggono su legami affettivi. Si è voluto introdurre in tal modo, con un escamotage buonista, una famiglia che non è più un dato naturale che il diritto acquisisce. La legge non rispecchia più l'idea che l'uomo e la donna unendosi dinanzi alla comunità prendono quel serio impegno su cui si fonda la cellula fondamentale della società. Ma è il sentimento a essere decisivo. Il vincolo "affettivo" è quello che permette di godere di un diritto. E in quella parola, come in una specie di cavallo di Troia, si infila di tutto. Roba innocua e persino doverosa insieme con ciò che ha un'altissima carica radioattiva: le unioni di fatto, comprese quelle omosessuali sono roba potente. È una specie di Polonio 210: basta un milligrammo e succede un quarantotto. In questo caso è sufficiente una molecola di Pacs perché non ci sia più l'unicità del matrimonio come solo istituto riconosciuto per posare il mattone della costruzione civile. uIl Papa, nell'ottobre scorso, a Verona ha presentato al convegno della Chiesa italiana i punti cardine del suo impegno. Quanto al tema di cui parliamo ha detto: «Occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimo nio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale». Non dice la quantità di diritti tollerabili per accettare o no queste «forme di unione». La questione è se esse vengono o no ammesse nel Codice. E qui entrano, eccome se entrano. Nei "Dico" sono infilate come fossero una gocciolina di rosolio persino benedetta. Che siano poca cosa è persino peggio, perché ipocrita. Questo è il punto papale. E non si può dire che il giudizio negativo di oggi fosse così imprevedibile. Semplicemente, se si voleva avere un assenso dei vescovi, non bisognava fare una legge che avesse nel suo corpo unioni, convivenze, Pacs o semi-Pacs. C'è qualcosa in queste unioni che contraddice la "natura" dell'uomo e della donna. È come il graffio di una tigre: avvelena la famiglia e la testa dei ragazzi. Poi si può sostenere che il Papa e la Chiesa sbagliano. Ma non si può far finta che non l'avevano detto. QUA LA MANO È il 13 ottobre del 2006. Il presidente del Consiglio Romano Prodi si reca per la prima volta in visita ufficiale dal Pontefice. Il Professore - che ama definirsi un «cattolico adulto» - garantirà a Joseph Ratzinger di rispettare le posizioni d'Oltretevere nella sua attività legislativa. Come non detto: con il disegno di legge sulle coppie di fatto, l'esecutivo ha fatto infuriare Santa Sede e Conferenza episcopale, che non hanno mancato di manifestare la propria contrarietà Olycom

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