giovedì 15 febbraio 2007

E NELLE UNIVERSITA' C'E' CHI STA CON I TERRORISTI

Libero 15 febbraio 2007
di DREYFUS


Le Br fenomeno da niente, roba da pochi pazzi squinternati e già finiti in galera? Magari. Qualcosa d'altro freme in quest'aria di febbraio. Piccoli simpatizzanti brigatisti fioriscono: la semina ha funzionato. Amato ieri in Parlamento lo ha detto: «Il fenomeno non è stato estirpato». La «rete» - ha dichiarato - c'è. Mentre parlava così, siamo stati testimoni di un fatto. Quattro ragazzi distribuivano un volantino. Fa impressione. Il foglio è firmato: «Assemblea Scienze Politiche, Amici e amiche di Alfredo e Amarilli». Parlano di Alfredo Mazzamauro (21 anni) e Amarilli Caprio (che è una ragazza di 26 anni della Cgil). Leggete qui accanto. Forniscono il ritratto angelico dei due compagni. «Sono due compagni, due studenti come tanti altri». Gente che lavora e corre a studiare. Delegati sindacali e poi sui banchi. Conclusione: ai compagni «non negheremo la nostra solidarietà e non accetteremo che venga fatta alcuna campagna speculativa». Dov'è accaduto? Chi è di Milano, sa dove c'è via del Conservatorio. Pieno centro, a due passi dal Duomo e da San Babila. Lì sorge dal 1974 la facoltà di Scienze politiche. Subito è diventata un luogo di reclutamento brigatistico grazie ai corsi 150 ore, qui studenti e operai venivano catechizzati opportunamente. Ora sono una trentina quelli del gruppo che aveva come leader quei due ragazzi. È uno scenario metropolitano che dice la verità sulle Brigate rosse di oggi. Forse esse sono ancora una povera cosa dal punto di vista militare (speriamo). Ma nelle aiuole delle università e di certi quartieri e centro sociali qualcuno non ha mai smesso di seminare. Non c'è solo Scienze politiche. A Monza sono stati arrestati in quattro: stavano appendendo manifesti scritti con il pennarello e avevano in auto volantini. Frasi colte qua e là: «Non ci mettete paura, la lotta continua», «Ustica e Piazza Fontana, lo Stato si assolve e dà il carcere a chi lotta». Ancora: «Compagni in piedi o morti, ma mai in ginocchio». Sono 19 alla fine gli arrestati. Amato è bene informato. E così contraddice Prodi, il quale il giorno prima aveva assicurato inghirlandato di fiori dall'India: «Ieri è stato dato un colpo fatale alle Brigate rosse». Invece il suo ministro dell'Interno ha raccontato in Parlamento che le Br fermate a Milano non sono affatto morte. Non sono cellule chiuse e militari come la fazione romana che assassinò D'Antona, Biagi e Petri. Le risorte Brigate rosse sono una mescolanza di vecchi militanti e nuovi adepti cooptati nei centri sociali, tutti protesi verso i casini di Vicenza (il volantino di Scienze politiche dice che «non a caso» l'arresto dei 19 è accaduto prima della manifestazione di sabato). E questo intrico è ancora vivo e attivo. Amato ha citato anche Libero, sostenendo che «la redazione del quotidiano Libero era stata presa in seria considerazione e giustamente il quotidiano Libero si ritiene un bersaglio che era stato scelto, perché c'era l'intenzione di compiere, entro il prossimo aprile, un attentato incendiario con benzina ed acido, da versare all'in terno della sede, probabilmente dopo aver tranciato la saracinesca, in un giorno di chiusura». Ma qui non ci importa dire che queste Br non sono affatto minime. Certo sono rozze, sono sprovvedute. Il rischio è che imparino presto il lavoro. Intanto mostrano una presa impressionante. E c'è un sottobosco che si alimenta delle loro gesta. Qualcuno ricorda i Carc (Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo)? Dopo gli arresti hanno attaccato «le forze della repressione» e chiesto la «libertà per i compagni». Proprio in questi giorni su internet circola un loro manifesto intitolato «No alla persecuzione dei comunisti!» dove si cita un caso di Bologna. Si conclude così: «Aderiscono all'appello, aggiornato al 14.02.07: Margherita Hack, astrofisica. Dario Fo, Enrico Deaglio, direttore del Diario». Bravi. I Carc sono vicini alle Brigate rosse. Hanno una struttura militare ed un'altra visibile. Sono i tizi che inviarono una simpatica vignetta dove appariva Vittorio Feltri mentre gli tagliavano la lingua. Ora raccolgono incredibili adesioni. P.S. Ieri Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil ha telefonato a Vittorio Feltri. Si è reso disponibile per un'intervista, quando avesse qualcosa da aggiungere a quanto dichiarato. Ovvio, non si è scusato, ma non pretendevamo tanto. Piuttosto ci è giunto un fax del presidente dell'Ordine dei giornalisti, Lorenzo Del Boca. Feltri aveva detto a Giangiacomo Schiavi del Corriere della sera: C'è stata solidarietà a Libero e al suo direttore? «Da destra e da sinistra. Tranne da qualcuno che con noi è pronto a intervenire solo per bastonare». Tiriamo a indovinare: l'Ordine dei giornalisti? «Proprio quello. Mi domando qual è la sua funzione. Difendere i lettori? Ma i lettori si difendono da soli: comprano meno i giornali». E la Federazione della stampa? «Neanche un telegramma di circostanza. Non per il sottoscritto, ma per quei ragazzi che stanno in redazione. Almeno a questi disgraziati che tirano la carretta gli vuoi dimostrare una vicinanza di cuore? Così mi viene un dubbio». Del Boca aveva in realtà inviato tempestivamente all'Ansa un comunicato dove si esprime «piena solidarietà». Peccato che noi non siamo abbonati all'agenzia, però la nostra sede, non essendo stata distrutta dalle Br, ha ancora un indirizzo dove il presidente poteva mandare ogni messaggio. Inoltre Libero è persino dotato di telefono e di posta elettronica. Grazie lo stesso. La Federazione e Serventi Longhi il nostro nome non l'hanno proprio fatto. Meglio così: le sue maledizioni ci hanno portato fortuna.


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