Il Giornale 10 FEBBRAIO 2007
di Andrea Tornielli -
da Roma
Dopo aver letto il testo del ddl, la Chiesa rimane dell’idea che quella sui Pacs (o i Dico) sia una legge non urgente né necessaria, che rappresenta una «ferita» nei confronti del matrimonio.
Un accenno agli interventi in difesa della famiglia e alle responsabilità dei politici cattolici ieri mattina l’ha fatto Benedetto XVI, ricevendo le credenziali del nuovo ambasciatore della Colombia. «Come pastore della Chiesa universale – ha detto nel suo discorso Ratzinger – non posso non esprimere la mia preoccupazione per le leggi che riguardano questioni molto delicate come la trasmissione della vita, la malattia, l’identità della famiglia e il rispetto del matrimonio». Il Papa ha quindi sottolineato che «alla luce della ragione naturale e dei principi morali e spirituali che provengono dal vangelo la Chiesa cattolica proseguirà a proclamare senza cessare la inalienabile grandezza della dignità umana», concludendo con un appello «alla responsabilità dei laici presenti negli organi legislativi e nel governo e nell’amministrazione della giustizia affinché le leggi siano sempre espressione di principi e di valori conformi col diritto naturale e che promuovano l’autentico bene comune». Benedetto XVI parlava all’ambasciatore della Colombia, non a quello dell’Italia e dunque non si possono attribuire a queste parole intenzioni che non potevano avere. È certo però che questi contenuti riecheggiano la grande preoccupazione che aleggia nei palazzi vaticani. Nel luglio 2003 la Congregazione per la dottrina della fede, guidata dall’allora cardinale Ratzinger, aveva pubblicato una nota dottrinale, approvata da Giovanni Paolo II, nella quale si esprimeva la contrarietà per il riconoscimento delle unioni omosessuali: «Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali – si legge in quel testo – i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti indicazioni etiche». «Nel caso in cui si proponga per la prima volta all’assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali – continuava la nota dottrinale – il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale».
Secondo il Sir, il servizio di informazione religiosa della Cei, i «Dico» appaiono destinati a produrre «sul cruciale piano delle politiche sociali e di solidarietà problemi più gravi di quelli che ci si ripromette di affrontare» e «non ci si può poi nascondere, persino prescindendo dagli aspetti lessicali e contenutistici del testo del ddl, il fortissimo impatto sull’opinione pubblica delle premesse ideologiche dell'iniziativa che è stata assunta». Infatti, conclude il Sir, «si parla di “Dico” ma si pensa ai Pacs, e soprattutto si prefigura una escalation legislativa in senso in questo senso».
«L’Osservatore Romano» parla senza mezzi termini di «famiglia ferita», mentre il vescovo di San Marino-Montefeltro, Luigi Negri, dichiara al Giornale: «Se il disegno di legge sarà tramutato in legge, credo che l’effetto sarà devastante a livello psicologico per le generazioni future. Ciò che passerà, di fatto, sarà la sostanziale equiparazione tra la coppia formata da un uomo e una donna e la coppia omosessuale. Questo rappresenta un traguardo per la scristianizzazione del nostro Paese». L’arcivescovo di Ancona Edoardo Menichelli, ai microfoni di Radio Vaticana, spiega che i «Dico» possono essere percepiti come «una specie di ferita nei confronti del matrimonio e una sorta di apertura verso progetti che non corrispondono al sentire delle persone».
Sempre su Radio Vaticana è intervenuto anche il presidente del giuristi cattolici, Francesco D’Agostino: «Il “Dico” vuole istituzionalizzare le convivenze sessuate: per questo appare alternativo rispetto al matrimonio». Secondo il giurista «porre accanto al matrimonio un altro istituto introduce fortissimi elementi di squilibrio perché le future coppie si porranno l’alternativa tra ricorrere al “Dico” o al matrimonio» e questo, ha aggiunto, «scalfirà soprattutto il matrimonio civile, istituzione sociale che merita rispetto e tutela». Unica reazione positiva è invece quella del vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi: «Mi pare sia una cosa abbastanza ben fatta».
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