Benedetto, le parole franche
di Luigi Geninazzi
Tratto da Avvenire del 18 aprile 2008
Nel Paese delle grandi opportunità Benedetto XVI non ha mancato di cogliere la sua. «The american Pope», il Papa americano, come l’ha definito il settimanale Time, non ha perso occasione per dichiarare apertamente lo straordinario feeling che lo lega agli Stati Uniti, «terra di grande fede... che non esita ad introdurre nei discorsi pubblici ragioni morali radicate nella fede biblica», ha detto l’altra sera all’episcopato locale.
Negli Stati Uniti la religione resta un elemento fondamentale della democrazia ed entra nel dibattito pubblico senza le remore e i distinguo che caratterizzano l’Europa. Ma Benedetto XVI, «affascinato dal concetto positivo di laicità che esiste nella società americana », non si è fermato lì.
È andato oltre, sapendo bene che nel confuso mercato delle idee a stelle e strisce la religione rischia di rimanere un fatto emozionale, in vendita a poco prezzo, e non un impegno serio con la verità. Proprio perché «l’America è anche una terra di grande fede» Papa Ratzinger non fa sconti. Proprio perché si trova su «un suolo fertile» invita con forza a diffondere «il seme del Vangelo».Nel suo primo grande discorso in terra americana, rivolgendosi ai vescovi, Benedetto XVI ha denunciato il crescente fossato tra appartenenza religiosa e prassi quotidiana. Promuovere pratiche di affari o procedure mediche contrarie alla fede, ignorare o sfruttare i poveri, negare il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, tutto questo – si è domandato con efficace vis polemica – è forse coerente per un cattolico? Ha criticato l’individualismo «che ha influenzato persino la Chiesa», mettendo in luce quello che resta sempre nel cono d’ombra della società americana «che dà molto valore alla libertà personale» e «perde di vista la nostra dipendenza dagli altri, come pure la responsabilità che noi abbiamo nei loro confronti».
Sarà diventato anche «americano» questo Pontefice ma non dimentica il rigore logico tedesco. E soprattutto dice a chiare lettere qual è il senso della sua missione: «Dare testimonianza a Cristo nostra speranza». È il Papa dell’enciclica Spe salvi che ieri nell’omelia pronunciata al Nationals Stadium di Washington ha svolto una stupenda riflessione su questa virtù teologale. «Gli americani sono sempre stati un popolo della speranza – ha detto –. La speranza nel futuro fa profondamente parte del carattere americano ». Ma non ha dimenticato le speranze tradite e le sofferenze degli indigeni d’America e degli schiavi deportati dall’Africa. E ancora una volta, ha saputo trasformare l’elogio in pungolo, senza appiattirsi sull’esistente, «in un mondo che ha nostalgia di una libertà genuina e di una felicità autentica». Ai cattolici d’America ha lanciato una grande sfida: «Chi ha speranza deve vivere diversamente! ». Un richiamo sofferto quello di Papa Ratzinger, colpito profondamente da tanti cristiani inclini ad abbracciare atteggiamenti contrari al Vangelo.
Non tace, non nasconde nulla Benedetto XVI. Anche ieri è tornato a parlare della tragedia degli abusi sessuali sui minori compiuti da personalità ecclesiastiche: «Nessuna parola potrebbe descrivere il dolore e il danno per quanto verificatosi all’interno della Chiesa». Già due anni fa, di fronte all’esplosione degli scandali, li aveva definiti «crimini abominevoli da perseguire con forza, determinazione e tempestività». Non si limita alla denuncia, ma indica la via della guarigione. È quella che chiama «la formazione del cuore», un compito educativo, una grande risorsa morale che il Paese delle grandi opportunità non può assolutamente perdere.
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