lunedì 7 aprile 2008

BUROCRAZIA E FIGLI SU MISURA

Quando si parla di bambini se ne sentono di tutti i colori.
Gli adulti di oggi sono i bimbi di ieri.
VOGLIO VOGLIO VOGLIO
I genitori di questi adulti sono l'esito del sesantotto,hanno dato quando non c'era da dare hanno tolto quando c'era da dare.
Cosi' ora questi poveri ragazzi che desiderano diventar padri e che non riescono vogliono almeno il giocattolo su misura.
Lo vogliono piccolo,sano,e soprattutto che non li deluda con il passar del tempo.
Cosa importa se ci sono bambini che cercano genitori e non corrispondono alle caratteristiche?
Il giocattolo e' per loro e se non corrisponde alle caratteristiche lasciamo sulla mensola.
di Gerolamo Fazzini
Tratto da Avvenire del 5 aprile 2008

L’adozione internazionale in Italia è al giro di boa. Sono passati 15 anni da quando il nostro Paese ha aderito alla Con­venzione dell’Aja, 10 da quando l’ha ratifi­cata. Due date simboliche che offrono un’occasione preziosa per tirare un bilan­cio, ancorché provvisorio, sul fenomeno e sui trend in atto.


Lo scenario internazionale è segnato da u­na contraddizione che appare insanabile, una sorta di 'corto circuito'. Proprio in questi giorni lo denunciano gli esperti ra­dunati a Venezia dal Ciai, uno degli enti più noti e 'storici' tra quelli italiani che si oc­cupano di adozioni internazionali. In sin­tesi: mentre non diminuisce affatto – anzi! – il numero di bambini che in giro per il mondo affollano gli istituti (perché orfani o senza una famiglia in grado di educarli a­deguatamente), va calando il numero del­le adozioni complessive: erano 45mila nel 2004 (a livello mondiale), sono scese a 42mila nel 2006.

In realtà, a leggere bene i dati una buona notizia c’è: significa che sta aumentando l’a­dozione nazionale. Tradotto, un certo nu­mero (crescente) di bambini trova nuovi e definitivi genitori nel suo Paese di origine. E questo è senz’altro un bene, perché con­sente di evitare alcu­ni problemi che pos­sono presentarsi ogni volta che una perso­na viene, pur con tut­te le precauzioni del caso, sradicata dalla sua terra e dalla sua cultura.

Intanto, però, le cop­pie italiane si chiedo­no perché debbano aspettare tempi così lunghi per poter ve­dere realizzato il loro sacrosanto desiderio di paternità e mater­nità quando, nel mondo, il numero di bam­bini che hanno bisogno di un papà e di una mamma rimane notevolmente alto. Anch’io e mia moglie abbiamo provato sulla nostra pelle quanto bruci questo interrogativo.

La risposta è amara, ma bisognerà pur dir­la: 'domanda' e 'offerta' non si incrociano. Diciamolo con un linguaggio più adatto al contesto, meno 'mercantile': le coppie ita­liane sognano bambini da adottare troppo diversi da quelli che, nella realtà, hanno bi­sogno di essere accolti in casa. I genitori a­dottivi vorrebbero figli piccoli, possibil­mente sani (desiderio in sé legittimo e to­talmente comprensibile: quale mamma na­turale non prega perché il bimbo che porta in grembo nasca senza problemi?). Ma gli or­ganismi autorizzati all’adozione ricevono, ormai prevalentemente, segnalazioni di bambini in età scolare, spesso con proble­mi di ordine sanitario o di altro genere.

C’è bisogno allora di un supplemento di a­pertura, di una responsabilità più matura e coraggiosa; c’è da allargare la tenda dell’o­spitalità. Nulla a che vedere – intendiamo­ci – con un generico atto di 'buonismo', l’a­dozione è ben altro.

È un appello che gli enti fanno, a nome e per conto dei bambini, alle mamme che si can­didano a prendere in casa figli che non ven­gono dalle loro pance. Alle future mamme e, ovviamente, ai loro uomini. C’è bisogno di un salto di qualità, insomma, ora che l’a­dozione internazionale in Italia ha vissuto una prima fase di assestamento.

Ma ad essere chiamate in causa non sono solo le famiglie. Anche gli enti (e chi ne do­vrebbe controllare trasparenza e serietà) debbono fare la loro parte. Già, perché il 'fai­da- te', mandano a dire da Venezia, non è ancora una piaga estirpata. E il tasso di 'di­sinvoltura' di taluni enti nel gestire alcune vicende di adozione chiede, da parte dello Stato e degli organi competenti, interventi più incisivi di quanto non siano stati sin qui. Non crediamo di esagerare se diciamo che le modalità di gestione dell’adozione inter­nazionale possono essere inserite, a pieno titolo, tra i parametri che dicono quanto un Paese possa oggi dirsi civile. Ebbene, se al­l’Italia sta a cuore la sua dignità occorre che nuovi, urgenti e decisivi passi avanti si com­piano anche su questo fronte. La politica ne prenda nota.

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