sabato 19 aprile 2008

SULL'ABORTO UNA NUOVA CONOSCIENZA

Il teologo Maurizio Chiodi, il sociologo Tommaso Vitale, il filosofo Massimo Reichlin a confronto nell'incontro organizzato dall'Associazione medici cattolici di Milano
di Enrico Negrotti
Tratto da Avvenire del 18 aprile 2008


Sociologia, teologia, etica si so­no intrecciate ieri al dibattito su «Aborto tra la coscienza morale personale e il costume del­la società contemporanea» orga­nizzato dalla sezione milanese del­l’Associazione medici cattolici ita­liani (Amci), presieduta dal profes­sor Giorgio Lambertenghi.

Tra il professor don Maurizio Chiodi, do­cente di Teologia morale alla Fa­coltà teologica dell’Italia set­tentrionale, e il professor Tom­maso Vitale, ri­cercatore in So­ciologia all’Uni­versità di Mila­no- Bicocca, si è svolto – coordi­nato dal profes­sor Massimo Reichlin, docente di Filosofia mo­rale presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raf­faele di Milano – un confronto che ha «tagliato» la materia aborto se­condo schemi inconsueti nel di­battito contemporaneo, ma che non ha mancato di sollevare profonde riflessioni su un male i­nestirpato della società. «È oppor­tuno – ha sottolineato Reichlin – as­sociare la riflessione morale a quel­la sul costume: infatti molte nostre scelte sono plasmate dalla società. E a trenta anni dall’approvazione della legge 194 il sentire comune è mutato come dimostra la riflessio­ne sollevata dalla provocazione del­la moratoria dell’aborto».

«Dal punto di vista sociologico l’a- borto è un soggetto di studio inte­ressante e un vero tabù» ha sotto­lineato Tommaso Vitale, riferendo­si al recente libro del sociologo Luc Boltanski sulla condizione fetale (u­na contraddizione resa visibile dal­le tecnologie moderne). «È un tema contraddittorio e che suscita ten­sioni su cui non c’è consenso – con­tinua Vitale –. Dagli anni Sessanta i conflitti sull’aborto sono uno dei fenomeni più rilevanti della nostra società, un terreno su cui meno si comunica e ci si intende, sem­bra che gli as­sunti di chi è per la vita o per la scelta della don­na siano incon­ciliabili, con ac­cuse reciproche durissime».

Eppure, nono­stante la pratica abortiva sia presente in tutte le so­cietà del passato, «non se ne è mai discusso prima degli anni Sessan­ta del secolo scorso – ha ricordato Vitale –. Non abbiamo simboli, mi­ti, poesie, dipinti, statue (mentre per esempio l’infanticidio è rap­presentato): è come dire che la no­stra società è attraversata da feno­meni su cui si chiude gli occhi».

«La norma sull’aborto – ha aggiun­to don Maurizio Chiodi – non può essere compresa se non a procede­re da una più ampia questione, quella della generazione (essere pa­dre e madre) e quella della scoper­ta di essere figlio. Proprio la rifles­sione sul senso dell’essere figlio (chi è, che cosa significa venire al mon­do, essere generati da altri, essere qui non per scelta propria) è qual­cosa che spesso manca nel dibatti­to pubblico». Accanto a questo «serve anche una riflessione sul­l’alto profilo umano di di ogni pro­fessionista della salute (medico, o­stetrica, infermiere) perché è la fi­gura che accompagna la donna che aspetta un figlio per farlo nascere». «Inoltre – ha concluso don Chiodi – è evidente anche all’analisi so­ciologica che l’esperienza della ge­nerazione ha un nesso con la ses­sualità e viceversa, come da sempre ripete la norma etica, contro la ten­denza della nostra società a sepa­rarle ». «Oggi – ha osservato Vitale – il ri­chiamo a Dio è pressoché inin­fluente per giustificare il divieto di aborto, e molti Stati hanno depe­nalizzato l’interruzione volontaria della gravidanza, ma pochi l’hanno legalizzata perché viene comunque riconosciuto che l’aborto è male». E dal punto di vista sociale, «le don­ne sono sempre più sole a gestire il potere di decidere se portare avan­ti la gravidanza e tendono a sce­gliere in base a un progetto di ge­nitorialità insieme al partner. E al­cune tecnologie (come la pillola del giorno dopo o la pillola abortiva) le lasciano ancora più drasticamente sole nel prendere la decisione e nel rielaborarla».


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